Si chiese se una reazione così attiva fosse da imputare unicamente all’ossigeno, o se vi prendesse parte anche l’azoto, che costituiva una così elevata percentuale dell’atmosfera. In fin dei conti, l’azoto si era combinato con il suo campione di titanio. Non pareva esserci modo di raccogliere campioni dei gas combusti, ma forse qualcuno dei residui solidi della combustione avrebbe potuto dirglielo.
Ken scese in mezzo al fuoco, fece posare a terra la sonda, aprì il portello di carico e gettò al suo interno vari campioni di legno carbonizzato. Poi scese un poco più a valle, trovò un mucchio di ceneri grigiastre e aggiunse anche quelle alla collezione. Momentaneamente soddisfatto, si staccò di nuovo dal terreno, chiedendosi vagamente se il soggiorno fra le fiamme gli avrebbe permesso di allungare il suo periodo di permanenza sul pianeta. Si era accorto che i termostati dell’armatura erano scattati, e che di conseguenza alcuni dei riscaldatori si erano spenti: nel corso degli ultimi minuti, gli strati esterni della corazza dovevano essersi notevolmente riscaldati.
Per vedere quanto tempo avrebbe impiegato l’incendio per spegnersi, Ken avanzò di una cinquantina di metri rispetto al fronte delle fiamme, e cominciò a misurare la velocità a cui procedeva il fuoco in vari punti. Il sistema però non gli disse molto, poiché la velocità delle fiamme era assai variabile… come avrebbe potuto insegnargli qualsiasi guardia forestale. Dipendeva soprattutto dal tipo di combustibile di una data zona, e dalla configurazione del terreno, che faceva variare le correnti d’aria che alimentavano il fuoco; si trattava di dati difficili da raccogliere, e Ken non poté apprendere molto. Rinunciò dunque al suo tentativo, si spostò un poco in avanti, e cercò di studiare gli animali che cercavano di allontanarsi dal più grave pericolo che avesse mai minacciato le loro piccole vite.
In quel momento, il microfono della sonda raccolse un crepitio assai diverso da quello del fuoco, una specie di soffio pesante che ricordò a Ken i suoni da lui uditi quando aveva visto per la prima volta Roger. Ricordando che non aveva più visto due degli indigeni da quando era scoppiato l’incendio, lo scienziato cominciò a preoccuparsi; e dopo una breve ricerca vide che le sue preoccupazioni erano giuste. Roger ed Edith Wing ansimavano e tossivano per il fumo e la stanchezza, e si muovevano alla cieca in mezzo ai cespugli.
La prima idea di Roger era stata quella di attraversare il cammino delle fiamme, per allontanarsi dalla zona incendiata: data la situazione, era la cosa più sensata da fare. Molte cose, però, non gli avevano permesso di farlo. Per prima cosa, il fumo aveva ridotto a pochi metri la visibilità, e fratello e sorella erano finiti in una depressione del terreno. Servendosi come guida dell’inclinazione della montagna, avevano fatto parecchie volte il giro della depressione prima di accorgersi di cosa stesse succedendo. Ormai le fiamme erano giunte fin quasi a loro, e l’unica possibilità che rimanesse ai due ragazzi era quella di attraversare il cerchio di fuoco per arrivare nella zona dove le fiamme si erano già spente. Ma non sapevano quanto fosse esteso il fronte delle fiamme, e muoversi parallelamente a esso era follia. Avevano cercato di aggirare il fuoco e di tenersi a una certa distanza da esso, ma cominciavano a essere stanchi: soltanto per tenersi lontano dalle fiamme, dovevano fare appello a tutte le loro energie. Il fumo li accecava, avevano gli occhi pieni di lacrime e la faccia sporca di fuliggine. Nel caso di Edith, poi, le lacrime non erano dovute unicamente al fumo; piangeva per la stanchezza e per la paura, e anche il ragazzo faticava a conservare la padronanza di sé.
Nessuno di questi fatti era precisamente chiaro agli occhi dello scienziato poiché la faccia umana, con o senza emozioni, era uno spettacolo relativamente nuovo per lui; ma la scena destò tutta la sua commozione. Forse, se la stessa situazione si fosse presentata quando aveva visto per la prima volta gli indigeni, Ken sarebbe rimasto a osservare spassionatamente la scena, per vedere cosa facevano quelle creature in un momento di pericolo. Ora, però, dopo i suoi colloqui con Wing padre e dopo avere avuto la prova della loro cultura e delle loro conoscenze scientifiche, il sarriano sentiva una sorta di fratellanza intellettuale nei riguardi delle creature che stavano davanti a lui; erano persone, e non animali. Inoltre, erano finiti nel pericolo mentre lavoravano per lui; ricordava che quei due si erano allontanati per cercargli dei campioni. Dopo averli visti, non ebbe un solo istante di esitazione.
Scese verso i bambini e ripeté con l’altoparlante della sonda una delle poche parole della loro lingua che conosceva: «Portare!». Si fermò davanti a loro, che lo fissarono con stupore, e cercò di non entrare in contatto con la vegetazione. Edith fece per recarsi da lui, ma, per sua fortuna, Roger era ancora in grado di ragionare.
«No, Edie!» disse. «Ti bruci. Dobbiamo salire sulla macchina che lo porta.»
Anche Ken l’aveva già capito, e manovrava i comandi in modo da portare accanto ai ragazzi la coda della sonda, senza però toccare i cespugli con la corazza. Avrebbe potuto dare fuoco senza preoccupazione a quei cespugli, perché in ogni caso erano destinati a incendiarsi poco più tardi, ma gli pareva che i giovani indigeni avessero già le loro preoccupazioni, anche senza dover badare a un altro fuoco.
Il problema del trasporto dei ragazzi era un po complicato, poiché tra i piedi di Ken e lo scafo della sonda a cui era appeso c’era una distanza di due metri, e la sonda aveva dei circuiti automatici che la tenevano orizzontale quando si trovava in un campo di gravità. Però, poteva ruotare su qualsiasi asse, a parte il fatto che Ken non aveva mai fatto quella manovra e che quindi aveva bisogno di un po di tempo per trovare la giusta combinazione di comandi. Parve anche a lui che passasse un’eternità, prima che riuscisse a mettere la sonda nella posizione voluta; si era gettato di tutto cuore nel salvataggio e la sua ansia era pari a quella dei ragazzi; ma alla fine l’estremità posteriore del cilindro, larga un metro, distava da terra poche decine di centimetri.
I bambini cercarono immediatamente di salire a bordo, ma non ebbero fortuna: il metallo era troppo liscio, non c’erano appigli a cui si potessero tenere, ed essi stessi erano troppo esausti. Roger fece con le mani una scaletta per la sorella e riuscì a farla salire sulla sonda, ma dopo un istante la ragazzina scivolò a terra e riprese a piangere per la disperazione. Roger si fermò, senza sapere che decisione prendere. Un soffio di aria rovente e satura di fumo lo fece boccheggiare privo di fiato, e pensò che rimanevano loro pochi secondi prima di essere avvolti dalle fiamme. Per un istante fissò con invidia la forma del sarriano appesa all’altra estremità del lungo siluro: per lui probabilmente il soffio delle fiamme era soltanto una brezzolina rinfrescante; poi vide i morsetti a cui venivano appese le scatole contenenti i campioni.
Per un attimo, anche quelli gli parvero inutili. Non pensava di poter resistere a lungo, appeso a quelle piccole sporgenze di metallo, e la sorella non era in grado di resistere neppure per pochi istanti, perché era troppo esausta. Poi gli venne un’idea. I morsetti erano simili a ganci, e si potevano chiudere e aprire come i fermagli delle spille; quando erano chiusi formavano un anello. Roger chiuse quello più vicino, si tolse la cintura e la infilò dentro, poi affibbiò di nuovo la cintura. Corse da Edie, la aiutò ad alzarsi… e la ragazzina si rianimò un poco, vedendo cosa faceva il fratello… si fece dare la sua cintura e la infilò in un altro morsetto, senza soffermarsi a ringraziare la loro buona fortuna per il fatto che la sorella aveva i jeans. I ragazzi li portavano sempre, nei boschi. Poi l’aiutò a salire, mostrandole come dovesse tenersi con le braccia a una delle cinture infilando nell’altra le gambe. Edie doveva fare un certo sforzo per tenersi, ma la maggior parte del suo peso gravava sulla cinghia che le sosteneva le gambe. Quando gli parve che la sorella fosse al sicuro, Roger indicò al sarriano di portarla via.