Il Citizen delle quattordici fu il primo a diffondere la notizia.
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dato a Roy Walton un caloroso voto di fiducia, oggi. Con una votazione di 95 favorevoli, nessun contrario e tre astenuti, è stato scelto per succedere al defunto D.F. FitzMaugham come zar di Poppy. Ha tenuto il posto su basi temporanee negli ultimi otto giorni.
Walton chiamò immediatamente Percy.
— Chi ha scritto il pezzo del Citizen su di me? — domandò.
— Io, capo. Perché?
— Ben fatto, ma non è abbastanza leggibile. Togli tutte quelle parole di tre sillabe e più, tutti quei paroloni come "succedere", "defunto", "basi temporanee" eccetera eccetera dalla prossima edizione. Torna al vecchio stile semianalfabetico del vecchio Citizen.
— Pensavamo di poter migliorare un po' lo stile, adesso che hai vinto — disse Percy.
— No. È pericoloso. Mantieni il vecchio stile, ma punta sul contenuto. Adesso siamo sulla cresta dell'onda. Come vanno i sondaggi di opinione?
— Un altro spostamento del cinquanta per cento in favore di Poppy. Tu sei l'uomo più popolare del paese, in questo momento. Nelle chiese si offrono preghiere per te. È stato fondato un movimento per farti Presidente degli Stati Uniti al posto del vecchio Lanson.
— Lasciamo che Lanson si tenga il posto — ridacchiò Walton. — Non sto cercando dei lavori rappresentativi. Sono troppo giovane. Quando deve uscire il prossimo Citizen, Lee?
— Alle quindici. Faremo uscire un'edizione all'ora, fino al termine della crisi.
Walton rifletté un momento.
— Credo che le quindici siano troppo presto. Il dirnano arriverà a Nairobi quando qui saranno le quindici e trenta. Voglio un'edizione super alle sedici… ma non una parola prima di quell'ora!
— Ai tuoi ordini — disse Percy, e tolse il collegamento.
Un attimo dopo l'intercom annunciò: — C'è una chiamata a circuito chiuso per lei da Batavia, signore.
— Da dove?
— Da Batavia, Giava.
— Me la passi — disse Walton
Un viso grassoccio apparve sullo schermo, il viso di un uomo che aveva vissuto una vita dolce in un clima tropicale. Una voce profonda e gorgogliante disse: — Lei è Walton.
— Io sono Walton.
— Io sono Gaetano Di Cassio. Lieto di fare la sua conoscenza, signor direttore Walton. Io possiedo delle piantagioni di gomma in questa zona.
La mente di Walton balzò subito al primo nome della lista dei proprietari terrieri che Lassen aveva preparato per lui:
Di Cassio, Gaetano, 57. Beni valutati nell'ordine di un miliardo e mezzo di dollari. Nato a Genova nel 2175, trapiantato ad Amsterdam nel 2199. Acquistata grande proprietà a Giava nel 2211.
— Cosa posso fare per lei, signor Di Cassio?
Il magnate della gomma aveva un'aria malata; il suo viso grasso era imperlato di sudore.
— Suo fratello — grugnì pesantemente. — Suo fratello lavorava per me. L'ho mandato da lei ieri. Non è ritornato.
— Davvero? — Walton si strinse nelle spalle. — C'è una frase famosa che potrei usare a questo punto. Non la userò, però.
— Non divaghiamo — disse Di Cassio. — Dove si trova?
Walton rispose: — In prigione. Per tentata coercizione di pubblico ufficiale. — Si rese conto che Di Cassio era teso e nervoso il doppio di lui.
— Lo ha messo in prigione — ripeté stancamente Di Cassio. — Ah, capisco. In prigione. — L'audio portò il rumore di un respiro affannoso. — Non lo libererà? — chiese Di Cassio.
— No.
— Non le ha detto cosa sarebbe accaduto, se non avesse accettato le sue richieste?
— Me l'ha detto — disse Walton. — Ebbene?
Il grassone pareva sul punto si svenire. Walton capì che il bluff non avrebbe avuto successo; che i cospiratori non avrebbero osato mettere in libera produzione il siero di Lamarre. Era stata un'arma senza peso, e Walton non si era lasciato spaventare.
— Ebbene? — ripeté rigidamente Walton.
— Lei mi tormenta il cuore — disse Di Cassio. — Lei mi addolora e mi esacerba l'animo, signor Walton. Dovranno essere fatti dei passi opportuni.
— Il siero dell'immortalità di Lamarre…
Il viso sullo schermo diventò grigiastro.
— Il siero — disse Di Cassio — non entra in questo nostro discorso.
— Oh, no? Da alcune osservazioni di mio fratello Fred, avrei…
— Il siero "non esiste"!
Walton sorrise, con calma.
— Un siero inesistente — disse — ha, sfortunatamente, un peso inesistente sulle mie azioni. Lei non mi fa paura, Di Cassio. Ho scoperto il suo bluff. Vada a fare un giro nella sua piantagione. Finché ce l'ha, voglio dire.
— Saranno fatti dei passi opportuni — disse Di Cassio. Ma la sua ostilità era unita a un senso di sconfitta. Walton rise, e tolse il contatto.
Estrasse dal cassetto della scrivania l'elenco di Lassen, e vi scrisse sopra un breve appunto per Olaf Eglin. Quelle erano le cento tenute private più grandi del mondo. Nel giro di una settimana, sarebbero state piene di giapponesi.
Chiamò Martinez, della sicurezza.
— Ho ordinato che mio fratello Fred venga affidato alla sua custodia — disse.
— Lo so. — L'uomo della sicurezza pareva esasperato. — Non possiamo tenere rinchiuso un uomo all'infinito, neppure sulla sua parola, direttore Walton.
— L'accusa è di congiura e tradimento — disse Walton. — Cospirazione contro il buon esito del Piano. Le farò avere un elenco dei capi della congiura sulla scrivania entro mezz'ora. Desidero che vengano tutti arrestati, sottoposti a un interrogatorio formale, drogati, eventualmente sottoposti a lobotomia, e rinchiusi in prigione.
— Certe volte — disse lentamente Martinez — sospetto che lei ecceda leggermente nell'uso dei suoi poteri, direttore Walton. Ma mi mandi l'elenco, e farò operare gli arresti.
Il pomeriggio continuò a muoversi lentamente verso la sera. Walton continuò il lavoro di routine su mezza dozzina di fronti, tenne numerosi colloqui visifonici con tutti i suoi capisezione, lesse dei rapporti che contribuirono ad aumentare quello che già sapeva del disastro di Venere, e prese alcune pillole di tranquillante.
Chiamò Keeler e apprese che nessun segno di Lamarre era ancora venuto alla luce. Da Percy scoprì che, dalla sera precedente, il Citizen aveva acquistato duecentomila nuovi abbonati. L'edizione delle quindici aveva un lungo editoriale che elogiava Walton, e alcune lettere che Percy giurava fossero genuine, e che facevano la stessa cosa.
Alle quindici e quindici Olaf Eglin chiamò per annunciare che le grandi proprietà private erano già in corso di equalizzazione.
— Puoi sentire gli ululati da qui a Giava, se ti metti ad ascoltare quando noi cominciamo — lo avvertì Eglin.
— Dobbiamo essere duri — gli disse Walton, con fermezza.
Alle quindici e diciassette dedicò alcuni minuti allo studio di un progetto scientifico nel quale si proponeva il "terraforming" di Plutone stabilendo dei soli sintetici a fissione nucleare sul gelido pianeta. Walton diede un'occhiata ai particolari tecnici della fissione dell'idrogeno, i quali richiedevano di far passare una corrente di molti milioni di ampères attraverso un tubo contenente un misto di tritio e deuterio. L'idea generale, apparentemente, era quella di creare delle forze elettromagnetiche d'intensità quasi solare; un motore a reazione alternata avrebbe fornito cento megawatts di energia continuamente, a una temperatura di 10.000.000 di gradi centigradi.
"Ha delle possibilità" fu l'annotazione di Walton, che spedì il progetto a Eglin per un esame più accurato. Pareva abbastanza plausibile, ma Walton, personalmente, era alquanto scettico nei confronti dell'idea di tentare nuovi progetti di "terraforming" dopo il fallimento dell'operazione venusiana. Dopotutto, c'erano dei limiti ai miracoli di pubbliche relazioni che Lee Percy poteva creare.