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«Occorrerà un mucchio di gas» disse ai compagni, mentre la Karella si innalzava nel cielo nero. «Là dentro ci stanno cinquantamila metri cubi di gas, e anche se sarà sufficiente una pressione più bassa della nostra, la cosa non ci aiuterà molto. Vorrei sapere se possiamo ricavare ossigeno da quelle rocce; avremmo fatto meglio a prelevarne qualche campione, come suggerivo io. E poi occorrerà controllare attentamente il soffitto per trovare eventuali fessurazioni: non abbiamo idea di come sia la sua tenuta d’aria. Vorrei poter… sentite, Feth, mi pare che abbiamo a disposizione un buon numero di unità radar, vero?»

«Sì, certo. A cosa vi servono? I loro raggi non sono in grado di attraversare la roccia.»

«Lo so» rispose Ken. «E tra quelle che abbiamo, ce n’è qualcuna in cui si può cambiare la frequenza degli impulsi?»

«Sì. Altrimenti occorrerebbe cambiare apparecchio ogni volta che si cambia la portata. E allora?»

«Non possiamo… cioè, non potete… fare in modo che gli impulsi radar azionino un risonatore di qualche tipo, da mettere a contatto con la roccia? Potremmo poi raccogliere l’eco di questo suono, mediante un microfono a contatto, e misurare l’intervallo tra l’eco e il suono. La frequenza degli impulsi dovrebbe essere molto bassa, ma possiamo calibrarla abbastanza facilmente.»

«Il guaio è che le unità radar non sono molto portatili. Soprattutto quelle montate sulla nave.»

«Smontiamo quelle di una sonda, allora. Le sonde hanno un altimetro radar, e ne abbiamo una scorta abbastanza grande: quanto basta per poterne smontare una. Si poteva chiamare la base per farcene mandare una; non credo che la cosa avrebbe richiesto più di qualche ora. Facciamo ancora in tempo, diciamo di mandarla… si fa più in fretta a ritornare alle caverne che ad arrivare alla base.»

«È più comodo lavorare nell’officina» disse il pilota. «Inoltre… sempre che la cosa funzioni… se c’è da scendere sottoterra come volete voi, è meglio fare le prove nelle vicinanze della base, dove tutto risulta semplificato.» Parlò senza togliere gli occhi dai comandi.

«Credete di poterlo fare?» domandò Ken, rivolto al meccanico.

«Non sembra una cosa difficile» rispose questi «ma non voglio pronunciarmi troppo presto.»

«Abbiamo ancora un po di tempo, prima che la tuta corazzata rientri. Si potrebbe fare tutto prima del rientro, e allora sì che potremmo dare a Drai delle notizie su cui riflettere! Chiamiamolo subito… può darsi che ci dia qualche suggerimento per quanto riguarda il terreno.»

Gli altri due si scambiarono un’occhiata che durò una frazione di secondo, poi Lee indicò l’apparecchio radio.

«Fate pure» disse «ma tenete presente che arriveremo alla base prima che possiate dirgli molto.»

«Aveva detto che dovevate fabbricare il terreno» gli ricordò Feth.

«Lo so. È per questo che voglio parlargli… siamo partiti troppo in fretta, quando abbiamo lasciato la base.» Ken accese la radio mentre gli altri cercavano di capire se la loro partenza, così affrettata, aveva destato in lui qualche sospetto. Nessuno osava parlare in presenza di Ken, ma ancora una volta i loro occhi si incontrarono, e l’occhiata che si scambiarono fu carica di significato.

Alla fine, all’altra parte della comunicazione giunse Drai, e Ken cominciò subito a parlare, senza preamboli.

«Abbiamo misurato le dimensioni della caverna più piccola che abbiamo trovato fino a questo momento, e ho calcolato approssimativamente la quantità d’aria che occorre per riempirla. Posso anche dirvi quanto terreno occorre per coprire il fondo, se volete usare tutta la superficie della caverna. Il guaio è che… anche ammesso che io riesca ad analizzare il terreno, sia pure in modo approssimativo come ho fatto per l’atmosfera del Pianeta Tre… la quantità che occorre è nell’ordine delle tonnellate. Io non posso fabbricarne in laboratorio una simile quantità; almeno, non in tempi accettabili. Occorre prenderla già pronta.»

«E come? Non siamo neppure in grado di far scendere una persona sul Pianeta Tre. Non parliamo poi di un’astronave.»

«Questo è da vedere. Il suggerimento che intendo dare è un altro… Ma vedo che siamo quasi arrivati, e quindi possiamo parlarne di persona. Pensateci un attimo, mentre noi atterriamo. Qualsiasi atmosfera abbiano i pianeti, il loro terreno non può essere molto diverso… almeno in quelli che sono i principali costituenti. Perché non vi procurate un carico di terreno di Sarr?»

Per un attimo, Drai non seppe cosa rispondere per la sorpresa. Poi mormorò: «Ma… i batteri…»

«Non dite assurdità; nessuna creatura vivente sarriana potrebbe vivere a quella temperatura. Ammetto che sarebbe meglio usare terreno del Pianeta Tre, e può darsi che si possa farlo. Ma nel caso non fosse possibile, vi do un consiglio, visto che vi interessa la rapidità. Anche se conoscessi la composizione, per fare cento tonnellate di terriccio mi occorrerebbe ben più di una settimana!» E chiuse la comunicazione mentre la Karella toccava terra.

10

Ken si affrettò a infilarsi la tuta spaziale e a lasciare la nave insieme con gli altri. Una volta giunto all’interno della base, e toltasi l’ingombrante tuta, corse in laboratorio per vedere a che distanza si trovasse la sonda con la tuta corazzata; poi, soddisfatto dei progressi che trovò laggiù registrati, si diresse all’osservatorio per riprendere la conversazione con Laj Drai.

Non incontrò nessuno lungo il tragitto. Lee era rimasto sull’astronave, Feth era scappato non appena si era aperto il portello della cabina di decompressione: aveva una sua commissione da fare. Il resto del personale badava unicamente ai fatti propri. Questa volta, Ken non si preoccupava di essere visto, poiché intendeva avere con Drai una regolare conversazione.

Tuttavia, mentre studiava il modo migliore di presentare le sue ragioni, venne bloccato dal fatto che la porta dell’osservatorio era chiusa.

Era la prima volta, dal suo arrivo alla stazione, che incontrava una porta chiusa a chiave, e la cosa lo indusse a riflettere. Era certo che la sonda commerciale era ritornata durante l’assenza della Karella, e che in qualche punto dell’edificio c’era un carico di tafacco. Se quella era l’unica porta chiusa… e trattandosi, dopotutto, della porta della stanza che Drai usava come ufficio…

Ken si appoggiò alla porta, cercando di capire dal rumore se c’era qualcuno nella stanza. Gli pareva che non ci fosse nessuno, ma, anche se ne avesse avuto la certezza, che cosa avrebbe potuto fare? Probabilmente, un vero poliziotto avrebbe aperto la porta in pochi secondi, ma Ken non era un vero poliziotto; la porta era sbarrata ermeticamente, per quanto lo riguardava. A quanto sembrava, l’unica cosa da fare era quella di cercare Drai da un’altra parte.

Aveva già percorso una decina di metri, scendendo lungo la rampa, e aveva perso di vista la porta dell’osservatorio, quando sentì che si apriva. Subito girò sui tacchi e risalì la rampa come se arrivasse in quel momento. Quando raggiunse il gomito che gli nascondeva la porta, sentì che si chiudeva di nuovo; un istante più tardi si trovò faccia a faccia con Feth.

Il meccanico, per la prima volta da quando Ken lo conosceva, pareva inquieto e agitato. Evitò lo sguardo di Ken, e serrò ancor più strettamente fra i tentacoli, nascondendolo alla vista, il piccolo oggetto che stava trasportando. Passando davanti a Ken, gli rivolse un rapido cenno di saluto e si affrettò a sparire dietro il gomito della rampa, senza rispondere alla sua domanda se Drai era nell’osservatorio.