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«Non intendevo fare questo passo finché Roger ed Edie non fossero cresciuti ancora un po, e avessero conoscenze tecniche sufficienti a renderli più utili; ma sotto questo aspetto pare che le cose mi siano sfuggite di mano. Quello che intendo fare, e per farlo mi occorre la collaborazione di tutti voi, è scoprire da dove provengono quelle navicelle, che tipo di esseri le inviano, e, se possibile, il loro funzionamento.

«Non devo dirvi quanto potrebbe essere importante saperlo. Non ho mai cercato di affidare questo lavoro a esperti estranei, perché, come dicevo a Don, temevo che dimenticassero la prudenza per soddisfare la loro curiosità. Non voglio che quelle navette fuggano via, spaventate da qualche azione sconsiderata. Tanto per dirne una, sono troppo vecchio per imparare un altro mestiere.»

«Sciocchezze!» esclamò Edie. Era il suo primo contributo alla conversazione, anche se aveva ascoltato con attenzione tutto quello che era stato detto fino a quel momento.

«Che cosa dobbiamo fare?» domandò Roger, più pratico.

«Per prima cosa, voi due verrete con noi, la prossima volta che andremo a consegnare un carico. Potrei portare anche i piccoli, ma temo che sarebbe una camminata troppo lunga per loro. Potrete ascoltare, guardare, seguire di persona l’intero svolgimento. E a questo punto, mi aspetto che tiriate fuori delle idee. Speravo che tu, Roger, fossi già un esperto di elettronica, il giorno in cui ti avrei mostrato tutto questo. Comunque, faremo quello che potremo.»

«Potremmo cercare di sfruttare i miei guai dell’altra notte» suggerì Roger. «Se gli occorre il tabacco così disperatamente da pagarlo in platino e iridio, potrebbero sentire il desiderio di farci delle scuse.»

«Ammesso che sappiano di averti fatto del male, e ammesso che trovino il modo di comunicare le loro scuse. Non rifiuterò qualche pepita in più, se avranno voglia di mandarla, ma non credo che le pepite ci darebbero molte informazioni.»

«Già. Comunque, andrò a controllare meglio sia la zona dove ho visto la sonda, sia quella dove svolgete i vostri traffici, e ci andrò di giorno. Se sono scesi di nuovo in mezzo agli alberi, me ne accorgerò certamente… dove li ho visti io, hanno rotto un mucchio di rami, e hanno lasciato sul terreno una depressione che aveva la forma della loro navetta.»

«Se pensi che ne valga la pena» disse Don. «Per che motivo dovrebbero essere di nuovo scesi nella stessa zona? La Terra è abbastanza grande.»

«Eppure l’hanno già fatto una volta, e scommetto di saperne il motivo!» lo rimbeccò Roger. «Perché hanno il trasmettitore in questa zona! Se tu dovessi esplorare un nuovo mondo, o anche solo un nuovo paese, scenderesti una volta qui e una là, a mille chilometri di distanza? No, non lo faresti. Prima cercheresti di conoscere bene una zona, e stabiliresti laggiù un avamposto, e poi lo useresti come base per allargarti.»

Cadde per alcuni secondi il silenzio, mentre gli altri assimilavano queste considerazioni.

«Tu quindi supponi» disse infine Wing padre «che dopo vent’anni di semplice commercio, all’improvviso hanno preso la decisione di esplorare il nostro pianeta? Perché non l’hanno fatto prima?»

«La tua domanda è poco sportiva.»

«Giusto. D’accordo, possiamo usarla come ipotesi di lavoro. Puoi continuare la tua esplorazione… e può farlo anche Edie, se lo vuole. La tua idea non mi convince del tutto; almeno, non fino al punto di spingermi a fare delle ricerche di persona, ma tra un giorno o due invierò il segnale che fa scendere un’altra sonda. Questo vi darà il tempo necessario per fare le vostre esplorazioni, spero.»

«Be…» Le attività cartografiche dei giorni precedenti avevano dato a Roger un’idea molto più chiara di cosa significasse esaminare anche un solo chilometro quadro di foresta. «Possiamo cominciare a farlo, comunque. Parto subito, se nessuno ha da suggerire altre idee. Vieni anche tu, Edie?» La ragazza si alzò in piedi, senza parlare, e lo seguì fino alla casa. Per qualche istante, il padre li guardò allontanarsi, divertito.

«La cosa continua a preoccuparmi» disse poi all’improvviso a Donald. «Mi riferisco all’ipotesi di Roger. Potrebbe avere ragione… quelle creature potrebbero essersi stancate di pagare il tabacco che gli mando, e certo conoscono le scienze fisiche meglio di noi.»

«Avranno da divertirsi, se cercheranno piante di tabacco selvatiche in questa zona» commentò Donald. «Faranno meglio a restare con noi in termini amichevoli.»

«Vaglielo a dire…» commentò Wing padre.

Roger e la sorella non persero tempo. Questa volta non ci furono sbagli per quanto riguardava le vettovaglie; prepararono in fretta alcuni sandwich… la loro madre ormai si era rassegnata al fatto che le incursioni nella dispensa erano inseparabili dalle regole fondamentali della vita nei boschi… e con una borraccia d’acqua ciascuno si diressero verso est.

Billy e Marge giocavano da qualche parte, fuori vista, e quindi non sorse il problema di lasciarli a casa. Le indicazioni date loro dal padre erano abbastanza chiare; non incontrarono difficoltà a trovare il trasmettitore sarriano, e da quel punto i due ragazzi cominciarono la loro ricerca. Dietro suggerimento di Edie, si divisero la zona: lei esaminò i pendii posti a sud, lungo il cammino che portava alla loro casa, e Roger quelli a nord.

Di comune accordo, decisero di tenersi quanto più in alto possibile, e così facendo riuscirono a restare quasi sempre a contatto di voce.

Nel limitato tempo disponibile non potevano cercare tracce sotto gli alberi, ma dall’alto era possibile scorgere sia eventuali zone bruciate come quella che Roger aveva visto, sia zone dove erano rotti i rami più alti. Soprattutto, si poteva controllare più territorio. Nessuno dei due ragazzi aveva mai avuto dubbi se fosse preferibile conoscere bene un’area piccola oppure controllarne superficialmente una grande.

Al momento della discesa di Ken, né Roger né Edith si trovavano sulla montagna dove era sceso. La natura aveva fatto in modo che fossero nelle vicinanze, ma la coincidenza si rifiutò d’intervenire ulteriormente. Tuttavia, la natura aveva in serbo ancora una carta.

Roger, fino a quella mattina, aveva dato più o meno per scontato che le future visite della sonda si sarebbero verificate di notte, come la prima. Il racconto di suo padre era venuto a smentire quella convinzione; e da quando lo aveva ascoltato, tre o quattro ore prima, continuava a dare frequenti occhiate al cielo. Niente di strano, dunque, che vedesse la sonda durante la discesa.

Era ancora a un paio di chilometri sopra di lui, e Roger non riusciva a distinguerne i particolari; ma certamente non si trattava di un uccello. L’irregolarità causata dalla forma penzolante di Ken dava soltanto l’impressione di qualcosa di strano, vista da quella distanza. Che i particolari fossero visibili o no, comunque, Roger non ebbe alcun dubbio sulla natura dell’oggetto che vedeva nel cielo, e con un grido che, per quello che interessava a lui, poteva raggiungere oppure no la sorella, si precipitò giù per la discesa a rotta di collo.

Per breve tempo riuscì a mantenere una notevole velocità, e le irregolarità della roccia non presentarono ostacoli che non riuscisse a superare grazie agli occhi attenti e alle gambe agili. Raggiunta la foresta, la sua andatura cominciò a rallentare: per una breve distanza continuò alla velocità con cui era partito; poi, comprendendo che doveva attraversare almeno una montagna e salire su quella successiva, rallentò un poco.

Aveva i piedi bagnati, le gambe graffiate e il fiato decisamente corto quando raggiunse la vetta su cui aveva visto scendere la sonda, circa tre quarti d’ora prima. Non aveva visto segno di Edith… anzi, in effetti si era totalmente scordato di lei. Forse stava per tornargli in mente quando si fermò sulla cima della bassa montagna per riprendere fiato e per cercare il suo obiettivo; ma caso volle che la sonda fosse in vista, sull’altro versante della valle, poco al di sotto della sua quota. E così era in vista Sallman Ken.