«Mi sembra di avere accennato io stesso al pericolo. E può darsi che sia già successo altre volte. Gli indigeni hanno i loro mezzi per affrontare la situazione, sono organizzati.»
«Allora, il fuoco è spento?»
«Non completamente. È probabile che continui a reagire ancora per qualche ora. Quello che mi dà fastidio, però, è la vostra tendenza a dare per assodato che sono uno sciocco o un bugiardo. Vi ho spiegato cosa è successo alla vegetazione che ho preso in mano; vi ho detto cosa stavo facendo con l’indigeno per imparare la sua lingua. E voi siete stato a sentirmi per buona parte del tempo. Cosa vi è preso, per scendere in quella maniera?»
«Mi è preso che non mi fido delle vostre parole» disse Drai, senza mezzi termini; evidentemente, si sentiva inattaccabile. «Avete detto che tra voi e l’indigeno non si è parlato di tafacco; avete detto che non era lo stesso indigeno con cui avviene il nostro commercio.»
«Ho detto che non ero certo che fosse lo stesso» disse Ken. «Si tratta comunque di un particolare di secondaria importanza… continuate.»
«Il primo giorno, mentre voi eravate sul pianeta a parlare con l’indigeno, è arrivato un segnale dal trasmettitore fisso, per comunicarci che erano pronti per lo scambio.»
«Questa notizia» disse Ken «non fa che confermare le mie parole. Io non ero vicino al trasmettitore. Chiedetelo a Feth… è stato lui a farmi scendere.»
«È quello che ho pensato io… per qualche tempo. Ma oggi, passato il solito intervallo di tempo tra segnale e arrivo della sonda, ho inviato un’altra sonda mentre voi eravate occupato con la vostra «lezione di lingua»… e non è successo niente! Non c’era nessuno!»
«Volete dire che nessuno vi ha dato il tafacco?»
«E che nessuno ha preso il metallo» continuò Drai. «Potrei pensare che cercassero di imbrogliarmi, se il metallo fosse scomparso senza lasciare qualcosa al suo posto; ma la cosa, così com’era successa, non mi quadrava. Ho pensato che dovevate esservi lasciato scappare qualcosa in un momento in cui non ascoltavo, e sono sceso a controllare cosa stavate combinando.»
«Lasciando momentaneamente perdere la questione di come potevo sapere che eravate in ascolto oppure no, non so se rallegrarmi di essere giudicato soltanto stupido, e non disonesto. Ammesso e non concesso che il mio indigeno sia il vostro commerciante, poteva avere intenzione di raggiungere il trasmettitore più tardi, nel corso della giornata, dopo avere parlato con me. Sapeva che non mi fermavo molto. In tal caso, dovete ringraziare soltanto voi stesso, se poi non si è recato all’appuntamento: aveva troppo da fare. Inoltre, due dei piccoli hanno rischiato di rimanere uccisi nella reazione a catena; non credo che sia molto soddisfatto di voi, ora come ora, se ha collegato tra loro il commercio e la nave. Dopotutto, ricordate che già sapeva che le sonde vengono dal Pianeta Uno.»
«Questo non posso crederlo. È impossibile che lo sapesse. Anzi, è un altro motivo che mi fa pensare che volete coprire delle vostre indiscrezioni. Come sapete che due indigeni sono stati minacciati dal fuoco?»
«Perché li ho visti. Anzi, li ho salvati… li ho portati via dalla zona pericolosa servendomi della sonda. Ho passato del tempo a studiare l’incendio, anche perché non avevo più niente da fare, dopo che voi l’avete iniziato. Posso dimostrarlo: ho dei campioni di residui di vegetali che possono darci altre informazioni sul pianeta.»
Drai lo fissò per alcuni istanti, senza parlare. «Non mi avete ancora convinto» disse poi «e farete bene a convincermi prima che arrivi la vostra prossima crisi di astinenza. Se smetteranno il commercio, io smetterò di distribuire campioni gratuiti.»
Dalle retrovie, Feth si lasciò scappare un rumore incontrollabile che era l’equivalente di un «oh!» di stupore; Ken si concesse per un istante di mostrare un’espressione d’ansia. Aveva già sperimentato una breve crisi di astinenza, e non intendeva sperimentarne una più lunga. Drai vide la sua espressione e gli rivolse un cenno d’assenso. «Sì» disse «la scorta non è molto grande, e se dev’essere l’ultima, intendo venderla bene. Ma il vostro racconto mi ha fatto venire un’idea. Se è vera questa storia che avete salvato due indigeni, evitando loro la morte per eccesso di riscaldamento, potete scendere sul pianeta e fare leva sulla loro gratitudine. Potete spiegare che voi volete comprare da loro il tafacco. Certo verranno incontro ai desideri dell’eroe che li ha salvati da una morte terribile. Soprattutto se lui, l’eroe, spiegherà loro che andrà incontro a dei grossi guai se non riuscirà a procurarsi il tafacco. Scendete immediatamente; ormai la vostra armatura si è riscaldata abbastanza. Non abbiamo ancora fatto risalire l’altra sonda; non appena passerete ai comandi manuali, là sotto, vi manderemo l’altra sonda con il metallo per lo scambio, e sarete libero di mercanteggiare quanto volete.»
Drai tacque, ma sulla faccia gli rimase una smorfia di derisione.
«Il fatto che la mia conoscenza della lingua sia ancora frammentaria non vi preoccupa?» domandò Ken.
«No. Secondo me, voi la sapete più lunga di quanto volete ammettere.»
«E invece il fatto che ci sono, al momento, numerosi altri indigeni sulla scena dell’incendio? Quando sono arrivati, mi sono nascosto in mezzo agli alberi per non farmi vedere, ma non posso stare nascosto e portare avanti il commercio allo stesso tempo. Volete che faccia tutto all’aperto? Per qualche tempo, tutti gli indigeni saranno occupati a spegnere il fuoco, ma suppongo che in seguito vorranno il metallo.» Fece una pausa. «Non vedo come possano essere tutti l’indigeno con cui commerciavate voi. Ma penso che non vi disturbi aprire nuove trattative anche con gli altri…»
Laj Drai lo interruppe. «Aspettate.»
«Oh, basterebbero pochi carichi di metallo per accontentarli tutti, ne sono certo.»
«Dicevo di aspettare.» Drai, probabilmente, si accorse dell’espressione soddisfatta che era comparsa sulla faccia dello scienziato, perché continuò: «Ho un’altra idea. La Karella scenderà con voi; osserveremo e ascolteremo. Tutt’al più, se l’indigeno facesse delle storie, si potrebbe accendere un altro fuoco.»
«Adesso desiderate che gli indigeni diano una buona occhiata a una nave spaziale vera e propria. Non v’importa niente della legge, vero?»
«Voi cosa ne dite? Inoltre, ormai l’hanno già vista. Comunque, noi aspetteremo… per un poco. Potremmo posarci a poca distanza dalla zona dell’incendio, per poi avvicinarci quando sarà spento. In questo modo» fissò entrambi gli occhi su Ken «sapremo sempre chi parla, e per quanto tempo.»
Ciò detto, si voltò, fece forza coi tentacoli contro una parete e sparì veleggiando lungo il corridoio. Feth l’osservò con aria preoccupata.
«Ken» disse poi «non dovreste usare con lui quel tono di voce. So che vi sta antipatico… sta antipatico a tutti… ma ricordate quello che può fare. Pensavo che dopo averne avuto un assaggio, vi foste un poco calmato. Ma adesso quasi sicuramente vi toglierà la vostra dose per il solo gusto di farlo.»
«Lo so… mi spiace di avere messo nei guai anche voi» rispose lo scienziato. «Ma quando si arrabbia mi fa meno paura. Adesso, mentre lui non c’è, dobbiamo dirci in fretta delle cose. C’è del lavoro da fare. Prima di tutto, diceva la verità, quando ha detto che le scorte di tafacco sono limitate? Le tiene tutte in quella cassaforte frigorifera da cui prende le nostre dosi?»
«Sì, e probabilmente ha detto la verità; la maggior parte della droga raggiunge il sistema sarriano alla fine della stagione, e lui non ne tiene una grossa quantità con sé.»
«Quanto è una dose? Non ho mai potuto dare un’occhiata a ciò che c’era all’interno del mattoncino di aria congelata.»
«Un piccolo cilindro di questa dimensione.» Feth gli fece vedere. «Ci arriva già in quella forma, ma in bastoncini più lunghi. Lui li taglia in dieci parti, e ne fa dieci dosi separate.»
«Benissimo. Desideravo esserne certo. Adesso, che potenza hanno i piccoli frigoriferi che abbiamo installato nei vivai? Sono in grado di congelare la nostra aria?»