Anche se aveva già prelevato dal vano di carico della sonda i contenitori con gli esemplari raccolti durante la sua visita precedente, fu soltanto nel rimettere a posto i contenitori vuoti che Ken scoprì la radio collocata laggiù da Feth. Per un momento si irritò sia con se stesso che con il meccanico, perché si era ormai dimenticato dell’avviso che Feth gli aveva rivolto alla partenza; poi si disse che era meglio così. Se Drai aveva continuato ad ascoltare fin dall’inizio della lezione di lingua, ormai doveva essere convinto che Ken non aveva grilli per la testa. Non c’erano state interruzioni che potessero insospettirlo.
Mentre nella mente di Ken passavano questi pensieri, anche Wing padre stava facendo le sue riflessioni. Sembrava evidente che lo straniero… non si erano ancora comunicati i rispettivi nomi… era sul piede di partenza. Quel viaggio era stato un’uscita abbastanza piacevole per la famiglia, questo è vero; ma una ripetizione quotidiana sarebbe stata un po troppo anche per una cosa piacevole, e a casa c’erano molti oggetti che potevano venire utili nelle lezioni di lingua. Pareva dunque giunto il momento di compiere il tentativo che in precedenza aveva suggerito agli altri membri della famiglia: cercare di convincere l’alieno ad atterrare più vicino alla casa.
Di conseguenza, quando Ken finì di sistemare i contenitori vuoti, di chiudere il vivaio e di legarlo alla sonda, trovò davanti a sé il più grande degli indigeni che gli presentava un disegno ben eseguito, ma assolutamente incomprensibile, e che pareva desideroso di comunicare informazioni di qualche genere.
Occorsero quattro o cinque minuti per chiarire il significato della mappa, anche se Ken capì in generale l’idea fin dai primi secondi. La difficoltà stava nella scala. Alla fine, comunque, il sarriano capì. Prima passò qualche minuto a descrivere in dettaglio la mappa a Feth, in modo da poterla studiare e riprodurre in seguito, e poi disse: «Sì» a Wing padre.
«Domani… un giorno dopo oggi… qui» ripeté l’uomo, e Ken agitò la testa. Aveva notato che, come prevedibile, quelle creature univano al loro linguaggio vocale anche quello dei gesti.
«Qui.» Indicò lo stesso punto, come meglio poté, con un manipolatore, e la carta divenne scura prima che si affrettasse a toglierlo. Poi gli tornò in mente qualcosa d’altro. «Non domani. Non un giorno dopo oggi. Due giorni.»
Wing padre aggrottò la fronte.
«Non domani?»
«No. Due giorni. Partire adesso; freddo.» E Sallman Ken si voltò, prese dal vano di carico la radio, la posò in terra, disse: «Portare!» e si dedicò al compito di legarsi nuovamente alla sonda. Si era staccato, contrariamente ai suoi progetti originali, quando si era accorto che non poteva raggiungere il vano di carico mentre era incatenato alla chiglia della sonda.
L’indigeno, fortunatamente, non disse niente mentre lui si legava allo scafo. In realtà, Wing padre era troppo stupito dagli ultimi avvenimenti e non era in grado di dire niente; persino i bambini si chiedevano come avesse fatto. Ken si sollevò in aria tra un mortale silenzio, finché i due più piccoli, ricordando l’educazione, esclamarono: «Arrivederci!» all’indirizzo della forma che si allontanava. Udì a malapena le parole, ma riuscì a indovinarne il significato.
Al ritorno sulla Karella, la sua prima preoccupazione fu quella di portare all’interno il vivaio. Aveva già svuotato l’interstizio tra le due casse aprendo per alcuni istanti una piccola valvola durante il viaggio nello spazio; ora accese il refrigeratore e non staccò gli occhi dal termometro collocato all’interno del vivaio finché non fu certo che le fluttuazioni fossero terminate. Allora, e soltanto allora, cominciò a riascoltare la registrazione, insieme con Feth, per essere certo di ricordare il centinaio di parole che aveva imparato durante la discesa.
Laj Drai, con una certa sorpresa di Ken, vietò di interromperlo, anche se Feth disse che aveva ascoltato attentamente i colloqui durante l’intera permanenza di Ken sul pianeta. Mentre ripassava le parole, Ken riuscì a dire al meccanico cosa aveva fatto della radio, e Feth ammise che era stata una buona mossa. Non c’era più da temere che Drai o Lee finissero per scoprire accidentalmente il contenuto della sonda.
Pareva che Ken fosse stato più convincente di quanto si era aspettato lui stesso, nel suo discorso a Drai prima della partenza. Era rimasto un po sorpreso quando il padrone aveva evitato di interromperlo al suo ritorno; ora si accorse che Drai non stava nella pelle dal desiderio di farlo, ma temeva di mettersi di nuovo dalla parte del torto. Quando il colloquio tra Ken e Feth giunse alla fine, Drai si precipitò al fianco dello scienziato, chiedendogli di completare con le sue impressioni visive le descrizioni che aveva dato per radio.
«Mi occorrerebbe una macchina fotografica per dare una buona idea del loro aspetto» rispose Ken. «M’ero sbagliato per ciò che riguardava la loro dimensione; quelli che ho visto inizialmente dovevano essere i bambini. Gli adulti sono leggermente più grossi di noi.
«Non credo che la loro lingua sia difficile e mi pare che questo gruppo, almeno, sia intenzionato a collaborare con noi.» E parlò di come l’avessero aiutato a raccogliere le piante.
«Infatti, ho dato loro un’occhiata» disse Drai. «Non credo che una di quelle sia la cosa che cerchiamo, vero?»
«No, a meno che non usino nomi diversi per la pianta viva e per il prodotto. Mi hanno detto il nome di ciascuna pianta mentre la mettevano nel vivaio, e avreste sentito anche voi se avessero detto «tafacco» anche una sola volta.»
Drai rifletté per un momento, prima di riprendere la parola.
«Bambini, eh?» disse. «Forse, se vi metteste a lavorare con loro e riusciste a sbarazzarvi degli adulti, le cose potrebbero essere più semplici. Dovrebbe essere più facile ingannare i bambini.»
«Qualcosa di simile è venuto in mente anche a me» disse Ken. «Forse dovremmo costruire delle altre casse da portare giù; potrei darle da riempire ai bambini durante le prossime lezioni di lingua, e alla fine avrei una buona scusa per parlarne con loro. Qualcosa potrebbe venire fuori, se non interferissero i genitori.»
«Genitori? Come sapete che sono i genitori?»
«Non lo so, ovviamente; ma sembra probabile. Cosa ne dite?»
«Buona idea, mi sembra. Potete fare una scatola per ciascun bambino prima di domani?»
«No, non conto di scendere così presto. Devo tener conto di quelli che, a quanto mi ha detto Feth, sono gli effetti del tafacco sull’organismo, e penso di non farcela.»
Drai tacque quanto bastava per fare alcuni calcoli mentali.
«Probabilmente» disse «avete ragione. Dovremo ritornare su Uno per farvi avere la vostra dose; non so neanch’io il perché, ma non mi piace portarmi dietro quella roba, col rischio che cada nelle mani sbagliate.» E sorrise, in quel suo modo carico di sottintesi antipatici che portava Ken, ogni volta che lo scorgeva, a odiare lo spacciatore un poco di più.
17
«Papà, vuoi per favore spiegarmi come sei riuscito a fartela dare?» Don fissava a occhi spalancati la radio sarriana. Roger rise.
«Non è stato lui a farsela dare. Ha passato tutto il pomeriggio a insegnare l’inglese all’extraterrestre, e quello, proprio mentre stava per andarsene via, si è voltato e ha posato per terra quell’oggetto. «Portare!» ha gridato, ed è partito. Cosa credi che sia, papà?»
«Non posso saperlo fino al suo ritorno, Rog. Può essere un apparecchio che intende usare nella sua prossima visita; può essere un dono per ringraziarvi di averlo aiutato a raccogliere le piante. Mi pare che sia meglio portarlo a casa, come ci ha detto lui, e non fare niente fino al suo ritorno.»
«Ma se non ritornerà prima di due giorni…»
«So che la curiosità è una malattia dolorosa, Rog; ne soffro anch’io. Ma continuo a credere che risulterà vincitore in questa nuova sorta di commercio colui che procederà con maggiore cautela e che terrà nascosti più a lungo i suoi veri interessi. Non siamo ancora sicuri che le sue indagini scientifiche non abbiano un solo scopo: evitare di dover pagare il tabacco. In fin dei conti, perché questo tizio ha cominciato proprio con le piante? C’è un mucchio di altre cose che potrebbero interessargli.»