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Che cosa diavolo stava succedendo? E in che cosa mi era rimasta impigliata la gamba? I componenti della trasmittente planavano lentamente, toccavano la superficie fangosa poi, con uno strano gorgoglio, affondavano fino a sparire dalla mia vista.

— È qualcosa di vivo!

— Fallo saltare! Attento a non colpire Jerron.

La gamba, compresi, non era rimasta impigliata. Qualcosa l’aveva afferrata e la teneva stretta; tanto stretta da curvare la tuta che indossavo all’altezza del polpaccio. Qualunque cosa fosse, stava cercando di trascinarmi giù, nelle sabbie mobili.

Tirai con più forza la leva inserita nello zaino e riemersi finalmente dal fango, con qualcosa che mi penzolava dalla gamba: uno spaventoso groviglio di tentacoli e chele affilate. Quella mostruosità mi si stava inerpicando sulla gamba, nel tentativo di fracassare la tuta e arrivare alla carne.

Estrassi la pistola laser dalla fondina e presi la mira. “Occhio a non spararti sul piede” dissi a me stesso. Puntai l’arma contro la creatura, nella speranza di farla desistere dal suo proposito. Invece, mi afferrò il polso con uno dei tentacoli.

— O te o me —dissi ad alta voce, premendo il grilletto. Con un lamento, la creatura agitò spasmodicamente il moncone del tentacolo, da cui sgorgavano spruzzi di sangue nerastro.

Fu allora che, abbassando lo sguardo, ne vidi il muso: una fila interminabile di mandibole e occhi luccicanti. Mirai a quelli, aumentando gradatamente la potenza della pistola, sorpreso che l’animale, o quello che era, fosse in grado di assorbirne tanta. Proprio quando cominciavo a dubitare che il raggio laser avesse un qualche effetto su di essa, lanciò un ultimo grido e ricadde lontano da me.

Finalmente libero, mi sollevai ancora più in alto, prima di iniziare la discesa.

Sotto di me, era in corso una vera e propria battaglia. Le pistole a raggio laser lampeggiavano a ripetizione e sentivo gli uomini gridare.

— Queste maledette rocce sono vive!

— E affamate!

— Muoiono dalla voglia di uccidere!

La palude pullulava di creature carnivore, che si avvinghiavano a noi quasi fossimo stati mandati dal cielo per soddisfare i loro appetiti. I miei soldati si muovevano a fatica nel fango, e quando miravano dovevano fare attenzione a non ferirsi a vicenda.

Gli imballaggi contenenti i pezzi del trasmittitore e il resto dell’equipaggiamento erano affondati nel fango.

— Usate le pistole al massimo della potenza —tuonai al microfono. —Chiunque abbia le mani libere, imbracci la pistola e li insegua.

Con il fiato corto, malconci e spaventati, riuscimmo finalmente ad avere la meglio su quelle creature da incubo e a inoltrarci tra gli alberi. Il terreno, lì, era compatto e non c’era nulla smanioso di divorarci. O almeno, così sembrava.

Ci sdraiammo per terra a riprendere fiato.

— Ma chi diavolo erano?

— Pensate che siano in grado di muoversi anche sulla terraferma? —domandò una voce preoccupata.

— Devono essere state proiezioni della nostra fantasia —disse una delle donne in tono amaro. —Dai rapporti in nostro possesso non risulta che su Lunga siano stati identificati carnivori pericolosi.

— La più evoluta forma di creature viventi sul pianeta Lunga —intervenne un altro citando un rapporto —è un mammifero dotato di pelliccia che vive sugli alberi e ha le dimensioni di un lemure.

— Ed ecco sistemata una volta per tutte la rilevazione scientifica di “questo” pianeta.

— E l’Intelligence.

— E quei fottuti rapporti.

— Non c’è un briciolo di intelligenza all’Intelligence.

— Quando è stata l’ultima volta che hai visto uno di quei tizi calvi lontano dal suo computer?

Una voce femminile borbottò: —Ma sono così maledettamente ‘sottili’. Avete fatto caso alla formulazione? “Nessun carnivoro è stato ‘identificato’ sul pianeta.”

— Be’, io ne ho identificato più d’uno. La mia tuta è piena di buchi. Guarda qui!

La tuta era stata semi squarciata proprio in corrispondenza del petto. Abbassai lo sguardo sulla mia gamba e fui sorpreso nel vedere tracce di sangue. Il “mio” sangue, realizzai. Avevo automaticamente chiuso i recettori del dolore e compresso i vasi sanguigni durante la lotta con il mostro tentacolare.

— Sergente —chiamai —stabilisca il perimetro del campo e organizzi i turni di guardia. Voglio tirare fuori quel materiale dalla palude e farlo galleggiare fin qui. Poi ci concederemo un’ora di riposo.

— Sissignore —disse Manfred.

Mi sintonizzai sulla frequenza di comando della mia radio e chiamai le altre squadre. Tutte mi confermarono di essersi imbattute nei mostri della palude. Due soldati erano stati uccisi e molti altri feriti.

Studiai attentamente la mappa dell’area.

— Appuntamento al punto A-Sei —dissi agli altri responsabili delle squadre, scegliendo una località che sembrava piuttosto in alto e all’asciutto. —Fra due ore. Qualche domanda?

— Uno dei miei uomini è in pessime condizioni e non ci potrà essere di alcun aiuto —mi spiegò uno dei tenenti. —Chiediamo che vengano a prenderlo?

— No —risposi. —Porteremo i feriti con noi. E anche i nostri morti.

3

Mentre la maggior parte della squadra si concedeva qualche istante di prezioso riposo, io tornai alla palude, e cominciai ad azionare i comandi della mia cintura nel tentativo di recuperare gli involucri che giacevano sul fondo.

A uno a uno, li vidi lentamente risalire in superficie. Gli zaini polivalenti funzionavano anche sott’acqua. Speravo soltanto che gli imballaggi fossero a tenuta stagna. Al mio comando, i pacchi si sollevarono in aria, gocciolanti di acqua e fango. Guardandoli da dietro la visiera, sembravano rossi, in netto contrasto con il verde giallastro dello sfondo.

Una delle creature della palude allungò un tentacolo per afferrarne uno, lo sfiorò poi, forse comprendendo che non era commestibile, sparì nuovamente nella melma. Quello era il loro ambiente naturale, mi dissi, e non l’avrebbero abbandonato per la terraferma. O, almeno, questo era ciò che speravo.

Se l’ufficio addetto alle rilevazioni non aveva scoperto in quel luogo l’esistenza di una palude pullulante di creature carnivore, quanto poteva essere accurata la stima dell’Intelligence sulla forza e le capacità nemiche? Un interrogativo decisamente sgradevole.

Il sergente Manfred aveva predisposto i turni di guardia di venti minuti, in modo che ciascuno avesse la possibilità di riposare quaranta minuti. Lui non sembrava dormire molto. Io ero stato creato per sopravvivere quasi senza sonno. Forse anche Manfred possedeva una capacità simile? Era in grado anche lui di controllare ogni parte del proprio corpo, persino il sistema nervoso? Riusciva a rallentare la sua percezione del tempo, così da avere, in battaglia, la sensazione che il nemico si muovesse al rallentatore? E i suoi compagni potevano fare altrettanto?

Continuai a pormi questi interrogativi fino a quando non lo vidi schiacciare un pisolino dopo il terzo cambio di guardia. “No” conclusi allora “Manfred ha bisogno di dormire esattamente come gli altri. Lui non ha i miei stessi doni. Nessuno degli altri li ha. Sono semplici uomini, nati da cellule clonate e addestrati per l’azione.”

Di lì a un’ora, ci mettevamo in marcia attraverso la foresta, diretti al luogo dell’appuntamento. Il cammino era difficoltoso. Faceva caldo e sotto le tute il sudore ci scorreva lungo il corpo. Ma andò peggio a chi se la tolse, perché fu assalito da nugoli di insetti. I malcapitati si affrettarono a infilare di nuovo la tuta, ma gli insetti rimasero all’interno, a banchettare sulla loro pelle. Sarebbe stato uno spettacolo divertente, se i disgraziati non fossero apparsi così platealmente infelici.

I feriti stavano persino peggio. Sospesi a mezz’aria, grazie agli zaini polivalenti, gemevano senza sosta. Uno dei sergenti sibilò ai soldati che gli marciavano vicino: —Branco di imbecilli! Si direbbe che vi abbiano strappato le budella, tanto gridate. Che cosa siete, militari o poppanti?