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— Avanti con gli herscheliani! L’umanità deve andare avanti. La gente del Controllo rappresenta le forze del decadimento e della rovina!

Walton si voltò verso l’uomo che gli stava vicino, e mormorò: — Ma Herschel è un fanatico. Ci uccideranno tutti, in nome dell’umanità.

L’uomo sembrò perplesso; poi, digerita e accettata l’idea, annuì.

— Già, amico. Sai, non hai mica detto male. No, non hai proprio detto male.

Era questa la scintilla necessaria; non c’era bisogno d’altro.

Walton si scostò cautamente dalla folla, e seguì con lo sguardo i movimenti delle labbra della gente, e vide la voce diffondersi per tutta la folla, mentre l’arringa dell’ometto si faceva sempre più violenta e incendiaria e appassionata.

Fino a quando un sasso non sfrecciò nell’aria da qualche punto imprecisato, colpì la bandiera dell’ONU, e rimbalzò contro la parete dell’edificio. Quello fu il segnale.

Cento tra uomini e donne attaccarono l’ometto sullo sgabello ammaccato. — Dobbiamo affrontare la verità! — gridò la voce stridula; poi le bandiere furono abbattute e spezzate. Le aste caddero tintinnando cupamente sul cemento; lo sgabello si rovesciò. L’ometto fu perduto sotto un’impietosa marea di piedi e di braccia.

Una sirena ululò.

— La polizia! — gridò Walton, dal suo punto di sicurezza a qualche metro dal luogo del tumulto, e bruscamente la folla si squagliò come neve al sole, in tutte le direzioni, lasciando Walton e l’ometto soli nella strada. Un furgone della polizia si avvicinò. Quattro uomini che indossavano delle uniformi grigie scesero come fulmini.

— Che è successo qui? Chi è quell’uomo? — Poi, vedendo Walton: — Ehi! Vieni qui subito!

— Ma certo, agente. — Walton abbassò il bavero del soprabito e si avvicinò. Si accorse della presenza delle telecamere, e guardò direttamente da quella parte. — Io sono il direttore Walton, di Poppy — disse a voce alta, proprio nella telecamera. — Sono arrivato qui pochi minuti fa. Ho visto tutto.

— Ci dica quanto è accaduto, signor Walton — disse l’agente, in tono di profondo rispetto, che contrastava con il tono abbastanza violento di prima.

— Era un herscheliano. — Walton indicò il corpo inanimato disteso grottescamente a terra. — Stava facendo un discorso sovversivo diretto contro Poppy, e in particolare contro il defunto direttore FitzMaugham e contro di me. Stavo per chiamarvi per porre fine all’increscioso incidente, quando gli ascoltatori si sono resi conto che l’uomo era un herscheliano. Quando hanno capito cosa voleva dire, e qual era la sua causa… be’, potete vedere voi stessi i risultati.

— Grazie, signore. Siamo infinitamente spiacenti di non averlo potuto evitare. Deve essere stato relativamente spiacevole, signor Walton.

— Quell’uomo cercava dei guai — disse Walton. — Poppy rappresenta la mente e il cuore del mondo. Herschel e la sua gente cercano di rovesciare quest’ordine. Non posso, naturalmente, perdonare la violenza in nessuna circostanza, ma… — sorrise alla telecamera. — Poppy per me è una responsabilità sacra, una missione immensa come lo era per il compianto direttore FitzMaugham. Devo considerare i suoi nemici come persone cieche e sviate.

Si voltò ed entrò nell’edificio, sentendosi compiaciuto di se stesso. Quella sequenza sarebbe stata mostrata integralmente in tutti i prossimi notiziari; tutte le agenzie giornalistiche del mondo avrebbero riportato le sue parole, tutti gli schermi di tutte le case avrebbero mostrato la sua immagine.

Lee Percy sarebbe stato orgoglioso di lui. Senza usare trucchi tecnici e senza riagganciare dei fonemi, Walton aveva fatto un discorso efficace e stringente, e aveva trasformato uno spiacevole e squallido incidente in un perfetto strumento di propaganda.

E, inoltre, anche il direttore FitzMaugham sarebbe stato fiero di lui. Se solo avesse potuto vederlo. Ma sotto la coltre di orgoglio, lui stava tremando. Ieri aveva salvato un bambino, modificando in pochi istanti le caratteristiche genetiche annotate sulla sua scheda; oggi aveva ucciso un uomo facendo circolare un’accusa mormorata a fior di labbra tra una folla irrequieta. Solo questo, né più né meno.

“Potere”. Poppy rappresentava il potere, forse il più grande potere del mondo e della “storia” del mondo… Quel potere avrebbe dovuto essere incanalato, in qualche modo, imbrigliato e messo sotto controllo, ora che era stato scatenato libero sulla Terra.

La catasta di documenti riguardanti il progetto del motore interstellare si trovava ancora sulla scrivania, quando Walton entrò nell’ufficio. Il giorno prima aveva avuto il tempo di leggere solo i primi rapporti, quelli di data più antica; poi la pressione del lavoro di ordinaria amministrazione (ma esisteva qualcosa come l’ordinaria amministrazione, a Poppy?) gli aveva impedito di continuare.

Incoraggiato da FitzMaugham, il progetto del motore interstellare aveva avuto origine circa dieci anni prima. Questo progetto era dovuto al fatto che il motore ionico usato per i viaggi interplanetari aveva una velocità massima insuperabile, una limitazione alle novantamila miglia al secondo. A quella media, un’astronave d’esplorazione avrebbe impiegato circa diciotto anni a visitare la stella più vicina e poi tornare indietro per fare rapporto… e non era un sistema molto efficiente per un pianeta che aveva una necessità disperata di espandersi verso gli spazi ultrastellari.

Un gruppo di scienziati si era messo al lavoro per creare un motore iperspaziale o, più precisamente, a contrazione sub-spaziale, capace, in parole povere, di attraversare la curvatura dello spazio normale, immergersi nell’iperspazio e accorciare, così, notevolmente le distanze: nell’iperspazio infatti le distanze non esistevano, e due punti separati, nello spazio normale, da dieci e più anni-luce erano praticamente contigui in quella strana struttura del “continuum” spaziotemporale.

In questo modo, si sperava, la velocità della luce non sarebbe stata più un limite invalicabile, e le lontane frontiere dello spazio si sarebbero aperte di fronte alla brulicante umanità.

Tutta la documentazione del progetto si trovava sulla sua scrivania: i collaudi preliminari, gli stanziamenti ufficiali e ufficiosi, i disegni e i progetti, i nomi dei ricercatori. Walton ricominciò a sfogliare, estenuato, imparando nomi e assimilando dati scientifici. Apparentemente, quando il progetto era stato ancora in fase embrionale, FitzMaugham l’aveva finanziato attingendo dalla sua fortuna personale. Il vecchio era stato abbastanza ricco per concederselo.

Per quasi tutta la mattinata Walton sfogliò lentamente i documenti che descrivevano progetti di generatori, tipi di materiali da usare per lo scafo, specificazioni, calcoli, ipotesi e teorie. Era quasi mezzogiorno quando si imbatté nella perfetta comunicazione dattiloscritta del colonnello Leslie McLeod, uno degli scienziati militari che dirigevano il progetto interstellare. Walton lesse la comunicazione svogliatamente, arrivò alla fine, spalancò gli occhi e la bocca, tornò indietro, e ricominciò a leggere.

La data era quella del 14 Giugno 2231, circa un anno prima. Il testo era:

Carissimo signor FitzMaugham,

sono certo che sarà felice di apprendere che finalmente i nostri sforzi sono stati coronati dal più lusinghiero dei successi. L’X-72 ha superato meravigliosamente gli ultimi collaudi, e siamo pronti a partire immediatamente per l’esplorazione preliminare degli spazi lontani.

McLeod

Questa comunicazione era seguita da un messaggio di FitzMaugham a McLeod, in data 15 Giugno: