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Solo nel suo ufficio, nel Cullen Building oscurato dalla notte, Walton guardò il suo riflesso distorto che lo irrideva dalla finestra opacizzata. Sulla sua scrivania c'era un foglio di carta, sul quale era scritto l'elenco di coloro che avevano ricevuto il Sonno Felice con il turno delie quindici.

Frederic Walton era il quarto nome della lista. Questa volta non c'erano stati errori.

Walton ripensò agli eventi degli ultimi nove giorni. Una delle prime cose di cui si era reso conto, all'inizio di quel drammatico periodo, era stato il fatto che il direttore di Poppy aveva poteri di vita e di morte sull'umanità. Padrone della vita, padrone della morte.

Come un Dio, aveva assunto entrambe le responsabilità. Aveva dato la vita a Philip Prior; questo era stato l'inizio della catena degli eventi, e il primo di una lunga catena di errori. Era stato questo l'errore più grande, il primo, quello che aveva causato tutto il resto. Perché aveva sbagliato, perché la vita non si poteva concedere, quando la legge diceva che bisognava toglierla.

E adesso, aveva dato la morte a Frederic Walton, un atto di per se stesso più che giustificabile, anzi, doveroso, ma le cui conseguenze lo avevano portato a essere il più grande di tutti i suoi errori.

Tutti i suoi piani erano giunti alla fine di un vicolo cieco. Ora qualsiasi aiuto avrebbe dovuto giungergli dall'esterno.

I suoi sforzi erano stati compiuti in tutta onestà. Lui non era Dio. Eppure aveva cercato di fare il maggior bene possibile. Se qualcuno, chiunque, l'avesse approvato in quel momento, era il momento di venirgli in aiuto.

Stancamente, schiacciò il pulsante e chiese di essere collegato con Nairobi. Il trattato interstellare doveva essere cancellato; Walton non poteva consegnare il prezzo pattuito. Fred avrebbe riso per ultimo.

Qualche minuto più tardi, parlò con McLeod.

— Sono felice che mi abbia chiamato — disse immediatamente McLeod. — Ho cercato di raggiungerla per tutto il giorno. Il dirnano sta diventando piuttosto impaziente; questa gravità troppo bassa lo fa star male, e vuole ritornare al suo pianeta natale.

— Mi faccia parlare con lui. Potrà partire subito.

McLeod annuì e scomparve dallo schermo. Il viso alieno di Thogran Klayrn vi apparve al suo posto.

— Aspettando io stavo la chiamata sua — disse il dirnano, nel suo solito linguaggio che il traduttore non riusciva a rendere più sopportabile. — Lei promise di chiamare oggi nelle ore precoci. Così non fece.

— Mi dispiace davvero — disse Walton. — Cercavo di trovare la formula da consegnarle.

— Ah, sì. Ciò è stato fatto?

— No — disse Walton. — Il siero non esiste più. L'uomo che l'ha inventato è morto, e così anche l'unico altro uomo al mondo che conosceva la formula.

Ci fu un momento di silenzio pieno di tensione. Poi il dirnano disse: — Assicurata mi ebbe la consegna dell'informazione.

— Lo so. Ma non posso consegnargliela. — Walton tacque per qualche istante, cupamente. — Il patto non esiste più. C'è stato un contrattempo e l'uomo che possedeva le informazioni è stato… è stato inavvertitamente giustiziato oggi.

— Oggi, dice lei?

— Sì. E stato un errore da parte mia. Un errore stupido, imperdonabile.

— Questo è irrilevante — lo interruppe lo straniero. — Intatto è ancora il corpo dell'uomo?

— Be', sì — disse Walton, sorpreso. Si chiese cosa avesse in mente lo straniero. — È nella nostra morgue, in questo momento. Ma…

Lo straniero scomparve dallo schermo per un istante, e Walton lo sentì parlare con qualcuno che non era inquadrato dalla telecamera. Poi il dirnano ritornò.

— Tecniche esistono per ricuperare informazioni da persone morte di fresco — disse Thogran Klayrn. — Nessuna avete di esse loro, sulla Terra?

— Ricuperare informazioni? — ripeté Walton, balbettando. — No, non ne abbiamo.

— Purtuttavia esse loro esistono invero. Sulla Terra un congegno simile all'elettroencefalografo possedete forse?

— Naturalmente.

— Laonde per cui, possibile è ancora estrarre i dati dal cervello di quest'uomo morto. — Lo straniero ansimò ansiosamente. — Che al corpo nulla di male succeda lei provveda. Io sarò in breve alla città sua.

Per un istante, Walton non riuscì a capire.

Poi pensò: Naturalmente. Doveva andare così.

Si rese conto che la smagliatura era stata riparata, che i suoi errori erano stati cancellati, che la sua coscienza aveva avuto un rimprovero, ma tutto a fin di bene. Provò un senso assurdo di gratitudine. Sarebbe stato intollerabile, se tutti i suoi sforzi fossero stati annullati così, all'ultimo momento.

Adesso, l'opera era compiuta.

— Grazie — disse, con improvviso fervore. — Grazie!

14 Maggio 2233…

Roy Walton, direttore del Piano per il Controllo della Popolazione, era in piedi, sudato, sotto il sole dell'astroporto di Nairobi, e guardava la fila di persone sorridenti che salivano a bordo della grande astronave dorata.

Un uomo poderoso che stringeva in braccio un bambino si avvicinò a lui.

— Salve, Walton — disse, con voce profonda e maestosa. Walton si voltò, sorpreso.

— Prior! — esclamò, dopo un attimo di esitazione.

— E questo è mio figlio Philip — disse Prior. — Partiamo entrambi per la colonia. Mia moglie è già a bordo, ma io volevo prima ringraziarla…

Walton guardò il bambino felice, dalle guance rosse e paffute.

— C'è stato un accurato controllo medico per tutti i volontari. Com'è riuscito a passare suo figlio, "questa" volta?

— In maniera più che legittima — disse Prior, sorridendo. — È un bambino perfettamente sano, normale. Quella predisposizione era soltanto una predisposizione… potenziale, ecco. Philip ha avuto un certificato di abilità di tipo A-1, così il nuovo mondo e le sue distese sono aperti per la famiglia di Prior!

— Sono contento per lei — disse Walton, con aria assente. — Vorrei tanto partire anch'io.

— Perché non può farlo?

— C'è troppo lavoro, qui — disse Walton. — Se scriverà qualche poesia lassù, sarei felice di poterla leggere.

Prior scosse il capo.

— Ho l'impressione che sarò troppo occupato. La poesia, in realtà, è solo un povero sostituto della vita. Ormai l'ho capito. Sarò troppo occupato a "vivere" lassù, per riuscire a scrivere qualcosa.

— Forse — disse Walton. — Immagino che lei abbia ragione. Ma farà meglio a muoversi. L'astronave dovrebbe decollare tra poco.

— Certo. Grazie ancora, grazie di tutto — disse Prior, e se ne andò con suo figlio.

Walton li seguì con lo sguardo. Ripensò all'anno che era trascorso. "Almeno" si disse "ho pensato giusto in una circostanza. Il bambino meritava di vivere".

Il carico dell'astronave continuava. Mille coloni sarebbero partiti, in quel primo viaggio, e altri mille sarebbero partiti il giorno dopo, e poi, mille e mille e mille ancora, finché un miliardo di abitanti della Terra non fosse stato sul nuovo mondo. C'erano tanti, troppi documenti da compilare, per trasferire un miliardo di persone su un altro pianeta. La scrivania di Walton scricchiolava minacciosamente, sotto la montagna di documenti.

Sollevò lo sguardo. Non si vedeva nessuna stella, naturalmente, nel cielo di mezzogiorno, ma lui sapeva che Nuova Terra si trovava lassù: da qualche parte. E vicino a essa, Dirna.

"Un giorno" pensò "anche noi impareremo a controllare la nostra crescita. E in quel giorno i dirnani ci restituiranno la nostra formula dell'immortalità".

Si udì l'improvviso ululato della sirena che chiamava a raccolta i coloni, e pochi istanti dopo un'altra sirena fece udire il suo gemito, e l'astronave numero uno partì dalla Terra, rimase sospesa per qualche istante, sorretta da una rossa colonna di fuoco e scomparve. Il direttore Walton guardò il punto in cui l'astronave era stata fino a pochi istanti prima, e, dopo un momento, si voltò. C'era tanto lavoro che lo aspettava a New York.