«Mi sembra giusto… però, se il pianeta è simile a Sarr, c’è una possibilità su mille di arrivare nei pressi di una zona liquida.»
«I nostri guai» fece notare Feth, asciutto «finora sono sempre nati dal fatto che questo pianeta non è affatto simile a Sarr.»
Ken dovette ammettere che il collega aveva ragione, e aggiunse anche questa affermazione al lungo elenco di casi in cui Feth si era comportato in modo imprevedibile. Il riserbo di Feth era sparito a tal punto che adesso il meccanico gli sembrava una persona completamente diversa.
Portarono in laboratorio le tute e le esaminarono con estrema attenzione. Quella usata sul Pianeta Quattro non pareva avere subito danni, e Ken e Feth passarono gran parte del tempo a esaminare l’altra. Questa volta l’esame fu molto più accurato di quello svolto da Ken all’interno dell’astronave, e vennero scoperti due nuovi particolari. Oltre al deposito azzurrognolo notato da Ken sul metallo, e che ora, a quanto poterono finalmente accertare, risultò contenere ossidi, altre incrostazioni in punti meglio protetti mostrarono le righe spettroscopiche del potassio: uno tra i pochi spettri che Ken era in grado di riconoscere. Quando poi le incrostazioni vennero riscaldate, Ken avvertì distintamente l’odore del bisolfuro di carbonio, la cui presenza, agli occhi del chimico, era del tutto inesplicabile. Ken conosceva i composti gassosi di entrambi gli elementi, ma non riusciva a capire come si fosse potuta formare, da quelli, una sostanza che rimaneva solida alla temperatura che era normale per un sarriano.
Naturalmente, Ken non conosceva la costituzione dei pianeti di tipo terrestre, e non aveva visto il fuoco che, con i suoi resti, aveva tanto sorpreso Roger Wing. Anche la migliore immaginazione ha dei limiti, quando mancano i dati.
Come predetto da Feth, le guarnizioni di tenuta avevano ceduto in corrispondenza delle articolazioni, e nel materiale isolante poterono rintracciare tracce di ossidi. A quanto pareva, l’aria del pianeta era entrata all’interno della tuta, o per diffusione, o per caduta della pressione interna quando il solfo si era solidificato.
«Credete che possa succedere anche quando le guarnizioni sono strette alla giusta pressione?» domandò Ken, dopo avere controllato l’isolante.
«No, a meno che non si guasti il sistema interno di riscaldamento» disse Feth. «In questo caso, però, ve ne accorgereste. Le fasce troppo strette hanno bloccato la circolazione del liquido di riscaldamento all’interno dello strato che equalizza la temperatura, e al primo grave raffreddamento locale non c’è stato l’intervento dei riscaldatori centrali. I riscaldatori locali non sono sufficienti, e una volta che il liquido si congela in corrispondenza delle articolazioni, la tuta si blocca nel giro di pochi istanti.
«Suppongo che come liquido di riscaldamento potremmo usare qualcosa con un punto di congelamento inferiore a quello dello zinco… da questo punto di vista, i migliori sarebbero potassio e sodio, ma a causa della loro facilità di reazione chimica sono complicati da maneggiare. Stagno e bismuto vanno bene come temperatura, ma la loro capacità termica è molto più bassa di quella dello zinco. Secondo me, il miglior compromesso è rappresentato dal selenio.»
«Vedo che avete dedicato molta attenzione a questi argomenti» commentò Ken. «Che difetti hanno i liquidi a bassa capacità termica?»
«Devono circolare molto più in fretta, e non so se le pompe sono in grado di reggere: entrambi questi elementi sono molto più densi dello zinco. Il selenio non sarebbe sufficiente come capacità termica, ma con la sua bassa densità non sovraccarica le pompe. L’unico guaio è che non possiamo procurarcelo. Era solo un’idea, tanto per parlare. Se non succede niente di strano, lo zinco va bene. Comunque, potremo accertarcene nel corso della prossima prova.»
«E come giustificherete la prossima prova, quando Drai ve ne chiederà la ragione?» volle sapere Ken.
«Non starò a spiegargliela nei particolari» disse Feth. «Drai non me li chiederà. Gli piace vantarsi di non conoscere le scienze… per poi dire che assume i cervelli quando ne ha bisogno. Noi ci limiteremo a dire che abbiamo trovato il modo di superare gli inconvenienti che hanno portato all’insuccesso del primo, tentativo… cosa del resto abbastanza vera.»
«E nel corso della prossima prova, non potremmo far scendere anche una telecamera, in modo da vedere cosa succede?»
«Non saprei come nascondere la cosa: i segnali che possiamo raccogliere qui, li possono raccogliere ancor meglio di noi all’osservatorio. Potremmo dire che vi è venuta un’idea anche sulle telecamere, e che la vogliamo sottoporre a una prova.»
«Sì» disse Ken «ma forse è meglio fare un passo alla volta. Non vorrei che Drai cominciasse a pensare che siete uno sciocco… o, peggio ancora, un imbroglione mistificatore.»
«Grazie… speravo che lo teneste presente. Comunque, la cosa ha poca importanza: non vedo perché non si possa prendere la Karella, metterla in orbita attorno a Tre e fare le prove da laggiù. Il viaggio richiede pochi minuti, e se le prove avessero buon esito potreste subito scendere sul pianeta anche voi.
«So che dovranno passare diversi giorni prima che Drai abbia bisogno della nave: anzi, probabilmente passeranno settimane. Ricevono otto o dieci consegne di tafacco dal pianeta durante la ‘stagione, e tra una consegna e l’altra passano alcuni giorni. Dato che l’intero commercio viene svolto mediante le sonde, Lee non ha niente da fare per tutto il periodo.»
«L’idea mi attira. La caduta libera continua a piacermi poco, ma preferisco qualche ora di caduta libera a giorni e giorni d’attesa. Andate a dirlo a Drai. Un’altra cosa, portiamo qualche tuta di riserva, questa volta. Per qualche momento, la mancanza di tute di scorta mi ha dato delle preoccupazioni, su Quattro.»
«Giusto» disse Feth. «Controllerò tre tute, e poi andrò a fare visita a Drai.»
La conversazione s’interruppe, e per alcune ore venne svolta una notevole mole di lavoro costruttivo. Le tre armature vennero controllate nel modo dovuto, questa volta, e Feth non si tirò indietro. Pompe, valvole, articolazioni, riscaldatori: ogni cosa venne controllata, sia da sola, sia collegata al resto.
«Un vero professionista le metterebbe alla prova nel mercurio liquido, come controllo finale» disse Feth, togliendosi di dosso l’ultima delle tute corazzate «ma noi non abbiamo mercurio, non abbiamo un posto dove provare le tute, e la prova non ci direbbe niente sulle effettive condizioni di temperatura che queste tute dovranno sopportare.
«Vedrò cosa mi dirà Drai sull’impiego della nave: non possiamo far partire tre sonde alla volta, e vorrei essere certo che le tute funzionino, per evitare la sorpresa che una si rompa quando è su Tre.»
Mentre parlava, aveva messo via i suoi attrezzi. Una volta fatto questo, si avviò in direzione del telefono interno, ma poi ci ripensò e si fermò prima di prenderlo.
«Meglio parlargli di persona» disse, uscendo dal laboratorio. «Drai è uno strano tipo.»
Ritornò qualche minuto più tardi. Sorrideva.
«Dobbiamo andare tutt’e due» disse. «L’ha fatto presente senza lasciare alcun margine agli equivoci. Voi non siete ancora mai stato in crisi di astinenza da tafacco, e lui ha paura che facciate qualche colpo di testa, se vi lascia da solo. Inoltre, in questo modo è sicuro che vi riporterò alla base in tempo per prendere la mia solita dose. Drai non mi ha detto tutto questo, capite, ma era abbastanza facile capire che cosa aveva in mente.»
«Non possiamo nascondere a bordo una quantità di tafacco sufficiente a permetterci di ritornare su Sarr?»
«Parlando per me, io non sarei in grado di ritornare su Sarr. E mi pare che non conosciate la direzione neppure voi. Inoltre, dato che lo stesso Drai non riesce a contrabbandare fino a Sarr la sua roba, come pensate che io possa fargliela passare sotto il naso senza che lui se ne accorga? Io non posso mettermi un refrigeratore sulla schiena, e sapete anche voi cosa succede se quella roba si scalda.»