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Alzandosi, Marjorie osservò i pannelli intagliati da Persun Pollut con la mano sinistra. Il primo esprimeva grande vitalità, benché fosse piuttosto rozzo, mentre gli ultimi erano assai più raffinati. Persun era davvero un grande artista: troppo grande per restare su Grass. Altrove, i medici avrebbero potuto clonargli una mano destra nuova. Ma presto il legame che lo avvinceva al pianeta sarebbe stato reciso, e allora, forse, sarebbe partito.

Chiuso lo scrittoio, Marjorie lo prese per la maniglia e uscì per seguire i due ragazzi. Intorno a lei si muovevano e parlavano gli ologrammi degli Arbai, la cui lingua era stata tradotta, i cui misteri erano stati svelati: di fronte al male, avevano scelto di morire. Marjorie era addolorata dalla loro sorte, ma non li rimpiangeva, perché erano stati troppo buoni per fare del bene, come aveva detto qualcuno una volta: Rillibee, pensò. Rillibee, che ama Stella.

— Come sta oggi frate Mainoa? — chiese Marjorie, avvicinandosi ai due ragazzi seduti accanto alla tomba.

Stella era curva a pulire l’erba fragrante: — Si sentirà solo, quando ce ne saremo andati.

— Non credo. — Marjorie si volse lentamente ad abbracciare con lo sguardo tutto il prato: entro il recinto che lo proteggeva, l’apparecchio di teletrasporto splendeva di luce opalescente; i giunchi frusciavano ai margini della palude; gli alberi frondosi svettavano come torri di oro struggente. Poi sorrise ai giovani: — No, non credo che frate Mainoa si sentirà solo. Era troppo interessato a quello che accade durante l’inverno. Inoltre le volpi verranno a parlargli: loro possono salire in superficie, in inverno.

— Cosa stai facendo? — chiese Rillibee, indicando lo scrittoio. — Scrivi un libro?

Con riluttanza, Marjorie scosse la testa: — Rigo ha chiesto di nuovo spiegazioni.

— Padre James dice che forse sta cercando di accumulare prove per poter sciogliere il vostro matrimonio.

Dopo breve riflessione, Marjorie rise: — Non ci avevo pensato, ma è probabile! Senza dubbio è sobillato da padre Sandoval. Può darsi che le leggi siano cambiate, sulla Terra, e che ora gli sia concesso di formare una nuova famiglia. Be’, comunque questa è forse la mia ultima occasione per cercare di parlargli della sua vecchia famiglia. — E scrollò le spalle, scrutando con calma il ragazzo.

— Sei sempre decisa a…

— Non si tratta di una decisione, Rillibee: ho fatto una promessa. E ho sempre cercato di mantenere le mie promesse, quando ho potuto.

— Di’ a papà che Rillibee ed io avremo un figlio — annunciò Stella. — Diglielo. Lo chiameremo Joshua, se sarà maschio, o Miriam, se sarà femmina.

Erano due dei nomi magici che Rillibee avrebbe difeso come sacri anche contro tutti i demoni dell’inferno. Avrebbe dato uno di quei nomi al figlio, come se avesse affidato una farfalla alle tenebre: in futuro, col tempo, i suoi discendenti avrebbero illuminato il nulla con la luce di quei nomi, simili agli ardenti nomi delle stelle.

Risolvendo di non dir nulla a Rigo, perché non avrebbe capito, Marjorie sorrise.

In quel momento, giunsero dall’alto un trillo e un brontolamento: volpi.

Con un trillo, Marjorie rispose. Dal prato vicino, un cavallo replicò con un nitrito.

D’un tratto, Stella domandò: — Hai visto il nuovo puledro?

Marjorie annuì: — Sì, stamane. Madre e figlio stanno bene. Per la verità, tutti e sedici i cavalli stanno bene. Le volpi hanno parlato nuovamente ai puledri: continuano a guardarmi in un modo così perspicace! L’ultimo puledrino di Stella Azzurra è identico a Don Chisciotte: il sindaco Bee sarà terribilmente entusiasta.

— Darai il puledro al sindaco? — chiese Rillibee.

— Be’, gliel’ho promesso. Alcuni Hippae sono comparsi al villaggio proibito nei pressi di Klive, e il sindaco vuol guidare la spedizione.

— Secondo il piano — commentò il ragazzo.

— Secondo il piano — fece eco Stella.

Secondo il piano, pensò Marjorie. Quindi sedette, si pose lo scrittoio in grembo e lo guardò con rassegnazione. Probabilmente padre James aveva ragione: Rigo voleva prove di abbandono del tetto coniugale e apostasia.

— Vado a dare il cambio a Tony — disse Rillibee. — Sta istruendo Dimity e Janetta, anche se ormai è chiaro a tutti che non si riprenderanno mai. Non capisco proprio perché insista.

— Perché è ostinato come me — rispose Marjorie. — Ha detto niente? — chiese, con una certa ansia. — Cosa farà quando…?

Aggrondato, Rillibee annuì: — Ha meditato a lungo sulla richiesta di suo padre, e dato che lui e Stella sono gli unici figli che gli è stato consentito di avere, ha deciso di tornare sulla Terra, almeno per qualche tempo. Gli sembra che sia giusto. — Strinse la mano a Marjorie, condividendo la sua delusione, poi si allontanò insieme a Stella, per tornare su, alla Città Arborica.

Marjorie sospirò. Aveva sperato che Tony restasse. In inverno avrebbe potuto vivere in società al Comune, acquistando esperienza e stringendo amicizie. In primavera, con Emmy e Rowena, Amy bon Damfels si sarebbe recata alla Città Arborica. Marjorie aveva sperato che lei e Tony. D’altronde, se lui voleva tornare sulla Terra. Era ancora molto giovane: forse sentiva la necessità di avere almeno un genitore.

Riaperto lo scrittoio, Marjorie pensò: Se Rigo vuol prove della mia follia, della mia eresia, o di chissà cos’altro, perché non dargliele? E cominciò un nuovo paragrafo:

Non occorre che tu faccia appello ai miei doveri religiosi, Rigo: non li ho affatto dimenticati.

Fu per compiere una missione che ci recammo insieme su Grass. Mi ero abituata al dovere, sulla Terra, e mi preoccupavo molto del decoro. Quantunque sapessi che le mie attività filantropiche servivano a ben poco, insistevo a compierle per puro senso del dovere. Tuttavia, ho capito di recente che non ero molto diversa dai bon: come loro erano schiavi degli Hippae, così lo ero io delle convenzioni. Sono stata una bambina e una donna molto ubbediente, molto scrupolosa: mi confessavo regolarmente, seguivo i consigli del mio confessore, compivo buone azioni, e mi sentivo persino colpevole se talvolta commettevo piccole violazioni della legge umana per agire nel rispetto di quella divina, che prescrive la pietà. Ti ero fedele perché era mio dovere, e rispettavo il dovere perché credevo che altrimenti avrei offeso Dio.

Su Grass, ho trovato altri doveri. Mi sono scoperta a pensare al futuro in cui, morendo, non avrei più avuto doveri: appena quarantenne, terrestre, desideravo morire per potermi sbarazzare di tutti quegli obblighi! Così, un giorno, mi sono addentrata nella prateria, a corteggiare la morte. Ma quella che mi si è offerta non è stata una vera morte, e l’orrore mi ha indotta a rendermi conto di quello che stavo facendo.

Semplicemente, il dovere non era sufficiente: doveva esservi qualcosa di più.

Padre James mi suggerì che forse siamo microrganismi. Adesso mi rendo conto che scherzava, è convinto che io sia priva di senso dell’umorismo, e in effetti è così: lo dicono tutti, persino Tony. Ma proprio per questo lo presi sul serio, e in seguito pensai che forse siamo come i globuli bianchi o i neurormoni, guerrieri o messaggeri, i quali hanno uno scopo, o almeno una funzione nell’organismo, e si sono evoluti per assolverla. Dunque è possibile che noi, nell’organismo che abitiamo, ossia nel macrocosmo, ci siamo evoluti o ci stiamo evolvendo per perseguire uno scopo simile o assolvere una funzione simile, anche se, io credo, siamo soltanto creature minuscole.

Dall’alto del fogliame giunse la voce di padre James che discuteva con le volpi. Da quando era a capo di una missione ufficiale fra le volpi, discuteva molto, e quando la sua logica era debole, alzava la voce. Ultimamente discuteva dei peccati della carne e alzava molto spesso la voce, perché le volpi, che non credevano affatto in questo genere di peccati, rispondevano ai suoi argomenti citandogli le Sacre Scritture che lui stesso aveva fatto loro conoscere.