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Ken capì tutto e la sua ammirazione per la razza umana salì ancora di un grado o due. Non ebbe esitazioni e non fece discussioni: sapeva benissimo che il ragazzo aveva trovato il solo metodo possibile per trasportare uno di loro, e anche se Ken fosse stato in grado di parlare bene la loro lingua, una discussione sarebbe stata solo una perdita di tempo. Si affrettò a sollevarsi in volo: la ragazzina, stupefatta, era sospesa dietro di lui.

Prima si sollevò al di sopra del fumo, per dare alla sua passeggera la possibilità di respirare; poi si guardò attorno con attenzione, per essere certo di ritrovare il punto da cui si era allontanato. Una momentanea interruzione della coltre di fumo gli mostrò la figura di Roger che cercava di risalire sul fianco del monte; e senza aspettare altro, Ken diresse la sonda verso la casa. La signora Wing li vide arrivare, e, meno di quarantacinque secondi più tardi, Ken ripartiva per andare a prendere il suo secondo passeggero.

Anche se il tempo passato era poco e se prima di partire aveva osservato attentamente il punto dove aveva lasciato il ragazzo, Ken, quando si alzò in volo, capì che non sarebbe stato facile trovarlo. Non incontrò difficoltà a raggiungere il suo precedente punto di osservazione; ma, una volta arrivato laggiù, si accorse che non avendo a disposizione strumenti e a causa della presenza di correnti d’aria forti e imprevedibili, non poteva determinare se si era innalzato in verticale quando si era staccato da terra, e non era neppure sicuro di riuscire a scendere perfettamente in verticale. Naturalmente, aveva visto Roger quando era già in aria, ma il ragazzo non era rimasto fermo. Ken poteva togliere potenza alla sonda e cadere verticalmente, ma era una manovra poco raccomandabile. La sonda era pesante, e lui non voleva che gli urtasse contro l’armatura, soprattutto alla gravità di quel pianeta. Fece come meglio poté, scendendo a livello del terreno con la massima velocità possibile e cominciando a descrivere dei cerchi intorno al punto di discesa.

Nel punto dov’era atterrato, il fuoco non era ancora giunto, solo i cespugli cominciavano a fumare. Il ragazzo non aveva lasciato tracce, e se anche ne avesse lasciate, Ken non era in grado di riconoscerle. Per scrupolo, l’alieno scese lungo il fianco del monte, fino a raggiungere i margini delle fiamme, ed esaminò la zona circostante, per una cinquantina di metri in entrambe le direzioni: distanza considerevole, dato che la visibilità era cinque metri o poco più. Poi cominciò a risalire.

Roger aveva fatto più strada di quanto si potesse supporre, viste le condizioni in cui Ken lo aveva lasciato; passarono almeno dieci minuti prima che lo scienziato riuscisse a trovarlo, e, quando lo trovò, vide che cercava ancora di andare avanti, ma senza grandi successi. Comunque, era riuscito ad allontanarsi un po dal fuoco.

Lo chiamò di nuovo con l’altoparlante, e abbassò nuovamente la parte posteriore della sonda. Roger, con un ultimo sforzo, infilò le gambe nell’anello di una delle cinghie e strinse fra le braccia l’altra. Aveva il viso a pochi centimetri dallo scafo della nave, che si era un po riscaldato durante il passaggio attraverso le fiamme; ma non poteva certo rimanere dove si trovava in quel momento, e quasi non si accorse delle leggere scottature sulle mani e sulla faccia.

Ken, una volta certo che il ragazzo si teneva ben saldo, s’innalzò al di sopra del fumo e portò fino alla casa il suo secondo passeggero. Quando la sonda si fermò, Roger continuò a tenersi stretto ai suoi appigli, ma non si trattava di un’azione consapevole: la madre dovette aprirgli con la forza le mani.

Ken vide che non aveva più niente da fare in quella zona vicino alla casa, e risalì al di sopra delle cime degli alberi per vedere come gli indigeni lottavano contro il fuoco: ormai, dei bambini da lui salvati, potevano prendersi cura gli adulti, che certo erano più competenti di lui. A quel punto, pareva che il momento di massimo pericolo fosse superato; la zona in cui si era sviluppato l’incendio era bruciata completamente, e il fuoco continuava ad ardere soltanto nella parte alta della montagna.

I terrestri continuavano a innaffiare la parte di bosco accanto a quella incendiata, e progressivamente salivano sempre più in alto, ma il fronte delle fiamme era ormai lontano da loro. Come previsto da Ken, si dirigeva verso le rocce, dove era destinato a esaurirsi per mancanza di combustibile; ma in ogni caso dovevano ancora trascorrere molte ore perché si spegnesse del tutto. I Wing sapevano perfettamente che un simile incendio sarebbe stato pericoloso ancora per giorni, se fosse cambiato il vento, e stremati proseguirono nei loro tentativi di arginarlo finché non furono costretti a fermarsi.

Per un paio di volte, durante quel periodo, Ken scese a terra in qualche zona brulla nei pressi della casa dei Wing e disegnò sul terreno una piantina della situazione. Una volta dovette nascondersi sotto gli alberi per alcuni minuti mentre ronzava sopra di lui una macchina volante dalle ali rigide e provvista di tre motori; poi tornò a nascondersi quando giunse dalla strada di Clark Fork un gruppo di uomini che si diresse, con pompe e altri arnesi, verso la parte alta del monte. Dopo questi due episodi, Ken non si allontanò più dalle vicinanze della casa; non aveva alcun desiderio di farsi vedere da quei nuovi indigeni, perché temeva che il suo avvistamento potesse intralciare le sue lezioni di inglese. E forse non aveva tutti i torti.

Soltanto dopo l’arrivo di questo nuovo gruppo di uomini fecero finalmente ritorno Don e Wing padre, che erano prossimi a crollare per la stanchezza. Erano pieni di graffi, sporchi di cenere, bruciacchiati; perfino Ken riuscì a notare la diversità tra il loro aspetto precedente e quello attuale, perché parevano ancor più in cattivo stato di Roger ed Edith. Soltanto allora, Wing padre venne a sapere del rischio corso dai figli e del loro salvataggio, perché Ken non aveva neppure cercato di accennare all’argomento. Con la sua limitata conoscenza della lingua, era troppo difficile costruire le frasi opportune.

Anche Wing padre incontrò le stesse difficoltà, dopo avere udito la storia. Ken aveva già avuto l’impressione che in quella razza i legami affettivi fossero molto sviluppati, e adesso ne ebbe la conferma. Wing padre ebbe forse difficoltà a trovare le parole adatte a esprimere i suoi sentimenti, ma coi fatti dimostrò chiaramente la sua gratitudine.

19

La Karella aveva lasciato l’atmosfera terrestre, ma non era ritornata all’orbita precedente. Era stata ristabilita la comunicazione con Ken… a lui sarebbe piaciuto sapere in che momento era successo… e la sonda che trasportava lo scienziato era di nuovo sotto il controllo di Feth. Il ritorno a bordo si svolse come ogni altra volta. Ken lasciò momentaneamente nella camera di decompressione le due casse dei vegetali, dopo avere regolato i frigoriferi allo stesso livello di potenza usato per il primo vivaio; quanto alle altre due casse, contenevano soltanto campioni di minerali, e le portò con sé. Quando Ken emerse dalla sua crisalide metallica, Drai lo salutò con aria un po acida.

«Siete ritornato, finalmente. Cos’avete combinato, ammesso che abbiate combinato qualcosa?»

Ken lo fissò con uno sguardo che assomigliava, più che in qualsiasi precedente occasione, a un’aria di sfida.

«Ben poco» rispose. «Grazie alla leggera distrazione procurata, a quanto pare, da voi, gli indigeni avevano altro di cui occuparsi, invece di parlare con me.»

«Come potevo sapere che lo scafo della nave avrebbe scatenato una reazione a catena nella vegetazione locale? Pensavo che se poteva succedere, doveva già essere successo molto tempo fa per qualche altro motivo.»