Si ricordò perfino di scrivere un breve rapporto per Rade.
A terra, per qualche tempo non parlò nessuno.
«Papà, non riesco neppure a muoverlo» furono le prime parole che si udirono. Venivano da Roger, che aveva cercato di muovere la massa grigia che aveva toccato terra davanti a loro.
«Peserà almeno cento chili» disse Don. «Se è tutto platino…»
«Avremo il nostro lavoro per tagliarlo in pezzi abbastanza piccoli da non destare troppa attenzione» terminò il padre. «Ma adesso lasciatemi guardare il disegno.» Era un piccolo schema del sistema solare. Accanto a esso c’era la figura inconfondibile di una nave spaziale come la Karella… che si allontanava. Accanto, c’era un secondo disegno, che rappresentava in scala più grande le orbite dei pianeti interni: su di esso erano indicati gli archi descritti da ciascuno dei pianeti in un periodo di un mese circa; infine c’era un terzo disegno uguale al primo, ma in esso la nave spaziale si dirigeva verso il sistema. Il significato era abbastanza chiaro, e sulla faccia di Wing padre comparve un sorriso.
«Penso che continueremo a procurarci il companatico come in passato» disse «e penso che il nostro amico voglia imparare ancora un po di inglese. Ritornerà, niente paura. Per qualche tempo ho temuto che la stecca di sigarette che gli ho regalato avesse fatto un cattivo effetto su di lui. Allora…» si voltò verso i figli e riprese, dopo un attimo: «Don… Roger… andiamo. Se sarà assente per un mese, e se quella navicella è ancora dove l’abbiamo vista, ci sono delle macchine da smontare. Roger, può darsi che quando avrai l’età di tuo fratello maggiore potrai essere tu ai comandi, quando restituiremo la visita al tuo amico dal sangue bollente…»
FINE