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«No,» disse lui.

«Ma non ci sono soltanto loro,» disse Anita. «Ci siamo anche tutti noi. E noi ti ascolteremo.»

E aveva ragione, naturalmente.

C’erano tutti gli altri.

Anita e tutti gli altri. Le donne e i bambini e gli altri uomini che non erano i maggiorenti del villaggio. Perché era l’autorità che rendeva gli uomini sospettosi. L’autorità e la responsabilità li cambiavano, li trasformavano in una specie di organizzazione che cercava di pensare come un’organizzazione, e non come una persona.

E in questo, un para od una comunità di para non erano diversi da una persona normale o da una comunità di persone normali. Le facoltà paranormali, in fin dei conti, non cambiavano un individuo: gli offrivano semplicemente la possibilità di diventare migliore.

«Non ce l’hai fatta,» disse Anita. «Non potevamo pretendere che ce la facessi. Ma hai tentato, e questo è sufficiente.»

Blaine avanzò di un passo verso di lei.

«Ma ce l’ho fatta,» disse.

Adesso stavano venendo tutti verso di lui, tutti quanti, una massa di persone che avanzavano lentamente, silenziosamente, verso di lui. E in testa a tutti c’era Anita.

Lo raggiunse e si fermò davanti a lui e alzò gli occhi per guardarlo in faccia. Poi parlò, senza alzare la voce.

«Dove sei stato?» domandò. «Alcuni di noi sono andati a cercarti, sul fiume. Abbiamo trovato la canoa.»

Blaine tese un braccio, afferrò Anita e l’attirò al suo fianco, la tenne stretta a sè.

«Te lo dirò,» le disse. «Fra poco. E questa gente?»

«Hanno tutti paura,» disse lei. «Si aggrapperanno a qualunque speranza.»

La folla si arrestò ad una dozzina di passi di distanza, e un uomo che stava in prima fila parlò.

«Tu sei l’uomo dell’Amo.»

Blaine annuì.

«Ero dell’Amo. Ma adesso non sono più con quelli.»

«Come Finn?»

«Come Finn,» ammise Blaine.

«E come Stone,» disse Anita. «Anche Stone era dell’Amo.»

«Voi avete paura,» disse Blaine. «Avete paura di me e di Finn e del mondo intero. Ma io ho trovato un posto dove non dovrete avere paura, mai più. Ho trovato un mondo nuovo, per voi: e, se lo volete, è vostro.»

«Che genere di mondo, signor mio? Uno dei mondi alieni?»

«Un mondo come la migliore delle Terre,» disse Blaine. «Io sono appena ritornato …»

«Ma è sceso dalla collina. L’abbiamo visto mentre scendeva dalla collina…»

«State zitti, stupidi!» gridò Anita. «Dategli la possibilità di spiegarsi!»

«Ho trovato un sistema,» disse Blaine. «O l’ho rubato, se preferite… per andare fra le stelle con la mente e con il corpo. Io sono andato fra le stelle, ieri sera. E sono ritornato questa mattina. Non è necessaria nessuna macchina. Tutto ciò che occorre è un po’ di comprensione.»

«Ma come possiamo sapere…»

«Non potete saperlo,» disse Blaine. «Dovete rischiare, ecco tutto.»

«Ma neppure l’Amo…»

«Ieri sera,» disse Blaine, «lentamente, l’Amo è diventato una cosa superata. Non abbiamo più bisogno dell’Amo. Possiamo andare dovunque vogliamo. Non abbiamo bisogno di macchine. Ci bastano le nostre menti. E questo è il fine ultimo di tutte le ricerche paranormali. Le macchine non sono mai state altro che grucce per aiutare le nostre menti zoppicanti. Ma adesso possiamo buttare via le grucce. Non ci servono più.»

Una donna dal volto scarno si fece largo in mezzo alla folla.

«Tagliamo corto con tutte queste chiacchiere,» disse. «Lei afferma di avere trovato un pianeta?»

«Sì,» disse Blaine.

«E può portarci lassù?»

«Non c’è bisogno che vi ci porti qualcuno. Potete andarci da soli.»

«Lei è uno di noi, giovanotto. Ha una faccia onesta. Non ci sta mentendo?»

Blaine sorrise.

«No.»

«E allora ci dica come si fa.»

Qualcuno gridò: «Possiamo portare un po’ di roba, con noi?»

Blaine scosse il capo.

«Non molta. Una madre può portare in braccio il suo bambino. Potete riempire uno zaino e caricarvelo sulle spalle. Potreste prendere una borsa, una valigia. Potreste portarvi dietro un badile o un forcone e qualche altro attrezzo.»

Un uomo uscì dalla prima fila.

«Dovremo pensarci bene. Dovremo decidere che cosa vogliamo portarci dietro. Avremo bisogno di viveri e di semi e di qualche vestito e di utensili…»

«Potrete tornare a prendere quello che vi serve,» disse Blaine.

«Quando vorrete. Non è per niente difficile.»

«Bene,» disse la donna dal volto scarno. «Cosa stiamo qui a fare? Mettiamoci al lavoro. Ci spiega come si fa, giovanotto?»

«C’è solo una cosa,» disse Blaine. «Ci sono telepatici capaci di comunicare a grande distanza, qui?»

«Io,» disse la donna. «Io, e Myrtle, laggiù, e là, più indietro, c’è Jim e…»

«Dovrete passare parola. A tutti quelli che potete. E quelli che avvertirete dovranno avvertire altri. Dobbiamo aprire i cancelli a tutti quelli che possiamo.»

La donna annuì.

«Ce lo spieghi,» disse.

Vi fu un mormorio, fra la folla: avanzarono, tutti insieme, fluendo attorno a Blaine e ad Anita, formando un cerchio attorno a loro.

«Va bene,» disse Blaine. «Inseritevi.»

Li sentì inserirsi nella sua mente, delicatamente, come se stessero per fondersi con lui.

Ma non era così, pensò. Lui stava diventando una cosa sola con loro. Lì, in quel cerchio, le tante menti erano diventate una sola mente. C’era un profumo di lillà primaverili e l’aroma sottile della nebbia notturna sul fiume che saliva verso i campi, e il senso dei colori dell’autunno, quando le colline venivano dipinte di porpora dall’estate di San Martino. C’era il crepitare di un fuoco di legna che ardeva in un caminetto, e il cane che se ne stava sdraiato a dormire accanto al fuoco, e la nenia cantata dal vento che frusciava fra le gronde. C’era la sensazione della casa e degli amici, di belle mattine e di notti tranquille, dei vicini che stavano dall’altra parte della strada e il rintocco delle campane della chiesa.

Avrebbe voluto rimanere sempre lì; ma spazzò via tutto.

Queste sono le coordinate del pianeta dove andrete, disse.

Diede loro le coordinate e tornò a ripeterle, perché non ci fossero possibilità di errore.

E questo è il modo per andarci.

Trasse fuori la viscida conoscenza aliena e la tenne davanti a loro perché la guardassero, fino a quando vi si abituarono, e poi, passo per passo, mostrò loro la tecnica e la logica, anche se in realtà non ve n’era affatto bisogno, perché quando avevano veduto la conoscenza, la tecnica e la logica diventavano immediatamente chiarissime.

Poi le ripeté ancora, perché non vi fossero equivoci.

Le menti si ritrassero dalla sua, e lui rimase solo, con Anita al fianco.

Si accorse che lo stavano fissando, e indietreggiavano.

Che succede, adesso? chiese ad Anita.

Lei rabbrividì.

Era orribile.

Naturalmente. Ma ho visto di peggio.

Ed era vero, ovviamente. Lui aveva visto di peggio, ma quella gente no. Avevano vissuto per tutta la vita sulla Terra: non conoscevano altro che la Terra. Non avevano mai toccato veramente un concetto alieno, e quel concetto era infinitamente alieno. In realtà, non era viscido come sembrava. Era soltanto alieno. C’erano molte cose aliene che facevano rizzare i capelli in testa ad un essere umano, mentre, nel loro contesto alieno, erano assolutamente normali.

Se ne serviranno? chiese Blaine.

Fu la donna dal viso scarno a rispondergli.

Ho sentito, giovanotto. È una cosa sporca, ma ce ne serviremo. Che altro potremmo fare?

Potreste restare qui.