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«Cos’hai?» le chiese il fratello. «Vuole solo parlare, a quanto mi pare di capire.»

«Non ti sei di nuovo scottato?»

«No. Perché dovrei essermi scottato?»

«Non ti accorgi di com’è caldo?»

Stranamente, Roger non se n’era accorto. Non si era mai avvicinato a meno di quattro metri dallo scienziato. Il calore irradiato dall’armatura si poteva percepire già a quella distanza senza provare alcun fastidio, ma lui non se n’era neppure accorto, tanto forte era l’attrazione per il resto. Per Edith, invece, che pensava agli alieni soprattutto basandosi sull’esperienza vissuta dal fratello qualche sera prima, il calore era la principale caratteristica della creatura che le stava davanti.

Adesso che la sorella gli aveva fatto notare quel particolare, Roger si avvicinò maggiormente all’alieno e tese una mano verso il metallo, con cautela. Ma si fermò a una trentina di centimetri di distanza.

«Dio mio, scotta veramente!» esclamò. «Forse è questo, il motivo del guaio. Non hanno mai pensato che potessi bruciarmi con quell’oro. Cosa ne dici?»

«Può darsi. Però, mi piacerebbe sapere come fa a vivere, con tutto quel calore. E piacerebbe anche a papà. Dovrebbe venire lui, comunque. Vado ad avvertirlo, mentre tu lo tieni ancora qui con te?»

«Non so come potrei tenerlo» disse il fratello. «Inoltre, comincerebbe a essere un po troppo tardi, se aspettassimo l’arrivo di papà. Cerchiamo di darci un appuntamento per domani.» E tornò a rivolgersi verso Ken senza attendere la logica domanda della sorella: «Come?».

In realtà, il «come» non risultò molto difficile. Il tempo è una quantità astratta, ma, quando viene misurato in base a fenomeni come il moto apparente del sole, se ne può parlare con i segni, con una precisione più che sufficiente ai fini pratici. Quando Roger ebbe finito di roteare le braccia, Ken aveva capito senza difficoltà che i due indigeni intendevano ritornare in quello stesso luogo poco più tardi del levar del sole, il giorno seguente.

Anche lo scienziato era lieto di aggiornare all’indomani quelle loro conversazioni, perché aveva ormai i piedi insensibili a causa del freddo. Tornò a dedicarsi al compito di legarsi alla sonda che si librava nell’aria sopra di lui, e i ragazzi, voltandosi per dare un’ultima occhiata quando raggiunsero gli alberi, scorsero lo strano connubio di sonda e corazza salire nel cielo con velocità sempre crescente. L’osservarono finché non si ridusse a un minuscolo puntolino e svanì; poi, di comune accordo, si diressero verso casa.

15

Wing padre non fu soltanto interessato; fu affascinato dal racconto del ragazzo. Aveva buon senso sufficiente per capire che nessuna delle azioni dei suoi familiari poteva essere responsabile del fatto che gli alieni si fossero messi a esplorare di persona la Terra, ma il fatto che si fossero decisi a farlo prometteva di favorire i suoi piani.

Il pasto di quella sera fu costituito soprattutto di conversazioni, poiché venne abbandonato ogni tentativo di tenere ancora segreta la cosa a qualcuno della famiglia. La signora Wing, ovviamente, aveva sempre saputo tutto fin dall’inizio; Roger ed Edie erano stati ragguagliati quella mattina; ma Billy e Margie non avevano né i dati specifici né le conoscenze di base che erano richiesti per comprendere appieno la situazione. Facevano domande che tendevano a far perdere il filo del discorso, ma soltanto Roger pareva infastidito dalla cosa. E poiché neppure lui osava mostrare apertamente il suo disprezzo nei riguardi della loro ignoranza, il tono generale della conversazione rimase sereno e vennero prese alcune importanti decisioni.

«Mi sembra» disse Wing padre «che questi «cosi»… forse potremmo cominciare a pensare a essi come a delle persone, adesso che abbiamo qualche idea del loro aspetto… devono avere messo finalmente al lavoro qualcuno dei loro scienziati. Non riesco però a capire le ragioni del ritardo.»

«Da un’occhiata a una foto della Via Lattea, e capirai» lo interruppe Don.

«Indipendentemente dalle ragioni, il fatto in sé ci può essere utile. Faranno scendere esploratori e apparecchiature, non c’è dubbio; e avranno certo in previsione di perdere una parte delle apparecchiature. Non intendo incoraggiare nei miei figli la disonestà, ma se potessimo avere a disposizione qualcuno di quegli apparati, almeno per il tempo sufficiente a esaminarne l’interno, la cosa mi farebbe piacere.»

«Ne deduco che non hai più timore che si allontanino spaventati» disse la signora Wing, in tono più di affermazione che di domanda.

«No. La questione se vogliano continuare il commercio è ormai fuori delle mie possibilità d’intervento… probabilmente dipenderà dai risultati che i loro scienziati otterranno. Ma non mi preoccupo; è chiaro che hanno un disperato bisogno di tabacco, e ho i miei dubbi che si riesca a coltivarlo su altri pianeti. Potrei parlare con maggiore sicurezza, però, se sapessi cosa se ne fanno. Una volta pensavo che lo usassero per fumarlo, come facciamo noi, ma la conoscenza di quella che per loro è una temperatura normale fa diventare un poco improbabile la cosa.

«Torniamo comunque al punto di partenza. Chiunque parlerà con loro in una delle prossime occasioni farà bene a consigliare di far scendere un altro trasmettitore, in modo che possano posarsi vicino alla casa. Non vedo l’utilità di fare tutte le volte dieci chilometri avanti e indietro soltanto per fare quattro chiacchiere in famiglia. Detto per inciso, Rog, mi chiedo se non avremmo fatto una migliore impressione cercando di imparare le loro parole, invece di insegnargli le nostre.»

«Può darsi. Ma sul momento non mi è venuto in mente.»

«E il commercio, padre?» domandò Don. «Continui come sempre, o cerchi di dare la nostra merce a quegli esploratori?»

Il padre rifletté sulla cosa.

«Credo sia meglio attenerci ai vecchi criteri» disse alla fine. «Non abbiamo nessuna prova che commercianti e scienziati siano collegati tra loro, e sarebbe un errore deludere i nostri clienti abituali. Forse, quando ci recheremo domani all’appuntamento, potresti spingerti fino al trasmettitore per dare il segnale. E porta con te un pacchetto di sigarette. Di solito, naturalmente, occorrono due o tre giorni per avere la risposta, ma se adesso sono con gli scienziati, possono essere molto più vicini del solito. Meglio essere pronti, nel caso che arrivi subito la risposta.»

«Vuoi dire che dovrò stare tutto il giorno accanto al trasmettitore, se necessario?» chiese Donald.

«Be, non c’è bisogno di arrivare a questi estremi» disse il padre. «Resta ad aspettare per qualche tempo nei paraggi, e poi vieni pure a raggiungerci dove siamo. Possiamo tenere d’occhio noi la giusta direzione, nel caso scenda un’altra sonda… in linea d’aria non possono esserci più di due o tre chilometri, e non dovremmo avere difficoltà per vederla.»

«Va bene. Io devo mandare il segnale, e gli altri devono parlare, suggerendo in particolare di far scendere un altro trasmettitore… sempre che ciascuno impari la lingua dell’altro quanto basta per comunicare una simile richiesta.» Don cambiò bruscamente argomento. «Senti, papà, mi è venuta un’idea. Tu dici che non occorre sempre aspettare la stessa quantità di tempo tra il segnale e l’arrivo della sonda?»

«Esatto. Mai meno di due giorni, mai più di tre.»

«Puoi darmi qualche data esatta in cui hai inviato il segnale, e la corrispondente data di arrivo? Più me ne dai, meglio è. Penso di poterle utilizzare.»

Wing padre rifletté per un momento.

«Alcune date, almeno» disse. «Ricordo bene quelle degli ultimi due anni, e probabilmente anche qualcuna degli anni precedenti, se mi sforzo. Che idea avevi?»

«Preferirei non parlarne, finché non sarò più sicuro. Vediamo cosa riesci a ricordare.»