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«Naturalmente» disse Drai «non saranno solfuri. Uno pensa sempre ai solfuri, quando si parla di prodotti della combustione.»

«Perché ci siano dei solfuri» disse Ken «dovrebbero esserci in sospensione nell’atmosfera grandi quantità di polvere di solfo ghiacciata. Non avevo pensato a questo possibile aspetto… controllerò i campioni, quando la sonda sarà rientrata. A dire il vero, i risultati finora ottenuti mi preoccupano un poco. Non so quale possa essere il composto chimico che riesce a sostenere una combustione e che a così bassa temperatura è ancora allo stato gassoso, eppure laggiù c’è qualcosa che brucia con i nostri composti.»

«Che ne dite del fluoro?» fece Drai, andando a ripescare vecchi ricordi di qualche corso di chimica elementare.

«Potrebbe essere, ma come spiegare la sua presenza nell’atmosfera allo stato libero? Il fluoro mi sembra troppo attivo, perfino a quella bassa temperatura. Mi pare comunque che si possa fare lo stesso discorso per ogni altra sostanza capace di alimentare una combustione, e posso solo aspettare il ritorno della sonda con i campioni. Vi confesso che sono quasi tentato di scendere sul pianeta, nonostante il pericolo, per vedere di persona l’aspetto di quel luogo.»

Drai gli rivolse l’equivalente di un’alzata di spalle. «Se voi e Feth riuscirete a trovare il modo di farlo, non sarò io a proibirvelo. Anzi, potrebbe essere un’iniziativa altamente meritoria. Bene» riprese poi «occorreranno tre giorni perché rientri la sonda, e in questo periodo non ci sarà molto da fare. Feth si occuperà di agganciare la sonda sul raggio quando sarà abbastanza lontana dal pianeta.»

Ken interpretò queste parole come un invito ad allontanarsi, e uscì nel corridoio, dove cominciò a vagabondare senza meta. Doveva riflettere su alcuni suoi problemi che aveva rimandato fino a quel momento. Come aveva detto Drai, non si poteva fare nient’altro, relativamente al Pianeta Tre, fino al rientro della sonda, e lui non aveva più scuse per non pensare alla missione affidatagli da Rade.

Il prodotto che si ricavava dal pianeta veniva chiamato «tafacco». Questa, se non altro, era già una prima informazione. Rade non conosceva il nome del narcotico da lui cercato, e forse quell’informazione poteva essere utile.

Il sistema planetario in cui si trovavano era relativamente vicino a Sarr. Altra informazione che forse poteva essere utile. Le precauzioni adottate da Drai e i suoi compagni per nascondere il fatto che i due sistemi erano abbastanza vicini potevano essere considerate ragionevoli, forse, nel caso si fosse trattato di un’impresa commerciale ai limiti della legalità, ma erano la routine nel caso di un’attività palesemente criminale come lo spaccio della droga.

Il Pianeta Tre era freddo… termine che dava solo una pallida idea della situazione.. e la droga cercata da Rade non resisteva a temperatura ordinaria. Ken non era certo al cento per cento che ci fosse un collegamento tra le due cose, ma propendeva per il sì, a causa della tacita ammissione di Drai che il «tafacco» era un prodotto di origine vegetale.

Per quanto ci pensasse, non riuscì a farsi venire in mente altri particolari che potessero essere utili a Rade. Del resto, Ken era un po scocciato di essere stato coinvolto in quella faccenda dal capo della squadra narcotici, e, diversamente da un normale poliziotto, aveva la tentazione di limitarsi agli aspetti puramente ecologici e astronomici del problema che gli stava davanti.

E cosa dire del suo gelido Pianeta Tre? Certamente era abitato: una realtà che già di per se stessa pareva frutto di fantasia. E certamente non era conosciuto; nessun trasmettitore video, nessuna na vicella con equipaggio erano mai scesi sulla sua superficie. La cosa sembrava un po strana, ora che Ken ci pensava più attentamente. Il freddo era spaventoso, certo, e l’atmosfera assorbiva il calore da un corpo, diversamente dallo spazio che non lo assorbiva, ma lui non riusciva a convincersi che un buon ingegnere non fosse in grado di progettare un apparecchio capace di effettuare la discesa. Feth era più un meccanico che un ingegnere, naturalmente; ma era un po strano che quell’organizzazione fosse così sprovvista di scienziati competenti. Questa mancanza era resa ancor più evidente dal fatto che avevano dovuto assumere uno come lui.

Forse era proprio l’organizzazione cercata da Rade. Di sicuro ogni organizzazione commerciale interstellare regolare aveva la propria squadra ecologica: non poteva farne senza, viste le strane situazioni che sorgevano, a esempio, quando il pianeta Sarr, ricco di metalli, commerciava con i maghi della chimica di Rehagh. che erano degli anfibi. Eppure, Laj Drai era riuscito ad avere soltanto lui, Sallman Ken, un praticone della scienza! La cosa non era soltanto strana: era assurda. Si chiese come Drai fosse riuscito, anche solo per un momento, a fargliela sembrare plausibile.

Comunque, se non avesse scoperto niente, non se la sarebbero presa con lui. Era in grado di esaminare il Pianeta Tre in modo completo, ed era disposto a farlo; poi sarebbe tornato a casa, avrebbe passato a Rade le sue informazioni, e il capo della squadra narcotici ne avrebbe fatto l’uso più opportuno. Il Pianeta Tre era più interessante.

Come scendere su quel mondo inospitale? Anche lui era d’accordo sul fatto che era meglio tenere lontano dall’atmosfera le navi di maggiore dimensione, dopo gli inconvenienti con gli indigeni delle zone pianeggianti azzurre. Però le sonde scendevano sul pianeta da vent’anni senza difficoltà, e l’unica attività degli abitanti delle pianure che era stata osservata erano i raggi radar rilevati negli ultimi due o tre anni. E si riusciva facilmente a ingannarli con coperture da un quarto d’onda, come gli aveva detto Drai. No, l’unico reale pericolo veniva dalle spaventose condizioni naturali del pianeta.

Bene, una normale tuta corazzata da ingegnere permetteva a un sarriano di lavorare per un periodo abbastanza lungo in un lago di alluminio fuso. Nell’alluminio, ovviamente, la differenza di temperatura era inferiore a quella che si incontrava sul Pianeta dei Ghiacci, ma la conduzione del calore, nel metallo, era superiore a quella nell’atmosfera, e compensava la differenza. E se non la compensava, si potevano aumentare le piastre di riscaldamento della tuta, o migliorare il suo isolamento, o tutt’e due le cose. Perché non lo avevano mai fatto? Si ripromise di chiederlo a Feth o a Laj Drai.

Poi, ammesso per un momento che non si potesse scendere sul pianeta neppure in questo modo, perché non si poteva usare la televisione? Ken non riusciva a credere che il vetro sottile del tubo di ripresa di una telecamera non si lasciasse raffreddare senza rompersi fino a raggiungere la temperatura che regnava sul pianeta, anche se occorreva mantenere a normale temperatura le parti elettriche. La differenza di temperatura non poteva essere superiore a quella che c’era negli antichi tubi a incandescenza!

Si ripromise di chiedere chiarimenti a Feth su entrambi i punti.

Stava ritornando al laboratorio per farlo, quando incontrò Drai, che lo salutò come se quel giorno non fosse successo niente di particolare.

«Feth ha agganciato la vostra sonda al raggio principale, e per quasi tre giorni non ci sarà bisogno di controllarla» disse. «Questo nel caso che intendeste recarvi a sorvegliare il quadro di comando.»

«Volevo parlare con Feth» spiegò Ken. «Ho riflettuto sul problema di procurarci una tuta e un equipaggiamento capaci di resistere alle condizioni del Pianeta Tre, e penso che si possa trovare una soluzione.» E riferì al suo datore di lavoro una versione purgata e ridotta delle sue riflessioni.

«Non so» disse infine Laj Drai, quando lo ebbe ascoltato. «Dovete parlarne con Feth, come già pensavate di fare. Abbiamo già provato a fare tutte queste cose nel periodo passato da quando Feth si è unito a noi, e le apparecchiature televisive si sono sempre guastate come da lui previsto. Non era con noi, invece, durante la prima spedizione, che non ha effettuato alcuna ricerca, a parte quelle di cui vi ho parlato. Quella prima spedizione era in realtà una crociera per diporto, e se a bordo erano disponibili tante sonde, era per il solo motivo che il proprietario della nave amava fare le sue osservazioni in tutta tranquillità: quando entrava in un sistema planetario, ne mandava fuori dieci alla volta, e teneva in orbita la Karella finché non trovava qualcosa che desiderava vedere o toccare personalmente.»