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Tossendo, in preda al più completo disgusto, Walton lasciò cadere la lettera. Erano quasi tutte di quel tipo: intelligenti, razionali, fanatiche. C’era stato il professore dell’Alabama, uomo di cultura, senz’altro, che si era lamentato perché Poppy non aveva già deciso di eliminare tutti i cittadini di seconda classe; c’era stato il pastore del Michigan, ansioso di assicurazioni sul fatto che nessun empio ateo materialista sfuggisse alla camera a gas.

E, naturalmente, c’erano le altre lettere… lettere vergate in caratteri incerti, dalle mani di persone che appena avevano frequentato le elementari, e che venivano mandate da genitori o parenti ai quali era stato tolto un figlio o un altro parente, i quali accusavano Poppy di crimini innominabili contro tutta l’umanità.

Be’, c’era da aspettarselo, pensò Walton. Siglò entrambe le lettere con le sue iniziali, e le lasciò cadere nel condotto pneumatico che le avrebbe mandate negli archivi, dove sarebbero state microfilmate e accuratamente riposte. FitzMaugham aveva insistito su un fatto: ogni lettera doveva essere presa in esame e conservata per l’archivio.

Un giorno non molto lontano, pensò Walton, il processo di ridistribuzione della popolazione sarebbe diventato inutile. Oh, certo, l’eutanasia era destinata a continuare; si trattava di un procedimento logico, razionale e, in prospettiva, realmente misericordioso. Ma quel sistema di togliere qualche migliaio di belgi dal loro paese natale e di mandarli nelle libere distese della Patagonia non avrebbe avuto vita lunga.

Lang e i suoi uomini stavano cercando di trasformare Venere in un mondo sul quale l’Uomo potesse vivere. Se il sistema funzionava, gli esperti di “terraforming” avrebbero potuto andare su Marte, a rendere anche quel pianeta abitabile. E poi ci sarebbero state le maggiori lune di Giove e Saturno, e forse perfino il lontano Plutone, se fosse stato possibile inventare qualche efficace metodo di riscaldamento del gelido pianeta.

Allora ci sarebbe stata un’altra transizione. Le moltitudini della Terra sarebbero state caricate su grandi astronavi e mandate sui nuovi mondi. Forse ci sarebbero state delle sommosse; solo pochi avventurieri sarebbero partiti di buon grado. Ma qualcuno sarebbe partito, e questa sarebbe stata una soluzione parziale.

E poi, le stelle. Il progetto dell’astronave-più-veloce-della-luce era tenuto rigorosamente segreto, tanto segreto che, nell’ambito di Poppy, soltanto FitzMaugham conosceva lo stato reale delle cose. Ma se quel progetto fosse stato coronato da un successo…

Walton si strinse nelle spalle, e ritornò al lavoro. I rapporti dovevano essere letti, archiviati, evasi. C’era sempre tanto, troppo da fare.

Il pensiero di Fred e di quello che Fred sapeva lo turbava. Se avesse avuto modo di tornare indietro… se avesse potuto cancellare gli eventi della mattinata, se avesse potuto mandare il piccolo Prior nella camera a gas, fargli somministrare il Sonno Felice e dimenticare tutto, anzi, non sapere che qualcosa era accaduto… come sarebbe stato bello.

La tensione si accumulava dentro di lui, era diventata insostenibile. Frugò in un cassetto della scrivania, trovò la pastiglia verde, a forma di diamante, che stava cercando, e inghiottì il tranquillante con gesto quasi meccanico. Il tranquillante riuscì a calmarlo solo parzialmente, ma riuscì a lavorare con efficienza, senza una pausa, fino alla sosta di mezzogiorno.

Stava per chiamare il centralino per farsi mandare la colazione, quando lo schermo privato si illuminò, lo schermo privato che lui e FitzMaugham usavano per comunicare direttamente.

— Roy?

Il viso del direttore era incredibilmente calmo.

— Signore?

— Avrà una visita alle tredici. Ludwig. Vuole sapere come vanno le cose.

Walton annuì. Ludwig era il capo della delegazione americana delle Nazioni Unite, un uomo testardo e devoto al suo compito che aveva combattuto Poppy per anni; poi egli aveva visto la luce e aveva lottato, con la stessa energia, per la sua approvazione.

— Vuole che gli prepari un rapporto? — chiese Walton.

— No, Roy. Voglio che tu venga qui. Non desidero affrontarlo da solo.

— Signore?

— Alcuni, alle Nazioni Unite, pensano che io stia conducendo Poppy come un dittatore — spiegò FitzMaugham. — Naturalmente, non è così, come dimostra la montagna di lavoro che c’è sulla tua scrivania. Ma ti voglio qui, per dimostrare la verità. Voglio che lui si renda conto personalmente di quanto io conti sui miei assistenti.

— Capisco. Benissimo, signor FitzMaugham.

— E c’è un’altra cosa — proseguì il direttore. — Sarà di grande aiuto il fatto che io possa dimostrare di essere circondato da giovani assistenti fedeli, di carattere ineccepibile. Come te, Roy.

— Grazie, signore — disse Walton, con voce debole.

— Grazie a “te”. Ci vediamo alle tredici esatte, allora?

— Naturalmente, signore.

Lo schermo si spense. Walton lo fissò, con espressione vacua. Si chiese se quella non fosse stata un’allusione elaborata del vecchio: la mentalità di FitzMaugham era abbastanza contorta, e sarebbe stato da lui ricorrere a parafrasi per muovere delle accuse. Quell’ultima frase, sui giovani assistenti fedeli e di carattere ineccepibile… era sembrata sincera, ma chi poteva mai dirlo? FitzMaugham stava recitando una complicatissima commedia, prima di liberarsi del suo protetto che aveva tradito?

Forse c’entrava Fred, nella faccenda, pensò Walton. Decise di occuparsi nuovamente del computer, dopo l’incontro con FitzMaugham e Ludwig. Forse non era ancora troppo tardi per cancellare quelle maledette registrazioni, coprendo così l’errore che aveva commesso. Probabilmente avrebbe potuto eliminare dai banchi di memoria ogni ricordo delle attività svolte dal computer durante la mattinata, per quello che contava Roy Walton… e in questo caso la sua situazione non sarebbe stata schifosa come in quel preciso momento. Avrebbe avuto una certa tranquillità, tranquillità che ora gli mancava completamente.

In questo caso, si sarebbe trattato soltanto della sua parola contro quella di Fred. Avrebbe potuto ancora cavarsela, pensò, ma i suoi pensieri non erano lucidi, c’era come una cappa di piombo che li offuscava.

Ordinò la colazione con dita tremanti, e masticò contro voglia i cibi sintetici, che non avevano sapore né odore e che non davano alcun piacere… cibi fatti per sfamare, non per dare soddisfazione, e chi ricordava esattamente come fosse la buona cucina, a quei tempi? Lui conosceva soltanto quel menu, e gli doveva bastare.

E i suoi pensieri non erano certo i più adatti a fargli ricordare problemi culinari d’altri tempi.

Masticò i cibi, svogliatamente, poi li gettò quasi intatti nel condotto dei rifiuti.

4

Alle dodici e cinquantacinque minuti Walton riordinò la sua scrivania, si alzò e, per la seconda volta nella giornata, lasciò il suo ufficio. Si sentiva in apprensione, ma non più del normale; dietro le paure e le tensioni che lo percorrevano c’era una sicurezza tranquilla, la certezza che FitzMaugham non gli avrebbe giocato altri tiri; sarebbe rimasto con lui.

E c’era poco da temere da Fred, aveva concluso dopo molte riflessioni. Era quasi impossibile per un semplice medico di quarta categoria ottenere udienza dal direttore; nel corso normale degli eventi, se Fred avesse tentato di mettersi in contatto con FitzMaugham, sarebbe stato mandato automaticamente, per via gerarchica, da Roy, con le conseguenze intuibili.

No; il pericolo che rappresentava Fred era potenziale, per quello che suo fratello sapeva, ma non era immediato né reale, e ci sarebbe stato tempo per venire a patti con lui. Quando Walton lasciò il suo ufficio si sentiva molto sollevato, e camminava con disinvoltura; attraversò l’ufficio esterno, e uscì nel corridoio.