Tremava di paura. La presi tra le braccia e la tenni stretta mentre il sole calava lentamente, accendendo il cielo di bagliori di fuoco. Rimasi a guardare gli animali avvicinarsi all’abbeverata, mentre Anya restava accovacciata contro il mio petto, come se dormisse.
Mentre l’oscurità scendeva su di noi come un velo, lei alzò il mento e mi guardò negli occhi.
— Dobbiamo tornare, Orion —disse con la voce incrinata di pianto. —Devo riferire agli altri che non possiamo mettere a punto l’arma che distrugge le stelle. Dirgli che abbiamo perduto la guerra.
— E che Aton ha vinto?
— Sì.
Scossi il capo. —Questo non accadrà, finché io avrò vita.
25
— C’è un solo modo per salvarti —dissi ad Anya.
— So a che cosa stai pensando, Orion, ma non è possibile. Non puoi uccidere Aton.
— Lui sta uccidendo te.
Mi sfiorò la guancia con la punta delle dita, nella penombra del tramonto, poi mi baciò sulle labbra. —Non è possibile. Lui è troppo potente.
— Si sposta continuamente attraverso lo spazio-tempo per adattare la sua arma biologica contro i vostri tentativi di distruggerla. Sta distruggendo il continuum con le sue carneficine per soddisfare la sua brama di potere. Qualcuno dovrà pur fermarlo.
— Ma se noi Creatori, con tutti i nostri poteri, non possiamo fermarlo, come pensi di riuscirci tu?
— Una volta, per poco non l’ho ucciso, ai tempi di Troia. Ricordi?
— Era impazzito, allora.
— E i tuoi amici Creatori me lo strapparono di mano. Avrei potuto spezzargli il collo, ma gli altri me lo impedirono.
Nonostante le sue paure e la sua debolezza, Anya mi sorrise. —Forse abbiamo commesso un errore.
— Forse? Tu hai cercato di curare la sua follia e ora lui ti sta uccidendo lentamente.
— Orion, conosco il tuo coraggio e il tuo amore per me, ma l’idea di uccidere Aton è una follia ben più grande di quella che dimostra lui. Gli basterà schioccare due dita per distruggerti. Distruggerti per sempre.
Scrollai le spalle. —E allora? Non voglio vivere se questo significa servirlo per sempre, vita dopo vita. Non voglio vivere se tu muori.
— Non c’è speranza, Orion. È inutile.
Mi alzai e le tesi la mano per aiutarla ad alzarsi. —Non è vero, mia amata. Io sono pieno di speranza. Forse è tutto quello che ho, ma finché avrò vita non mi arrenderò.
Anya distolse lo sguardo. Le chiome degli alberi ondeggiavano mosse dalla brezza leggera, le prime stelle apparivano nel cielo che andava imbrunendo.
— È meglio che torniamo —sospirò alla fine.
— Sì, abbiamo un lavoro da fare.
Chiusi gli occhi e sentii il gelo abissale degli interstizi del continuum spazio-temporale. Forse era solo la mia immaginazione, ma avevo l’impressione di impiegare più del solito a tornare indietro, nella stanza che si trovava nelle viscere del pianeta Prime. Nelle pieghe dello spazio-tempo il tempo è privo di significato, ma sentivo i vecchi tracciati sfilacciarsi, ormai logori, e le onde della causalità tramutarsi in caotici vortici.
Ecco di nuovo Anya seduta a un capo del lungo tavolo lucido. Restai in piedi accanto a lei, ancora circonfuso da un’aura di energia, nella sala semibuia. Lei era vecchia, rugosa e stava morendo.
La luce attorno a me si dissolse e fui libero di avvicinarmi e di prenderla tra le braccia. La sentii fragile, come sul punto di spezzarsi sotto le mie mani.
Ma il suo sguardo era ancora luminoso, vivo e vigile.
— Dovrai essere la mia forza, Orion —mi disse. —Io non durerò a lungo.
Sfere di energia comparvero sul tavolo, appena luminose, e quindi mutarono, assumendo le sembianze di una mezza dozzina di Creatori, tutti vecchi, grinzosi, vicini alla morte.
— Gli Antichi hanno inviato un messaggio tramite Orion —annunciò Anya. —Non permetteranno a nessuno di noi di usare il distruttore di stelle. Se una delle due parti ci proverà, ci spazzeranno via… noi e la Suprema Alleanza.
Come gli alleati di Aton, anche i Creatori dell’Egemonia non presero sul serio la minaccia degli Antichi.
— Spazzarci via? E come? Non hanno astronavi, né tecnologia.
— Nessuna che voi conosciate —ribattei io. —Ma hanno il modo di controllare le forze dell’universo.
— È un bluff —sentenziò un uomo dalla barba grigia. —Hanno paura che attacchiamo le loro stelle e cercano di spaventarci.
— Non sono d’accordo —intervenne Anya. —Sono molto più vecchi di noi. Ho il sospetto che i loro poteri siano di gran lunga più grandi di quanto immaginiamo.
— Se le cose stanno così, allora tanto vale arrenderci subito ad Aton.
— Se gli Antichi ci privano della nostra unica carta vincente, abbiamo già perduto la guerra.
— Dovremo affidarci alla clemenza di Aton.
— Se lo accettiamo come capo, ci guarirà dalla malattia che ci devasta.
Erano vecchi e stanchi. Una tempo si erano creduti immortali e ora la prospettiva di una morte dolorosa li rendeva timorosi e codardi.
— Avete ragione —assentì Anya, con voce stanca. —Non ha senso continuare questa guerra. A dispetto dell’attuale vantaggio militare, abbiamo comunque perduto.
— Proponiamo ad Aton una resa.
— Chiamiamolo subito.
— Non abbiamo la forza di raggiungerlo —intervenne ancora Anya. —La malattia ci ha indeboliti troppo. Dovremo mandare un emissario.
Stavo per propormi, ma qualcosa mi trattenne. Guardai Anya. I suoi occhi erano fissi altrove, ma ebbi la sensazione che fosse stata proprio lei a impormi di tacere.
— Andrò io —annunciò alla fine. —A bordo della nave di Orion. Voi potete tornate ai vostri campi di ibernazione in attesa del mio ritorno.
A uno a uno, i suoi amici si dissolsero nelle sfere di energia che usavano per spostarsi attraverso lo spazio-tempo. Ma la luce che irradiavano era fioca, come se ormai la loro energia fosse appena sufficiente a proteggere i Creatori. Sapevo che tutti loro, molto tempo addietro, avevano avuto la capacità di vivere in quelle sfere nel vuoto dello spazio profondo, traendo energia direttamente dalle stelle. Ma ora pareva che sopravvivessero a stento, ciascuno nella sua sfera, sepolti vivi in cripte di ibernazione dove potevano sperare di sfuggire agli attacchi della Suprema Alleanza. Dormivano, mentre le loro creature combattevano e morivano per loro.
— Vieni, Orion —mi chiamò Anya. —È giunta l’ora di porre fine a questo conflitto. Conducimi alla tua nave.
Dunque, era a questo che erano serviti i combattimenti, le strategie e i morti: una minaccia a coloro che avevano voluto la guerra, e subito questi si dichiaravano pronti a cedere. O, quantomeno, a proporre una resa. Non avevano tentennato davanti alla prospettiva di mandare a morire milioni di guerrieri clonati, ma, se minacciati personalmente, non erano disposti a rischiare.
Riuscivo a malapena a nascondere il disprezzo che provavo per loro, persino per Anya.
E lei lo sapeva. Abbozzò un sorriso e con un filo di voce sussurrò: —Per quello che può valere, io non ho mai voluto la guerra.
Non avevo alcuna intenzione di arrendermi ad Aton, ma dovevo assecondare Anya. O, almeno, fingere di farlo.
Perciò restai a guardare mentre i tecnici dell’Egemonia introducevano il suo corpo inerte nella capsula per il sonno crionico, un sarcofago di metallo riccamente decorato con incisioni, che fu caricato a bordo dell’Apollo. Sembrava che gli umani dello spazio-porto avessero intuito la decisione dei loro capi. Erano imbronciati, pieni di timore e di collera, ma eseguirono gli ordini senza battere ciglio.