Individuai un punto debole e sparai una sola raffica di raggi. Lo scafo della nave cominciò ad annerire e a sbucciarsi come un’arancia, poi a raggrinzirsi, come una foglia secca lambita da lingue di fuoco. Un lungo brivido percorse la nave, poi una forte esplosione la dilaniò e il fuoco si spense. Dalla stazione in orbita continuavano a bombardare fino a quando della nave non rimasero che pezzi di metallo semiliquefatto, plastica e brandelli di carne.
L’avevamo uccisa come un soldato di fanteria uccide l’avversario atterrato affondando il pugnale tra le maglie della corazza.
— Colpiti posizione ore sei! —udimmo annunciare da uno dei sensori, mentre un colpo violento scuoteva l’Apollo. Il nostro scudo non cedette, mentre un altro incrociatore ci passava accanto, sparando un’altra salve di colpi. Rispondemmo, ma senza centrare alcun bersaglio.
La battaglia sembrava aver perso ogni parvenza di insieme, e ora si combattevano mille piccole battaglie tra incrociatori e stazioni operative. Una delle poche navi della Suprema Alleanza ebbe un rapido scambio di colpi con due incrociatori Skorpis, uno dei quali incappò nel fuoco incrociato di due stazioni, ed esplose come un fiore di fuoco. Altri velivoli subirono lo stesso destino, e i loro pezzi volteggiarono nel buio come stelle incandescenti.
Nella nostra sala-comandi, il silenzio era rotto solo dai bip dei sensori, dal respiro accelerato degli uomini e dal basso ronzio dei macchinari. Gli occhi di tutti erano puntati sui display, e sulla silenziosa danza di morte che andava svolgendosi intorno a noi.
Guidai l’Apollo attraverso quella pioggia di colpi, nel disperato tentativo di avvicinarmi il più possibile al pianeta, ma c’era sempre un velivolo Skorpis a sbarrarmi la strada. Quanto a difese e a potenza non potevamo certo competere con esse, ma, che ci piacesse o meno, eravamo nel pieno dell’azione.
Avremmo potuto prendere un’altra direzione, allontanarci da quell’inferno e cercare la salvezza nell’iperspazio. Ma un timore me lo impediva: se gli Skorpis avessero vinto la battaglia e poi attaccato Loris, certamente Aton avrebbe lasciato il pianeta per rifugiarsi in un altro luogo nel continuum, lasciandoci lì. Lasciando Anya debole e morente.
Non avevo scelta: dovevo restare e contribuire alla vittoria della Suprema Alleanza.
Puntai verso la stazione orbitale più vicina, una gigantesca struttura a forma di globo, e mi augurai che il nostro sistema di identificazione automatico convincesse i suoi occupanti a non bersagliarci di colpi.
Tre navi da guerra Skorpis si avvicinarono sparando, due incrociatori e un dreadnought. Sotto gli occhi attenti di Frede e degli altri, saettai sotto i due incrociatori per sondarne lo scudo difensivo. Come avevo immaginato, si muovevano a velocità discontinua per evitare il fuoco della stazione orbitale. Individuato un punto debole nello scudo della prima, vi riversai tutta la nostra potenza di fuoco. L’incrociatore deviò bruscamente, esponendo il lato inferiore, già danneggiato alle armi pesanti della stazione orbitale. Che si affrettò a farlo esplodere.
Ma la seconda nave sembrava intenzionata a darci filo da torcere e continuò a bersagliarci di colpi. Lasciando la stazione alle prese con il dreadnought solitario, presi a zigzagare in mezzo alla carneficina spaziale, sempre tallonato dall’ostinato incrociatore. Tutte le mie brusche deviazioni non bastarono a seminarlo, quasi che l’unico intento del suo comandante fosse quello di vendicare la nave gemella.
Ma la testardaggine non è una virtù consigliabile al comandante di un’astronave. Gli schermi mi dissero che ora i combattimenti si erano concentrati su un solo versante della cintura difensiva di Loris. Sull’altro, c’erano stazioni che non avevano subito nessun attacco. Una tattica che non mancava di logica. Gli Skorpis si erano concentrati su una sola parte delle difese, con l’intento di travolgerle e passare quindi ad annientare ciò che restava. Le stazioni orbitali non erano in grado di spostarsi rapidamente e non avrebbero mai potuto raggiungere in tempo utile le compagne impegnate in combattimento.
Io, però, potevo guidare fino a esse uno degli attaccanti, sempre che il comandante Skorpis non riacquistasse il suo buonsenso.
Non lo riacquistò, e quando l’Apollo cambiò rotta non esitò a seguirci.
Tre stazioni aprirono contemporaneamente il fuoco sull’incrociatore. Una palla di fuoco lacerò l’oscurità, poi esplose in una miriade di pezzi incandescenti.
— Abbiamo subito dei danni —mi comunicò Dyer. —Le sezioni quattordici e quindici si sono sigillate automaticamente.
— C’è qualcuno dentro?
— No, signore. Si tratta di dispense e le abbiamo vuotate quando abbiamo usato le scorte per produrre altri messaggi-capsula.
Frede scoppiò in una risatina isterica. —E pensare che volevamo avvertire Loris del nostro arrivo, perché non ci sparassero addosso.
Sembrava che fossero passati secoli da allora.
— Un avvertimento di cui, a quanto pare, non avevano bisogno —replicai, mentre riportavo l’Apollo nel mezzo della battaglia.
Mi diressi verso una delle stazioni, nella speranza di ripetere il trucco usato con l’incrociatore. Ma avvicinandoci al cuore della battaglia, vidi sei incrociatori Skorpis staccarsi dagli altri e puntare verso di noi.
— Messaggio in arrivo —annunciò Magro, l’addetto alle comunicazioni.
Premetti un pulsante; sul video comparve una Skorpis.
— Ho l’ordine di requisire l’Apollo. Arrendetevi. Non potete fuggire.
A quella velocità, avremmo impiegato almeno un’ora a prepararci per il salto nell’iperspazio. Non avevamo scampo.
— Non ci arrenderemo —risposi.
La Skorpis scoprì i denti. —Ho l’ordine di prendervi vivi, se possibile. Se non vi arrenderete, morirete tutti.
28
Sei contro uno: un’impresa disperata, soprattutto considerato che i sei erano incrociatori grandi il doppio dell’Apollo e con una potenza di fuoco altrettanto superiore.
Guardai le facce tese dei miei compagni. Avevano già sperimentato la prigionia presso gli Skorpis.
— Ci congeleranno —mormorò Emon.
— Per servirci a cena —aggiunse Jerron, nel tentativo di sdrammatizzare la situazione. Nessuno rise. Tutti erano atterriti.
— Non ci prenderanno vivi —promisi.
— Oh, finalmente una bella notizia! —esclamò Frede, e questa volta la risata fu generale.
La nostra sola speranza stava nel raggiungere Loris prima che gli Skorpis ci abbattessero. Modificai in tal senso la rotta, augurandomi che le stazioni orbitali centrassero almeno alcuni dei nostri inseguitori.
— Attingi energia dalle batterie delle armi —ordinai a Jerron. —E trasferiscila ai motori.
Emon aveva l’aria infelice mentre guardava scaricare la sua pistola. Stavo dicendo: —Tenete gli scudi… —quando la nave cominciò a sussultare. Una vibrazione più forte mi scaraventò contro la sedia.
— Un missile nucleare! —gridò Dyer, pallida come un cencio.
Guardai gli schermi. Era stata colpita la sezione motori.
— Gli scudi hanno assorbito la maggior parte dell’energia —riferì Dyer —ma lo scafo ha ceduto. Nella sezione diciotto si è aperto uno squarcio.
— Chiudetelo! —ordinai.
— Già fatto. Automaticamente.
Un altro violento scossone.
— Si accaniscono su quella sezione —disse Frede in tono sorprendentemente calmo. —Stanno cercando di mandare in tilt i motori.