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— Questo, ne convengo, è senza dubbio il punto di vista attuale del Consiglio degli Anziani. Tuttavia…

— In ogni caso — interruppe Cory — abbiamo bisogno di sorvegliare gli Yrarier per essere sempre al corrente delle loro attività. Non mi avevi forse detto che Nods è stato inviato su Grass, fra i penitenti, come direttore del dipartimento della Dottrina Accettabile? Oppure me l’ha detto qualcun altro?

— Dev’essere stato qualcun altro. Ti riferisci al nostro vecchio amico Noddingale?

— Proprio lui, anche se adesso ha assunto uno di quegli strani nomi che sono tipici dei Frati Verdi: Jhamlees, Jhamlees Zoe.

— Jhamlees Zoe? — Hallers rise a crepapelle.

— Non ridere. I Frati sono assolutamente seri in merito ai loro nomi religiosi. Aspetta un attimo. Scrivo un messaggio che dovrai far camuffare con una lettera ufficiale: usa un plico esplosivo a combinazione, e spediscilo con la stessa nave che trasporterà gli Yrarier. — Ciò detto, Cory sedette alla propria scrivania e cominciò a scrivere, con una certa difficoltà: «Mio caro vecchio amico Nods.»

Allora Hallers, curvandosi a guardare sopra la sua spalla, osò esprimere una propria curiosità: — Tutti dicono che il vecchio Prelato morirà fra poche ore. Credi, Cory, che il nuovo Prelato la penserà allo stesso modo sul nostro consolidamento e sull’abbandono di alcuni mondi, ehm, al loro destino?

— Il nuovo Prelato? — Cory rise con divertimento sincero, nel girarsi a gettare uno sguardo fanatico all’amico: — Vuoi dire che non lo sai ancora? Ah! Ma certo! Sei stato assente a lungo! Ebbene, il Consiglio degli Anziani si è riunito, una settimana fa, e ha deciso che il nuovo Prelato… sarò io!

4

— Sembra che sia inverno da sempre — osservò Marjorie Westriding Yrarier, badando a mantenere un tono neutro, dato che anche il minimo accenno di malcontento sarebbe stato ben poco diplomatico. Tuttavia era convinta che il suo ospite e la sua guida, l’obermun Jerril bon Haunser, non si sarebbe mai lasciato offendere da una semplice opinione, perché ciò sarebbe stato ancor meno diplomatico che insultare. Osservandone il volto angoloso, lungo ed energico, Marjorie si chiese se l’obermun sarebbe mai riuscito nell’incarico che senza dubbio gli era stato affidato, ossia quello di imparare a conoscerla il più presto possibile: a giudicare dal suo aspetto, infatti, sembrava che non gli importasse granché degli altri, né di quello che pensavano.

Benché ciò fosse del tutto insolito da parte sua, Jerril tentò un sorriso affascinante, e spiegò, nel Terrestre dall’accento molto marcato che usava come lingua diplomatica: — Anche quando arriverà l’estate, avrete l’impressione che non vi sia mai stata nessun’altra stagione. Su Grass, tutte le stagioni sono eterne. L’estate non finisce mai, e così pure l’autunno. E sebbene in questo momento non sia ancora percettibile, la primavera sta per cominciare.

Dalla finestra della villa, che sorgeva su un poggio, il paesaggio circostante sembrava un oceano sconfinato di grigi pastello e innumerevoli sfumature di oro pallido. Fra le erbe secche ondeggianti come flutti di un mare senza spiagge, erano sparse isole di grandi alberi nodosi, così ramoruti e frondosi da stagliarsi come solide masse nere contro il cielo torbido. Era un inizio di primavera molto dissimile da quello della Terra, dove le stagioni erano così diverse.

Nonostante l’entusiasmo suscitato in lei dalla missione diplomatica, Marjorie fu colta da uno struggente, nostalgico desiderio di tornare sul pianeta natale: — Come ci si accorge dell’arrivo della primavera? — domandò con sincera curiosità, volgendo le spalle alla finestra per riguardare bon Haunsen.

L’obermun e l’ambasciatrice si trovavano in una sala dell’estancia che era destinata a diventare l’ambasciata terrestre: la volta aveva costoloni color avorio; alte porte finestre si aprivano sul terrazzo; ogni movimento appariva riflesso dal pallido pavimento lucente come da una lastra di ghiaccio ricoperta da un sottile strato di polvere. Così alta, gelida ed echeggiante come le altre stanze che Jerril aveva mostrato a Marjorie, la sala sembrava talmente perfetta nella sua desolazione paralizzante, da non avere alcun bisogno di arredi e tendaggi.

L’estancia era diligentemente conservata, tuttavia era chiaro che non era più abitata da molto tempo, e Marjorie, lady Westriding, aveva l’impressione che la villa stessa preferisse la fredda semplicità dell’abbandono all’intrusione di mobili, tappeti e tendaggi, di cui si era abituata a fare a meno.

Ignaro della fantasticheria che l’ambasciatrice si era concessa, l’obermun suggerì: — Guardate le erbe lungo la scalinata del terrazzo. Cosa vedete?

Dopo aver osservato brevemente, Marjorie si convinse che l’ombra color ametista che vedeva, non era semplicemente una illusione dovuta alla luce così spesso ingannevole: — Erba purpurea? — chiese.

— Chiamiamo quella particolare varietà «manto regale». Su questo mondo esistono moltissime erbe di diverse forme e dimensioni, con una incredibilità varietà di colori e di sfumature. Anche i fiori non mancano, benché non corrispondano affatto al concetto che ne ha la Santità.

Al pari di quasi tutti coloro che gli Yrarier avevano incontrato su Grass, Jerril usava la parola «Santità» come sinonimo della Terra, però Marjorie resistette alla tentazione di correggerlo perché, se anche erano trascorse molte generazioni dall’epoca in cui la Santità era esistita soltanto sulla Terra, non si poteva negare che, sul pianeta natale dell’umanità, essa godesse di ubiquità e di una virtuale onnipotenza.

— Ho letto la descrizione dei Giardini d’Erba di Klive nell’opera di Snipopean — mormorò Marjorie, senza rivelare che quello era uno dei pochissimi libri su Grass che era riuscita a procurarsi. La Santità e la Terra non sapevano praticamente nulla sul pianeta d’erba. Occorrevano mesi per scambiare informazioni fra i due mondi, che non avevano mai intrattenuto relazioni diplomatiche. Quantunque si fosse proceduto con la massima celerità, erano trascorsi quasi due anni terrestri da quando gli aristocratici avevano accettato di accogliere un’ambasciata, e il vecchio zio Carlos, deceduto nel frattempo, aveva implorato Roderigo di recarsi con la famiglia in missione diplomatica. Dunque gli Yrarier dovevano recuperare il tempo perduto. In tono calmo, Marjorie soggiunse: — I Giardini d’Erba di Klive si trovano all’estancia dei Damfels, vero?

Jerril annuì: — Bon Damfels — precisò, accentuando il titolo onorifico. — Stavenger e Rowena bon Damfels sarebbero molto lieti di accogliervi, ma purtroppo in questo periodo sono in lutto.

— Ah — rispose Marjorie, in tono interrogativo.

— Di recente hanno perduto una figlia — spiegò Jerril, con ripugnanza e imbarazzo. — È accaduto durante la prima Caccia di primavera. Si è trattato, appunto, di un incidente di caccia.

— Mi dispiace molto. — replicò Marjorie. — Vorrei poter far loro le mie condoglianze. — Tacque per alcuni istanti, con una adeguata espressione di compassione, e intanto pensò: Cos’altro posso dire, senza rischiare di esagerare? Sarebbe offensivo manifestare curiosità? Di quale incidente di caccia può essersi mai trattato? Ma l’espressione dell’obermun indicava che sarebbe stato scortese porre domande, perciò Marjorie attese una spiegazione. Dopo un poco, quando le fu chiaro che l’obermun non intendeva fornirne alcuna, riprese l’argomento di poco prima, che non presentava alcun rischio: — Perché l’erba manto regale è purpurea alla base dello stelo?

— Fra pochi giorni il color porpora si diffonderà sino a metà dello stelo. Allora cominceranno a comparire gli splendidi colori che caratterizzano i giardini: rosa e ambra, turchese e smeraldo. Questa estancia è stata chiamata Collina d’Opale a causa dei colori che assume ogni primavera. Sono giardini giovani, questi, ma ben progettati. La zona pianeggiante alla base della scalinata è quella che chiamiamo una «prima superficie». Ogni giardino ha un prato pianeggiante di erba corta da cui si dipartono tutti i sentieri che lo percorrono. Entro una settimana, il vento intiepidirà. Siamo già entrati nella raccolta di primavera. Al termine del periodo.