Cominciò a cercare nel suo incartamento, e dopo un momento estrasse un foglio piegato, che aprì con cura e porse a Walton.
Il direttore guardò il foglio; era coperto di equazioni e di formule.
— Mi risparmi la parte tecnica, dottor Lamarre. Ha già esperimentato la sua scoperta?
— Ho fatto l'unico esperimento possibile, l'esperimento del tempo. Ci sono degli insetti, nel mio laboratorio, che hanno vissuto per cinque anni e più… autentici Matusalemme del loro genere. L'immortalità è una cosa che non si può collaudare in un periodo inferiore all'eternità. Ma sotto il microscopio si possono vedere le cellule che si rigenerano, si può vedere il decadimento organico combattuto efficacemente e ridotto.
Walton respirò profondamente.
— Si rende conto, dottor Lamarre, che per il bene del genere umano io dovrei farla fucilare immediatamente?
— Che cosa?
Walton per poco non scoppiò a ridere; l'uomo era incredibilmente buffo con quell'espressione d'incredulità sconvolta sul viso.
— Lei capisce cosa potrebbe fare l'immortalità alla Terra? — domandò. — Mentre nessun altro pianeta del sistema solare è abitabile per la razza umana, e non è possibile raggiungere le stelle? Nel giro di una generazione, vivremmo in dieci centimetri quadrati. Saremmo tutti…
— Il direttore FitzMaugham si rendeva ben conto di queste cose — lo interruppe con voce secca Lamarre. — E non aveva alcuna intenzione di somministrare la mia scoperta indiscriminatamente a tutta la popolazione. Inoltre aveva piena fiducia in un nuovo motore interstellare che, a suo avviso, ci avrebbe permesso di raggiungere entro breve tempo altri pianeti di sistemi stellari diversi dal nostro, e sperava anche che gli ingegneri del progetto di "terraforming" ottenessero un risultato positivo su Venere.
— Questi due fattori dell'equazione sono ancora delle incognite — disse Walton. — Nessuno dei due ha finora avuto successo. E non possiamo certamente lasciar diffondere la notizia della sua scoperta, fino a quando non avremo delle vie d'uscita per alleviare la terribile pressione della popolazione.
— Così lei propone…
— Di confiscare gli appunti che lei ha con sé, e di chiederle di mantenere il silenzio sul suo siero finché le darò il permesso di parlare.
— E se io rifiutassi?
Walton allargò le braccia.
— Dottor Lamarre, io sono un uomo ragionevole che cerca di svolgere un lavoro molto duro. Lei è uno scienziato… e uno scienziato sano di mente, mi auguro. Le sarei veramente grato se volesse darmi la sua collaborazione. Mi conceda la sua fiducia per qualche settimana, e forse dopo questo periodo la situazione potrà cambiare.
Seguì una pausa di silenzio. Finalmente Lamarre disse: — Molto bene. Se mi restituirà gli appunti, le prometto di conservare il silenzio, fino a quando lei non mi darà il permesso di parlare.
— Non è sufficiente, purtroppo. È necessario che io tenga gli appunti.
Lamarre sospirò.
— Se proprio insiste — disse.
Quando fu di nuovo solo, Walton infilò il voluminoso incartamento in un cassetto d'archivio, e lo fissò con aria perplessa.
"FitzMaugham" pensò "lei era davvero incredibile!"
Il siero dell'immortalità di Lamarre, siero o qualunque cosa fosse, era mortale. Sia che funzionasse davvero, e sia che fosse inefficace.
Se sfuggiva anche una sola parola a proposito dell'esistenza di una droga capace di dare l'immortalità, ci sarebbero state sommosse e stragi su scala mondiale. Sarebbe stato un caos.
FitzMaugham se ne era reso conto, eppure aveva sottoscritto gli esperimenti, con sublime noncuranza, sapendo che se il "terraforming" e l'esplorazione interstellare fossero falliti, il progetto di Lamarre sarebbe diventato la più grande minaccia alla civiltà.
Ebbene, Lamarre si era piegato alla volontà di Walton abbastanza facilmente. Il problema, adesso, era quello di mettersi in contatto con Lang, su Venere, e scoprire cosa stava facendo lassù.
— Signor Walton — annunciò l'intercom. — Sta arrivando un messaggio in codice per il signor FitzMaugham.
— Da dove?
— Dallo spazio, signore. Dicono di avere delle notizie, ma non le daranno a nessuno che non sia il signor FitzMaugham.
Walton imprecò.
— Dove ricevono questo messaggio?
— Piano ventitré, signore. Sezione Comunicazioni, naturalmente.
— Dica che scendo subito — esclamò Walton.
Prese un ascensore e arrivò al ventitreesimo piano nel giro di pochi secondi. Quando la porta dell'ascensore si aprì, corse come un fulmine nel corridoio, passò tra due tecnici dall'aria sbalordita, e corse ancor più veloce verso la sala delle comunicazioni.
Nella grande sala pulsava la rete che teneva uniti i diversi rami di Poppy. Di là tutto il sistema del Piano riceveva linfa e vigore.
Walton aprì una porta laterale, sulla quale era scritto "Centrale", e si trovò di fronte a quattro tecnici indaffarati intorno a una complicatissima ricevente che ronzava come un gatto placido.
— Dov'è quel messaggio dallo spazio? — domandò al giovane tecnico che gli venne incontro.
— Continua a giungere, signore. Lo ripetono in continuazione. Stiamo cercando di scoprire la loro posizione per mezzo della triangolazione. Devono essere vicini all'orbita di Plutone.
— Al diavolo Plutone. Dov'è il messaggio?
Qualcuno gli porse una striscia di carta. C'era scritto: — Chiamiamo la Terra. Chiamata urgente, massima urgenza, assoluta precedenza. Comunicheremo soltanto con "D.F. FitzMaugham".
— È tutto? — domandò Walton. — Non c'è una firma, non c'è il nome dell'astronave?
— Proprio così, signor Walton.
— Bene. Si metta subito in contatto con loro e invii un messaggio di risposta — disse, rivolgendosi al tecnico che lo aveva accolto. — Dica loro che FitzMaugham è morto e che io sono il suo successore. Faccia il mio nome.
— Sì, signore.
Cominciò a girare nervosamente per tutto il laboratorio, mentre i tecnici lavoravano per spedire il messaggio nel vuoto cosmico. Le comunicazioni spaziali erano un campo che sbalordiva e intimidiva Walton, il quale guardò i tecnici come se fossero stati dei semidei, mentre loro erano intenti al lavoro.
Il tempo passò.
— Sa che qualche astronave si trova in quel settore? — domandò a qualcuno.
— No, signore. Non aspettavamo nessuna chiamata, a eccezione di quella di Lang da Venere… — Il tecnico impallidì, rendendosi conto di avere commesso una gaffe, e rimase impietrito.
— Non si preoccupi — lo rassicurò Walton. — Io sono il direttore, non ricorda? So tutto di Lang e di quello che sta facendo.
— Certo, signore.
— Sta arrivando una risposta, signore — disse un altro dei tecnici senza nome e senza volto. — Eccola. — Walton diede un'occhiata.
Il messaggio diceva: "Salve, Walton. Richiediamo ulteriore identificazione, prima di fare rapporto, McL".
Un brivido di soddisfazione percorse Walton, alla vista delle iniziali alla fine del messaggio. "McL". Poteva trattarsi soltanto di McLeod… e "questo" poteva significare una sola cosa: l'astronave interstellare era ritornata dal suo viaggio di esplorazione!
Walton si rese conto, un po' depresso, che questo significava, probabilmente, anche che gli esploratori non avevano scoperto nessun pianeta di tipo terrestre tra le stelle dell'universo. Nella corrispondenza dell'archivio, McLeod aveva scritto a FitzMaugham che l'astronave sarebbe ritornata dopo un anno se non avesse avuto successo nella sua ricerca. Ed era passato circa un anno.
Si rivolse ai tecnici, e disse: — Spedite questo messaggio di risposta: McLeod, Nairobi, X-72. Congratulazioni! Walton.
I tecnici si rimisero al lavoro, lasciando Walton immerso nei suoi tristi pensieri. I macchinali che si vedevano tutt'intorno avevano un aspetto imponente e austero, che non contribuiva di molto a sollevare gli spiriti. Gli strumenti facevano "tic-tic", ronzavano e miagolavano e sibilavano, e lui cercava di captare, tra questi rumori, qualche brano di conversazione, senza avere molto successo nelle sue fatiche.