Ken fissò ancora per alcuni secondi il punto dove Feth era scomparso. Il meccanico era sempre stato una persona di poche parole, ma si era sempre dimostrato amichevole. Adesso sembrava quasi in collera per la presenza di Ken.
Con un sospiro, il poliziotto a mezzo servizio riprese a salire. In ogni caso, si disse, era meglio bussare. Il motivo che lo aveva indotto in precedenza a non bussare era probabilmente un’inconscia speranza che Drai si trovasse da un’altra parte e che lui fosse libero d’investigare. E poiché il buon senso gli consigliava di sospendere momentaneamente le investigazioni, bussò alla porta.
Si congratulò con se stesso per non avere tentato di scassinare da dilettante la serratura, quando la porta si aprì. Drai era all’interno e, a quanto pareva, lo stava aspettando. Sulla faccia, non aveva alcuna espressione decifrabile: o le preoccupazioni di Feth non lo sfioravano neppure, o era un attore molto migliore del meccanico. Ken, che pensava di avere capito il carattere di Feth, propendeva per la prima ipotesi.
«Temo che non siate riuscito a convincermi di potere usare il terriccio sarriano» disse Drai, aprendo la conversazione. «Sono d’accordo che gran parte delle sostanze in esso presenti, a quanto ne so, possono essere presenti alla temperatura del Pianeta Tre, ma non sono sicuro che valga anche l’inverso. Possono esistere delle sostanze che sono solide o liquide a quella temperatura e gassose alla nostra; queste sostanze sarebbero assenti nel terriccio importato dal nostro pianeta natale.»
«Non ci avevo pensato» ammise Ken. «Non mi viene in mente nessuna sostanza simile, ma questo non vuol dire che non esistano. Posso controllare sul manuale se c’è qualche composto inorganico di questo tipo, ma non è detto che li trovi tutti: se le forme viventi del Pianeta Tre sono analoghe alle nostre, ci saranno probabilmente milioni di composti organici… e questi non ci sono sul catalogo. No, maledizione, penso che abbiate ragione; dovremo prendere il materiale dal pianeta stesso.»
Rifletté su questo particolare, e tacque. Infine fu Drai a riprendere il discorso: «Pensate davvero di potere scendere sulla superficie di quel pianeta?» chiese.
«Non vedo perché non dovrebbe essere possibile» rispose Ken. «Mi sembra che, in passato, qualche squadra sia discesa su mondi addirittura peggiori di questo. Feth è pessimista, comunque, e io suppongo che sia più esperto di me, al riguardo. Potremo fare dei piani più precisi quando sarà rientrata la tuta corazzata che abbiamo mandato su! pianeta, e tra poco rientrerà. A quanto dicono gli strumenti, è ripartita due ore fa.»
«Questo significa quasi tre giorni prima di potere sapere qualcosa di sicuro. Ci dev’essere qualche altro modo… ecco! Voi dite che il raffreddamento che si verifica sul Pianeta Tre è così grande per la presenza di un’atmosfera che conduce troppo bene il calore? Vero?»
«Certo. Sapete anche voi, come lo so io, che si può uscire nel vuoto dello spazio, con una normale tuta spaziale, anche se il sole più vicino dista vari anni-luce. La perdita per radiazione è facile da compensare. Perché me lo chiedete?»
«Pensavo… Ci sono altri pianeti nel sistema. Se potessimo trovarne uno privo di atmosfera, che avesse pressappoco la stessa temperatura del Tre, potremmo prelevare il terriccio da quello.»
«È un’idea.» Ken si lasciò subito prendere dall’entusiasmo. «Basta che sia abbastanza freddo… e la cosa non dovrebbe essere difficile in questo sistema. Tre ha un satellite… me l’avete mostrato voi. Possiamo raggiungerlo in un attimo con la Karella… e mentre siamo per strada possiamo anche raccogliere quella tuta che viaggia verso di noi. Chiamate Feth: partiamo subito!»
«Temo che Feth non sia disponibile per un po di tempo» rispose Drai. «Inoltre» continuò, sorridendo «io sono già stato su quel satellite, e il suo terreno è soprattutto costituito da polvere di pomice; potrebbe arrivare direttamente dal Deserto Polare di Sarr. Meglio considerare anche le altre possibilità, prima di partire. Il guaio è che l’unica caratteristica che conosciamo di quei pianeti è il movimento. Abbiamo sempre cercato di evitarli, e non di visitarli. Mi pare di ricordare, comunque, che il Cinque e il Sei hanno un’atmosfera e che quindi sono da scartare. Potreste controllare la posizione del Quattro, però: suppongo che siate in grado di leggere un’effemeride.»
In seguito, Ken comprese che la cortesia era davvero un lato inutile del carattere di una persona. Se non avesse voluto fargli una cortesia, non si sarebbe preso la briga di rispondere al suggerimento di Drai, e se non avesse pensato alla risposta da dargli, non avrebbe commesso il gravissimo errore di avvicinarsi al cassetto dove erano chiuse le effemeridi in questione, e di aprirlo. Solo quando toccò la carta si accorse di quello che faceva, e con un ammirevole sforzo di volontà finì la frase che stava dicendo, sulla sua capacità di leggere un’effemeride, e completò il gesto di prendere i fogli. Però, nel voltarsi verso il suo datore di lavoro, si sentì come se gli avessero applicato allo stomaco una pompa aspirante.
Drai non si mosse di un millimetro, e l’espressione sulla faccia rimase imperscrutabile.
«Temo di avere commesso un’ingiustizia nei riguardi del nostro amico Feth» commentò con indifferenza. «Mi chiedevo dov’eravate andato a prendere l’idea che un viaggio di andata e ritorno a Sarr richiedesse soltanto una settimana. Comprendo, naturalmente, che le vostre scoperte sono avvenute per caso, e che non c’era niente di più lontano dalla vostra mente che il volgare spionaggio; ma sussiste il problema di cosa fare delle vostre sfortunate conoscenze. La cosa richiederà una certa dose di riflessioni. Nel frattempo, continuiamo qon la questione del Pianeta Quattro. È in una posizione facile da raggiungere, e possiamo raccogliere, come suggerite, la sonda che trasporta la vostra tuta senza allontanarci troppo dalla rotta?»
Ken venne preso completamente alla sprovvista. Date le circostanze, l’ultima cosa che si sarebbe aspettato da Drai era quell’atteggiamento blando e distaccato. Non riusciva a credere che l’altro fosse davvero così indifferente alla cosa; dietro quegli occhi fermi doveva maturare qualche decisione spiacevole. E lui, come meglio poté, cercò di comportarsi in modo altrettanto imperturbabile. Con uno sforzo, rivolse la sua attenzione alle effemeridi, trovò la colonna che gli occorreva, e fece mentalmente alcuni calcoli.
«I pianeti sono quasi a novanta gradi l’uno dall’altro, visti da qui» annunciò infine. «Noi, come sapete, siamo quasi esattamente tra il sole e Tre; Quattro è nella direzione retrograda, a circa il doppio della distanza di Tre. Tuttavia, per la Karella, la cosa dovrebbe significare poco.»
«Vero» commentò Drai. «Benissimo, partiremo tra un’ora. Entro questo tempo, portate a bordo tutte le attrezzature che pensate vi possano occorrere. Meglio usare una tuta corazzata sul Pianeta Quattro, anche se non c’è aria. Dovrete indicare il posto dove sono le tute alla persona che vi manderò perché vi dia una mano.»
«E Feth?» Ken si era fatto l’idea che il meccanico fosse incorso nelle ire di Drai perché sospettato di avere tradito il segreto della loro posizione.
«Non sarà disponibile per qualche tempo… è occupato. Vi darò una persona io. Andate nell’officina a prendere quello che vi occorre… ve la manderò laggiù. Entro un’ora.» Laj Drai si voltò dall’altra parte, come per indicare che il colloquio era finito.
La persona mandata da Drai era un tale che Ken aveva già visto in giro per la stazione, ma al quale non aveva mai parlato. E l’attuale occasione non cambiò molto la situazione complessiva; era quasi taciturno come Feth, e Ken non sapeva neppure il suo nome. Trasportò sulla Karella tutto quello che gli veniva richiesto, e poi scomparve. La partenza avvenne al momento previsto.
Ordon Lee, che evidentemente aveva già ricevuto i suoi ordini, fece girare l’astronave attorno al pianeta così rapidamente che l’accelerazione verso l’esterno superò quella prodotta dalla gravità; i viaggiatori ebbero l’impressione che il mondo fosse sospeso sopra di loro. Poi, quando il sole scomparve al di sotto dell’orizzonte, dietro di loro, Lee portò a zero l’accelerazione radiale e fece rotta in modo da allontanarsi dall’astro. Sotto la forte spinta dei motori interstellari, entro pochi minuti il sistema di Terra e Luna si trasformò in una coppia di dischi dai contorni molto netti. Lee applicò con abilità le spinte motrici, portando la nave a fermarsi, relativamente al pianeta, a una distanza di due milioni e mezzo di chilometri, in una posizione tra il pianeta e il sole. Drai indicò a Ken un quadro di comandi uguale a quello del laboratorio.