«Dato quindi che il siluro veniva dallo spazio interplanetario, il suo comportamento pareva indicare una cosa sola: che le creature che l’avevano inviato sulla Terra avevano intenzione di commerciare con noi. Comunque, decisi che l’unica ipotesi plausibile era questa, e di comportarmi di conseguenza. Presi tutte le cianfrusaglie che avevo prelevato dal contenitore e le rimisi al loro posto, eccetto naturalmente il blocco di platino, e tornai a infilare il tutto nel vano anteriore del siluro.
«Ancora oggi non ho capito se sono in grado di vedermi, anche se dubito che possano farlo, e questo per vari motivi… comunque, il portello si è chiuso quasi immediatamente e il siluro è decollato. In verticale, fino a scomparire nel cielo. Mi spiaceva di non avere niente di interessante da mettere nella mia parte del contenitore. Per un attimo avevo pensato di mettere una cartuccia del mio fucile per mostrare che avevamo un’industria meccanica, ma poi ci ho ripensato, ricordando l’alta temperatura del siluro al momento dell’arrivo.
«Il siluro impiegò due o tre ore a compiere il tragitto di andata e ritorno. Quando ritornò avevo già finito da tempo di montare la tenda ed ero andato a raccogliere acqua e legna da ardere. La mia supposizione era giusta, perché vidi che nel contenitore c’era un unico oggetto, un altro blocco di platino, e gli altri compartimenti erano vuoti. Riuscii però a ricordare cosa avevo messo, la volta prima, nello spazio corrispondente.»
Wing padre sorrise al figlio. «E questo è tutto» concluse. «Da una trentina d’anni, ormai, continuo a barattare sigarette in cambio di pepite di platino e iridio. E adesso puoi anche capire perché desideravo che tu studiassi astronomia!»
Don zufolò. «Penso di averlo capito.» Indicò il cubo di metallo, su cui il padre si era seduto per raccontare la sua storia, e disse: «Però, non mi hai ancora spiegato questo.»
«Il cubo» spiegò il padre «è sceso qualche tempo più tardi, legato a un altro di quei siluri: quando è giunto il cubo, il primo siluro è subito ripartito. Sono convinto che lo utilizzano per trovare esattamente il punto in cui siamo adesso. Nel corso degli anni abbiamo instaurato una sorta di routine. Non vengo più durante l’inverno, e credo che lo abbiano capito, ma circa due o tre giorni dopo che sposto in su e in giù questa specie d’interruttore… così» fece vedere al figlio come si faceva «la nostra situazione finanziaria riceve una boccata d’ossigeno.»
Don aggrottò la fronte, pensoso, e rimase per qualche minuto a riflettere su quanto gli aveva detto il padre. «Non capisco» disse alla fine «perché continui a tenere segreta la cosa. Se si tratta effettivamente di scambi con creature di un altro pianeta, è un avvenimento di grandissima importanza.»
«Certo, è vero. Però, se queste creature avessero voluto entrare in contatto con l’umanità in generale, non avrebbero avuto difficoltà a farlo. Ho sempre pensato che se continuavano a mantenere i contatti in questo modo, era perché non volevano fare conoscere pubblicamente la loro esistenza; e che se, tanto per fare un esempio, gli esperti si fossero messi a smontare il loro trasmettitore per vedere come funzionava, o a mandare loro libri e macchine per far vedere il livello a cui è giunta la nostra civiltà, si sarebbero affrettati ad andarsene.»
«Un simile timore mi sembra un po esagerato…»
«Forse hai ragione; ma sai dirmi tu qualche altro motivo che impedisce loro di far atterrare uno di questi oggetti in una città? Pagano cifre altissime per avere in cambio piccole quantità di tabacco… qualsiasi tabaccheria potrebbe rifornirli per anni, vista l’esiguità dei loro consumi.
«Non fraintendermi, Don; anch’io comprendo bene l’importanza di quanto succede qui, e desidero sapere tutto il possibile su queste creature e le loro macchine; ma voglio che siano studiate da persone di cui mi posso fidare: persone attente a non rovinare la situazione presente. Peccato che voi ragazzi non abbiate sette o otto anni di più, altrimenti potremmo già avere in famiglia un buon gruppo di studio. Per il momento, comunque, tu e io… soprattutto tu… dovremo occuparci delle ricerche da soli, mentre Rog ed Edie sorveglieranno la zona.
«Penso che cercheranno di spiare anche noi, naturalmente; la curiosità di Roger è arrivata al punto di tenerlo sveglio la notte, e già riconosco in lui le tendenze del futuro uomo d’azione. Mi chiedo se al nostro ritorno troveremo le tracce sue o quelle di Edie… quel ragazzo è capace di averla convinta a recarsi in città al posto suo. Qui, comunque, non abbiamo più niente da fare, a meno che tu non voglia esaminare un po meglio il comunicatore; potremmo ritornare a casa, e scoprire fino a dove giunga l’intraprendenza della generazione più giovane.»0
«Non c’è fretta» disse Don. «Preferirei dare un’altra occhiata a questa apparecchiatura. Ha il generico aspetto di un trasmettitore a onde corte, ma ci sono diversi particolari che non mi quadrano.»
«Non quadrano neppure a me» rispose il padre. «Ho imparato molte cose sulle radio, negli scorsi vent’anni, ma questa apparecchiatura è troppo avanzata, rispetto alle mie conoscenze. Ovviamente, non ho mai osato togliere altri pezzi più complicati, e mi sono limitato al solo involucro esterno; all’interno ci sono delle parti profondamente incassate, che non sono visibili dal punto dove ci troviamo. Se potessimo vederle, sarebbero estremamente interessanti da studiare.»
«Ne sono convinto anch’io» disse Don. «Ma ci dovrebbe essere il modo di vederle. Potremmo procurarci qualcosa che assomigli allo specchietto del dentista…»
«Non mi attira l’idea d’infilare un oggetto metallico in un’apparecchiatura dove ci possono essere chissà quali voltaggi astronomici.»
«Già… vero. Per prima cosa potremmo spegnerla, una volta capito qual è la posizione della leva corrispondente alla posizione di «spento». Non sappiamo se quando muovi la leva li chiami con una trasmissione a onde corte, oppure se quest’azione interrompe una trasmissione continua. Se usano il loro dispositivo come radiofaro, la seconda ipotesi è quella giusta; ma non possiamo esserne sicuri.»
«Anche se così fosse» gli fece notare il padre «spegnere l’alimentazione non sarebbe sufficiente. I condensatori possono contenere una grossa carica per molto tempo.»
Don ammise che l’osservazione era giusta, e dedicò soltanto alcuni minuti a osservare l’interno dalle aperture che si erano prodotte con la rimozione delle piastre di copertura.
«L’interno» disse alla fine «sembra composto prevalentemente di blocchi di materia plastica: bachelite o simili. Suppongo che la tiranteria sia stata annegata nella plastica per conservarla meglio. Mi chiedo come facciano, però, quando vogliono ripararla… Penso che tu abbia ragione: meglio ritornare a casa… in attesa dell’arrivo del siluro.» Si rimise in spalla lo zaino che aveva contenuto la loro colazione, o, meglio, i panini che avevano mangiato durante il tragitto, e si levò in piedi. Il padre annuì, ed entrambi si avviarono giù per la montagna, rifacendo il tragitto dell’andata.
Don era intento a riflettere su tutte quelle rivelazioni, e il padre evitò d’interromperlo. Ricordava l’effetto prodotto su di lui dai fatti che aveva testé raccontato al figlio: lui stesso, a quell’epoca, non aveva molti anni più di Don. Inoltre aveva molta stima per l’intelligenza dei propri figli, ed era fermamente convinto che fosse meglio lasciare che risolvessero da soli i loro problemi, quando non c’erano pericoli immediati. E pensò anche, con un po di tristezza, che tanto, in qualsiasi caso, quel che lui poteva dire non aveva molta importanza, dato il complesso della situazione.