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Oltre il prato, uno dei pappagalli rossi e blu di Rillibee ripeté più volte fra sé e sé: — Songbird Chime. Joshua Chime. Miriam Chime. Stella.

Marjorie riprese a scrivere:

Quando l’umanità credeva di essere l’unica forma di vita intelligente ed era convinta che la Terra fosse l’unico pianeta abitato, era forse giusto credere che ogni individuo avesse importanza per se stesso. Eravamo ignoranti: come le rane, ognuna delle quali pensa che il suo stagno sia il centro dell’universo, credevamo che Dio si preoccupasse per ognuno di noi. È strano: credere che la superbia sia peccato, e abbandonarsi a tale arroganza.

Sarebbe bastato guardare attorno per capire quanto fosse sciocca la nostra concezione. Forse che il contadino conosce per nome ognuno dei semi che pianta, o l’apicoltore le sue api? Forse che l’allevatore conosce e distingue ogni filo d’erba del suo pascolo? A confronto con la vastità del creato, cosa siamo noi, se non creature così minuscole come le api, i semi di grano e i fili d’erba?

Eppure, il grano diventa pane, le api producono miele, l’erba nutre gli armenti o forma i giardini. Le creature minuscole non sono importanti per la loro individualità, bensì per quello che diventano, se si trasformano.

Gli Arbai fallirono perché non si trasformarono. L’umanità ha quasi fallito perché è rimasta troppo a lungo sulla Terra e poi è partita soltanto perché, dopo aver rovinato il pianeta, non aveva altra scelta, se non perire. In seguito, quando ci siamo spinti abbastanza lontano da trovare nuovi pianeti, abbiamo consentito alla Santità di bloccare la nostra evoluzione: «Popolate i mondi che avete scoperto», essa diceva, «ma non cercatene altri, non rischiate». E noi, per non correre rischi, ci siamo fermati, ci siamo moltiplicati, e non ci siamo evoluti: non ci siamo trasformati.

Nell’udire un trillo alle proprie spalle, Marjorie non ebbe bisogno di volgersi per sapere di chi si trattava.

Con la delicatezza di una foglia che cade, con un artiglio a malapena snudato, Egli le accarezzò il collo.

— E adesso? — sospirò Marjorie.

Egli lasciò cadere lo zaino accanto a lei.

Marjorie esitò: — Non ho detto addio a Tony e a Stella!

Silenzio.

In verità, Marjorie aveva detto addio: ogni ora della passata stagione era stata un addio, e quella stessa mattina padre James le aveva accordato la sua benedizione. Non restava altro da dire.

Ancora una volta, Egli la accarezzò.

— Devo finire questa lettera — disse Marjorie, curvandosi di nuovo a scrivere:

Eppure la trasformazione deve avvenire, il rischio deve essere affrontato: Dio sa che siamo abbastanza numerosi da poter sopportare alcune perdite! Altrimenti, perché mai saremmo in tanti? E sebbene i fili d’erba diventino innumerevoli come le stelle, è necessario che germogli un primo filo d’erba per creare un prato.

Quantunque Marjorie non avesse detto addio a Persun, tutto considerato era forse meglio così.

Una volpe ed io stiamo partendo per un viaggio. Non sappiamo se arriveremo da qualche parte, né se potremo tornare. In caso contrario, prima o poi tornerà qualcun altro. Siamo in numero sufficiente per poter continuare a tentare fino a quando sarà necessario.

Di nuovo Egli la stuzzicò con l’artiglio.

Consapevole che la lettera non avrebbe comunicato a Rigo quello che lui stesso voleva sapere, e forse neppure quello che lei stessa intendeva esprimere, Marjorie sfogliò le pagine. Cos’altro avrebbe potuto esprimere, se avesse avuto il tempo di scrivere un’altra lettera? Forse, se gli eventi si fossero svolti in maniera diversa, Rigo avrebbe potuto essere con lei, quel giorno. Invece, lui aveva scelto di tornare, e lei di proseguire, e nessuna scelta era riprovevole.

Alzando gli occhi alla Città Arborica, vide guizzare le ombre e le luci delle fronde scosse dal vento. Decise di lasciare la lettera nello scrittoio: Rillibee o Tony l’avrebbero trovata e si sarebbero incaricati di spedirla. Non aveva mai desiderato una partenza solenne.

Il messaggio telepatico di Primo giunse come uno squillo di tromba: Ora! Ora!

Molte altre volpi erano con Lui: anche se Marjorie non aveva desiderato una partenza solenne, erano venute per dire addio.

Nel vergare le ultime parole e firmare, Marjorie si chiese se Rigo avrebbe tratto sollievo o irritazione dall’impossibilità di seguirla e raggiungerla. In qual modo si sarebbe servito della lettera? Deposto lo scrittoio chiuso sulla tomba di Mainoa, pensò: Il dovere è compiuto, ma restano alcune promesse da mantenere.

Con le volpi tutt’intorno, Marjorie montò sulla schiena della creatura favolosa che ormai conosceva così bene, e si accomodò. A circa cento metri di distanza, l’apparecchio di teletrasporto degli Arbai scintillava come madreperla: un lampeggiante velo di mistero all’interno dell’ovale di metallo ritorto. Esisteva soltanto un modo per sperimentarlo: varcarlo.

Decoro, pensò Marjorie, nell’avvicinarsi all’apparecchio assieme a Lui. Ognuno dovrebbe andare incontro al proprio destino con decoro. Poi disse: — Marjorie! — E pronunciò le ultime parole che aveva scritto per poterne udire il suono, giacché Lui non la conosceva come Marjorie, perciò quella era forse l’ultima volta che avrebbe udito il proprio nome.

Marjorie,

per grazia di Dio, erba.

Amen.

FINE