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«Fra un pò verrò a portare le coperte,» disse il gestore.

«Grazie, Grant,» disse Rand.

Il gestore se ne andò. La porta che dava nella parte anteriore dell’edificio si chiuse dietro di lui con un rumore lieve come un sospiro.

Rand versò il liquore.

«Per essere sincero,» disse, «se non vuoi, non sei obbligato a restare.»

«No?»

«Io me ne ritorno all’Amo. Attraverso il transo. Tu potresti venire con me.»

Blaine tacque. Rand gli porse il bicchiere.

«Beh, cosa decidi?» chiese.

Blaine rise.

«La stai facendo troppo facile.»

«Può darsi,» disse Rand.

Bevve un sorso e si sistemò più comodamente sulla poltrona.

«Posso capire la faccenda dell’alieno,» disse. «Si tratta di un rischio professionale che può capitare a qualsiasi viaggiatore. Ma che c’entra la macchina delle stelle? Tu sei in combutta con Stone, naturalmente.»

«Tu sai che Stone è morto.»

«No, questo non lo sapevo.» Ma il suo tono era tutt’altro che convincente.

E improvvisamente, dal tono della voce di Rand, per una intuizione inspiegabile, Blaine seppe che a Rand non importava che Stone fosse morto e che Finn fosse in città. Per lui non contava affatto. O forse si trattava di qualcosa di diverso. Poteva darsi che Rand fosse contento di sapere che Stone era morto, e che approvasse in buona parte ciò che stava facendo Finn. Perché il monopolio dell’Amo era fondato su di un mondo di non-para, su tutti i milioni di persone che erano costrette a rivolgersi all’Amo per il commercio con le stelle. Perciò l’Amo e Rand, comprese Blaine con un trasalimento improvviso, potevano essere addirittura favorevoli allo sviluppo della crociata di Finn, fino alla sua inevitabile conclusione.

E se questo era vero, poteva darsi che fosse stato l’Amo, e non Finn, a sferrare il colpo mortale contro Stone?

Arretrò davanti a quel pensiero, ma ormai gli si era conficcato nel cervello… perché la situazione si andava rivelando diversa da quella che aveva immaginato: non si trattava più semplicemente di una lotta fra Stone e Finn.

Sarebbe stato meglio, si disse, dichiarare immediatamente di non avere il minimo legame con la macchina delle stelle. Forse avrebbe dovuto dirlo subito, nel deposito, quando Rand vi aveva accennato per la prima volta. Ma se avesse detto la verità, se ora avesse detto a Rand che fino a poche ore prima lui non sapeva nulla della macchina delle stelle, probabilmente avrebbe perduto un elemento piuttosto importante per un negoziato. E, anche se glielo avesse detto, probabilmente Rand si sarebbe rifiutato di credergli: perché lui, in fin dei conti, aveva aiutato Riley a riparare il camion per quasi tutto il percorso, dal Messico alle rive del Missouri.

«Ci avete messo parecchio tempo a raggiungermi,» disse Blaine. «State perdendo la vostra efficienza? Oppure vi stavate divertendo alle mie spalle?»

Rand aggrottò la fronte.

«Ti avevamo quasi perduto, Shep. Ti avevamo identificato in quel paese dove stavano per impiccarti.»

«E tu eri là, quella notte?»

«Non personalmente.» disse Rand. «Ma c’erano alcuni dei miei uomini.»

«E mi avreste lasciato impiccare?»

«Ecco, per essere sincero, non eravamo tutti dello stesso parere. Ma tu ci hai tolto il disturbo di decidere.»

«Ma altrimenti…»

«Credo che, molto probabilmente, ti avremmo lasciato impiccare. C’era la possibilità, è naturale, che se ti avessimo tirato fuori da quel pasticcio, tu ci portassi alla macchina delle stelle. Ma a quel punto eravamo sicuri che saremmo riusciti a rintracciarla da soli.»

Sbatté il bicchiere sulla tavola.

«Che razza di pazzia!» gridò. «Trasportare una macchina di quel genere a bordo di quel catorcio. Cosa…»

«Semplicissimo,» disse Blaine, rispondendo a nome di Stone. «E tu conosci la spiegazione come la conosco io. Nessuno sarebbe stato tanto pazzo da fare una cosa simile. Se tu avessi rubato qualcosa di molto prezioso, lo porteresti il più lontano possibile e il più rapidamente possibile…»

«Lo farebbe chiunque,» disse Rand.

Vide Blaine che sogghignava e sogghignò a sua volta.

«Shep,» disse, «sii sincero con me. Eravamo buoni amici, una volta. E forse, a quanto ne so io, ancora adesso noi due siamo ottimi amici.»

«Che cosa vuoi sapere?»

«Tu hai portato quella macchina da qualche parte, poco fa.»

Blaine annuì.

«E puoi riportarla indietro?»

«No,» rispose Blaine. «Sono assolutamente sicuro che è impossibile. È stato… beh, è stato un pò come giocare uno scherzo a qualcuno.»

«A me, per caso?»

«Non a te. A Lambert Finn.»

«Finn non ti piace, non è vero?»

«Non lo conosco neppure.»

Rand riprese la bottiglia e tornò a riempire i bicchieri. Bevve metà del suo liquore, poi si alzò.

«Adesso devo andare,» disse, dando un’occhiata all’orologio. «Una delle feste di Charline. Non vorrei perderla per niente al mondo. Sei sicuro di non voler venire? Charline sarebbe felicissima di rivederti.»

«No, ti ringrazio. Preferisco restare qui. Porta i miei saluti a Freddy.»

«Freddy,» disse Rand, «non è più con noi.»

Blaine si alzò e accompagnò Rand fino al transo. Rand aprì lo sportello. L’interno della macchina sembrava quello di un comune montacarichi.

«Peccato,» disse Rand, «che non possiamo adoperarlo nello spazio. Si libererebbe una quantità di personale.»

«Immagino,» disse Blaine, «che ci stiate lavorando sopra.»

«Oh, certamente,» rispose Rand. «Si tratta soltanto di rifinire meglio i comandi.»

Tese la mano.

«Ti saluto, Shep. Ci vediamo.»

«Addio, Kirby,» disse Blaine. «Spero che non ci rivedremo mai più.»

Rand sogghignò, entrò nella macchina e richiuse lo sportello. Non vi furono lampi di luce… nulla che indicasse che la macchina fosse entrata in funzione.

Eppure ormai, Blaine lo sapeva, Kirby Rand era ritornato all’Amo.

Voltò le spalle al transo, e si avviò di nuovo verso la poltrona accanto al fuoco.

La porta che dava sul negozio si spalancò, ed entrò Grant. Teneva una vestaglia a strisce ripiegata sul braccio.

«L’ho trovata,» annunciò. «Avevo addirittura dimenticato di averla.»

Si tolse la vestaglia dal braccio e la spiegò.

«Non è una meraviglia?» chiese.

Era una meraviglia. Era una specie di pelliccia, e c’era qualcosa che faceva scintillare il pelo nella luce delle fiamme, come se qualcuno l’avesse cosparsa d’una miriade di minuscoli frammenti di diamante. Era di un colore giallo dorato, a strisce nere disposte diagonalmente, e sembrava più simile alla seta che ad una pelliccia.

«Era qui da diversi anni,» disse Grant. «C’era un tale che faceva il campeggio sul fiume… Venne qui e me la ordinò. L’Amo ebbe qualche difficoltà a trovarne una così su due piedi, ma alla fine la trovò e me la consegnò. Come lei sa, signore, ci riesce sempre.»

«Sì, lo so,» disse Blaine.

«E poi quell’uomo non si fece più vedere. Ma la pelliccia era così bella che non sono mai riuscito a decidermi a rimandarla indietro. L’ho tenuta nell’inventario, facendo finta che un giorno o l’altro avrei avuto la possibilità di venderla. Naturalmente, non ci riuscirò. Costa troppo, per una città miserabile come questa.»

«Che cos’è?»

«La pelliccia più calda, più leggera, più morbida dell’universo. L’adoperano soprattutto i campeggiatori. È infinitamente meglio di un sacco a pelo.»

«Ma non posso adoperarla,» protestò Blaine. «Mi basta una coperta normale…»

«Deve prenderla,» gli disse Grant. «Come un favore personale, signore. Non posso offrirle una sistemazione decente, e me ne vergogno moltissimo. Ma se sapessi che, almeno, lei dorme in un articolo di lusso…»