Ma non si trattava soltanto di un fatto nervoso, non si trattava soltanto dell’incapacità dei suoi nervi a sopportare la spaventosa tensione quotidiana del lavoro; adesso lui capiva quali potevano essere le intuizioni di Fred, e la cosa lo feriva profondamente, colpiva nel segno e faceva male e faceva paura.
E se suo fratello avesse aspettato, prima di denunciarlo pubblicamente, che l’ONU gli attribuisse l’incarico formale? E poi, una volta ricevuto l’incarico, se Fred avesse preso la palla al balzo per rivelare che il capo di Poppy, ben lontano dall’essere un herscheliano dal cuore d’acciaio, si era reso colpevole in realtà di un’irregolarità che violava tutte le leggi di Poppy, e lo spirito stesso sul quale si fondava il Piano? Se avesse detto che lui aveva rischiato stupidamente la carriera per salvare un bambino, cosa sarebbe accaduto? Lui sarebbe stato finito. Distrutto, sommerso da un’ondata di risate che l’avrebbe spazzato via dalla vita pubblica per sempre… e probabilmente l’avrebbe fatto finire in galera o peggio. Tutto questo sarebbe accaduto, se Fred l’avesse denunciato.
In quel momento, Walton avrebbe strozzato con le proprie mani il piccolo Prior, se soltanto l’avesse avuto sotto gli occhi. Perché Fred era perfettamente capace di agire a quel modo, di tenere in serbo le sue armi per denunciarlo al momento opportuno, e rovinarlo. Rovinarlo, definitivamente e certamente.
Walton si sentì vorticare tra una serie di alternative in violento conflitto tra loro. Conservare il lavoro e affrontare l’eventuale attacco di suo fratello? O dare le dimissioni, e scomparire nell’anonimato? Nessuna delle alternative pareva troppo affascinante. Anzi, considerando bene le cose, erano entrambe schifose.
Accettare l’incarico dell’ONU. Forse avrebbe potuto farcela, ma Fred cosa avrebbe fatto?
Dare le dimissioni. Scomparire tra la folla grigia. Era un maledetto inghippo.
Si strinse nelle spalle, si alzò faticosamente dalla poltrona, dietro la lucida scrivania sulla quale il giorno prima FitzMaugham era morto. Ricordava quel momento come se l’avesse vissuto un attimo prima. Aveva significato la fine di tante cose, accidenti a quel momento. Dopotutto, FitzMaugham l’avrebbe protetto, l’avrebbe coperto anche se avesse saputo. E niente lasciava intuire che FitzMaugham avesse saputo, solo quella sensazione che lui aveva provato il giorno prima, e si sa come sono le sensazioni, vanno e vengono e non ci si può fidare molto di esse. E se FitzMaugham, invece, avesse saputo? In questo caso la sua morte non era stata del tutto inopportuna, in quel momento. Perché lui era a capo di Poppy, e aveva delle armi con le quali combattere.
Decise di nascondere il suo conflitto interiore dietro una maschera di alacre attività. Tra l’altro, ne aveva bisogno, perché gli impegni si accumulavano e lui non era pronto come avrebbe voluto. FitzMaugham aveva tenuto tante cose soltanto per sé, e questo lo svantaggiava, al momento di assumere il posto del vecchio. Come nel caso del “terraforming”, lui si trovava a partire completamente da zero.
Si era stabilito un programma, e doveva portarlo avanti. Perciò batté sui tasti una richiesta per gli Archivi, riguardante tutti i dati disponibili sul progetto del motore più veloce della luce.
Era una delle cose di maggiore importanza, e poi lo incuriosiva personalmente.
Qualche istante dopo, il torrente cominciò a scorrere… partendo da qualche punto nascosto nelle profondità del gigantesco computer, ruggendo e rombando verso l’alto attraverso il sistema di trasmissione, la valanga di carta salì, minacciosa e implacabile, verso il ventinovesimo piano del Cullen Building, verso l’ufficio nel quale il direttore a interim Roy Walton stava aspettando con una specie di filosofica rassegnazione di sottostare a un’altra forzata indigestione di lettere e di dati e di appunti raccolti dal defunto direttore FitzMaugham.
7
Il mattino dopo, quando arrivò davanti al Cullen Building, Walton trovò riunita una folla.
Dovevano esserci almeno cento persone, intorno a un centro focale. Walton scese dal jet-bus e, sollevando il bavero in modo da nascondere la maggior parte possibile del viso, andò a investigare.
Un ometto dal viso rosso era in piedi su uno sgabello appoggiato all’edificio. Ai lati dello sgabello c’erano due aste di bandiera di bronzo, una con la bandiera americana, l’altra con la bandiera degli Stati Uniti. La voce dell’ometto era gracchiante e metallica… probabilmente, pensò Walton, era resa ancor più irritante da un micromicrofono inserito in gola, che amplificava le sue parole in modo che tutti potessero udirle. Una voce irritante faceva capire il messaggio che portava due volte più in fretta di una voce piacevole.
L’ometto stava urlando: — È questo il luogo! Lassù, in questo edificio, ecco dove sono! Ecco dove Poppy spreca il nostro denaro! Il nostro denaro, capite?
Dal tono delle parole dell’uomo, Walton capì immediatamente: “herscheliano”!
Represse la collera e, per una volta, decise di restare ad ascoltare l’estremista fino in fondo. Non aveva mai prestato davvero attenzione alla propaganda herscheliana… non aveva avuto molte occasioni di ascoltarla… e adesso si rendeva conto che, come capo di Poppy, aveva il dovere di familiarizzarsi con gli argomenti anti-Poppy usati dagli estremisti di entrambi gli schieramenti contrapposti… quelli che ritenevano Poppy una tirannia, e gli herscheliani, che la ritenevano troppo debole.
— Questa Poppy — disse l’ometto, mettendo l’accento sul buffo soprannome che era stato dato all’organizzazione — sapete cos’è? È una fregatura. È un tentativo stupido, molle e tenero di risolvere i nostri problemi. Chi fa il tentativo ha il cervello di ricotta e il cuore di burro. È una truffa, vi dico, una sporca truffa che servirà solo a gettare soldi dalla finestra!
C’era una passione vera e intensa dietro quelle parole. Walton non si fidava degli uomini piccoli con grandi passioni; non gradiva la loro compagnia più di quanto non gradisse la compagnia di una dinamo o di una pila atomica. Tutte queste cose, ometti compresi, minacciavano sempre di esplodere.
La folla si agitava, nervosamente. L’herscheliano stava parlando un linguaggio convincente, e riusciva a raggiungere in profondità quella gente, in un modo o nell’altro. Walton si tirò indietro, nervosamente, perché non voleva essere riconosciuto, e si fermò ai margini della folla.
— Alcuni tra voi non amano Poppy per un motivo o per l’altro… ma fatemi dire questo, amici… vi sbagliate più di quanto si sbagliano loro! Dobbiamo essere duri con noi stessi, capito? Dobbiamo affrontare la verità! Poppy è una mezza soluzione irreale dei problemi umani. E qui ci vuole del realismo, chiaro? Capito? Finché non limiteremo le nascite, stabiliremo un controllo rigido per decidere chi deve vivere e chi no, noi…
Era pura propaganda herscheliana, allo stato naturale, fornita nel violento linguaggio colloquiale e sgrammaticato del popolo. Walton non si sorprese quando qualcuno, nella folla, grugnì una domanda.
— E chi sarà a stabilire questo controllo? Lei?
— Vi siete affidati tutti a Poppy, vero? Perché esitate, allora, ad affidarvi ad Abel Herschel e al suo gruppo di sinceri e appassionati lavoratori al servizio del miglioramento e della purificazione del genere umano?
Walton rimase quasi paralizzato per lo sbalordimento. Il gruppo herscheliano era tanto drastico nelle sue teorie che Poppy, al suo confronto, appariva una istituzione di svago per educande. Anzi, l’impostazione data da Herschel e dai suoi amici al problema era “così” drastica che era impensabile il coraggio ostentato dell’ometto nel presentare quelle idee in pubblico. C’era già una forte ondata di animosità nei confronti di Poppy, la cosiddetta “soluzione blanda”; il pubblico avrebbe accettato una posizione più feroce e radicale? O come avrebbe reagito? La voce dell’ometto si levò altissima.