— Tornerà — disse Salla. — Tornerà, con una gran voglia di fare un bel bagno caldo.
Poi, entrambe rimasero a fissare l’occidente, senza vedere null’altro che erba.
In fondo all’ampio corridoio, dalla parte opposta rispetto all’appartamento di Rowena, nella biblioteca scarsamente frequentata di Klive, alcuni aristocratici che avevano dovuto rinunciare alla Caccia si erano radunati per discutere un problema che li preoccupava da tempo. La persona più autorevole di Klive, dopo Stavenger, era il fratello di questi, Figor. Alcuni anni prima, in seguito ad uno degli incidenti di caccia che capitavano di frequente, Figor aveva smesso di cavalcare al seguito dei veltri; perciò, durante le stagioni di caccia, poteva assumersi le responsabilità dell’estancia, lasciando libero Stavenger di dedicarsi all’unica occupazione che giudicava importante.
Quel giorno, Figor ricevette Eric bon Haunser, Gerold bon Laupmon, e Gustave bon Smaerlok. Sebbene invalido, Gustave era ancora l’obermun bon Smaerlok, ossia il capo della famiglia Smaerlok; mentre Eric e Gerold erano soltanto fratelli dei loro capifamiglia, i quali stavano partecipando alla Caccia. I quattro erano radunati intorno a una grande tavola quadrata, in un angolo della sala fiocamente illuminata, ad esaminare un breve documento, il quale iniziava con una vistosa intestazione che includeva i nomi e gli attributi della Santità, e terminava con vari nastri, sigilli, e la firma del Prelato in persona.
Sia nel passato remoto che in quello più recente, gli aristocratici avevano risposto parecchie volte a documenti simili, perciò Gustave non celava la notevole impazienza che provava nel dover affrontare ancora quella fastidiosa incombenza: — Questa faccenda della missione della Santità sta diventando importuna — dichiarò, dalla sedia a rotelle che occupava ormai da vent’anni. — Dimoth bon Maukerden la pensa allo stesso modo: lo ha detto, quando gliel’ho chiesto, e si è persino infuriato. L’ho domandato pure a Yalph bon Bindersen, s anche lui la pensa così. Non ho ancora avuto occasione di recarmi da bon Tanlig, però Dimoth, Yalph e io concordiamo che qualunque cosa voglia la Santità, non ha nulla a che fare con noi: non intendiamo tollerare, qua, la presenza dei loro dannati fragras! Ci siamo trasferiti su Grass proprio per sfuggire alla Santità, perciò che la Santità se ne stia alla larga da noi! è già sufficiente aver concesso ai Frati Verdi di scavare alla città degli Arbai, su al nord. L’altrove deve rimanere altrove, e Grass deve rimanere Grass. Su questo siamo tutti d’accordo, dunque diciamolo anche a loro, una volta per tutte. È stagione di Caccia, per l’amor del cielo! Non abbiamo tempo per tutte queste assurdità! — Quantunque non cavalcasse più, Gustave non aveva perduto la sua ardente passione per la Caccia, perciò, ogni qualvolta il tempo glielo consentiva, vi assisteva da un silenzioso aerostato ad elica.
— Calma, Gustave — mormorò Figor, massaggiandosi il braccio sinistro con la mano destra, alla giuntura della protesi, e sentendo pulsare fra le dita il dolore che accompagnava senza posa la sua esistenza da due anni, rendendolo irritabile. Consapevole che tale irritazione derivava dal corpo anziché dallo spirito, badava sempre a non esprimerla. — Non è necessario che la nostra contrarietà si manifesti come una rivolta. È del tutto inutile accarezzare contropelo la Santità.
— Rivolta! — ruggì l’obermun. — E da quando i fragras della Santità governano su Grass? — Quantunque la parola fragras significasse semplicemente «straniero», egli se ne serviva nel modo in cui era di solito usata su Grass, ossia come il peggiore degli insulti.
— Calma, calma — ripeté Figor, il quale, sapendo che anche Gustave era facilmente irritabile perché soffriva molto, era sempre indulgente nei suoi confronti. — Sai bene che non intendevo «rivolta» in quel senso. Anche se non abbiamo nessuna affinità religiosa con la Santità, fingiamo pur sempre di averne rispetto. La Santità ha sede sulla Terra, e noi riconosciamo la Terra come centro dell’attività diplomatica, custode del nostro retaggio culturale, eterna culla dell’umanità, e così via. — Sospirò, massaggiandosi ancora, mentre Gustave sbuffava d’impazienza, pur senza interromperlo. Quindi proseguì: — Molti hanno profonda considerazione per la nostra storia, Gustave. Persino noi stessi non la ignoriamo del tutto. Durante le conferenze usiamo l’antico linguaggio, inoltre istruiamo i nostri figli nell’idioma terrestre. Non è forse vero che, pur se non tutti parliamo il medesimo linguaggio nelle nostre estancia, riteniamo che parlare il Terrestre sia un segno di cultura? Inoltre, continuiamo a seguire il calendario della Santità, e a coltivare, per il nostro sostentamento, piante terrestri importate dai nostri antenati. Perché dovremmo, senza che ciò sia necessario, entrare in conflitto con la Santità, e con tutti coloro che in tal caso si leverebbero in sua difesa?
— Vuoi forse che quei dannati restino qui, a frugare e intromettersi dappertutto? Vuoi forse che i loro piccoli e disgustosi ricercatori sconvolgano le nostre attività?
Seguì un breve silenzio, mentre tutti meditavano su una eventualità che avrebbe potuto avere conseguenze perturbatrici. In quella stagione poteva restare sconvolta soltanto la Caccia, ossia l’unica attività importante che vi si svolgeva. Durante l’inverno, naturalmente, nessuno andava da nessuna parte, mentre in estate era troppo caldo per viaggiare, tranne la notte, quando si tenevano i balli estivi. Eppure, la parola «ricerca» suonava in modo molto sgradevole, perché faceva subito pensare a gente che poneva domande ed esigeva risposte.
— Non è necessario permettere ai ricercatori di turbare alcunché — riprese finalmente Figor, dubbioso. — Ci hanno pur spiegato la ragione delle loro indagini: dato che si è diffusa non so quale epidemia, una sorta di peste, la Santità ha inviato missioni un po’ dappertutto, in cerca di una cura. — Aggrondato, si massaggiò di nuovo il braccio.
— Ma perché proprio qui? — sbottò Gerold bon Laupmon.
— Perché non anche qui, come in qualsiasi altro luogo? La Santità sa poco e niente a proposito di Grass.
Anche su questa affermazione meditarono tutti e quattro per breve tempo. In effetti, la Santità non sapeva nulla di Grass, tranne quello che era in grado di apprendere dai Frati Verdi. Gli stranieri avevano libero accesso alla Città Plebea, dove però potevano restare soltanto fra l’arrivo di una cosmonave e la partenza di un’altra; non avevano il permesso di accedere alle praterie. Semling aveva tentato di mantenere una ambasciata su Grass, ma senza successo; dunque non esisteva più alcuna relazione diplomatica con l’«altrove». Sebbene questa parola fosse spesso usata per indicare la Santità o la Terra, aveva anche un significato più generale: Grass era Grass, mentre tutto quello che non era Grass era l’altrove.
Finalmente, Eric ruppe il silenzio: — L’ultima volta, i santificati ci hanno detto qualcosa a proposito di qualcuno che quando arrivò qui era affetto dalla peste, ma quando se ne andò era guanto. — E si alzò goffamente sulle sue gambe artificiali, desiderando che gli accadesse la stessa cosa: potersene andare senza essere più invalido.
— Sciocchezze! — latrò Gustave. — Non hanno neanche saputo dirci chi fosse, né quando ciò sarebbe avvenuto. Hanno parlato di un astronauta, ma senza saper precisare di quale astronave fosse. Era soltanto una diceria. Forse — brontolò — la peste non esiste neppure. Forse è soltanto una scusa per iniziare a far proseliti fra noi e prelevare campioni cellulari per le loro dannate banche. — La storia della famiglia tramandava ancora molti aneddoti sulla tirannia religiosa dalla quale i bon Smaerlok erano fuggiti in epoca molto antica.
— No — rispose Figcr — credo che la peste esista davvero, come abbiamo potuto verificare da altre fonti. Il fatto che essa susciti tanta apprensione è del tutto comprensibile: questo spiega perché i santificati si danno tanto da fare in varie direzioni, senza combinare granché. Comunque, col tempo finiranno per trovare una cura che debelli la pestilenza. Una cosa bisogna riconoscere, a proposito della Santità: alla fine, trova sempre le risposte che cerca. Dunque, perché non lasciare che essa trovi la risposta, senza manifestare ostilità, ma anche senza prenderci troppo disturbo? Diremo al Prelato che non ci piace essere studiati, e così via. Ci appelleremo al diritto della inviolabilità culturale, e lui dovrà accettare, dato che è uno degli accordi riconosciuti dalla Santità all’epoca della diaspora. Tuttavia, aggiungeremo che siamo un popolo sensibile, che siamo disposti a discuterne, e che, a questo scopo, egli potrebbe inviare un ambasciatore. — Figor fece un ampio gesto: — Così potremo andare avanti a discutere per anni, fino a quando la questione perderà ogni importanza.