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"Devo scappare" penso. "Altrimenti continueranno a picchiarmi, fino alla morte." Si ricordo di cio che avevano fatto a quel povero cinese, e sudo freddo. "Non lo sopporterei" penso. Un lampo di furbizia gli illumino gli occhi e mise mano alla fibbia della cintura. La slaccio e la sfilo dai passanti dei pantaloni. Poi si alzo in piedi, vacillando. Dovette appoggiarsi con la mano al muro per reggersi.

Con cura esagerata fece passare la lunga cinghia di cuoio lungo la fibbia.

Aveva cosi formato un cappio, e se lo passo attorno al collo, tirando la cinghia ben stretta.

«Devo trovare un gancio, un chiodo, qualcosa. Devo fissare l'altra estremita da qualche parte» mormoro. Vago per la stanza, scrutando le pareti nude. Fece un giro completo e si fermo davanti alla porta, per la seconda volta.

«Allora, che faccio?»

Rimase cosi, con la testa ciondoloni, e la cinghia appesa al collo. Ripercorse la stanza ancora piu lentamente, ma le pareti erano nude. Non c'erano ne finestre, ne ganci, solo una lampadina in mezzo alla stanza. Si sedette sul pavimento e si mise a pensare. Il battaglio continuava a martellargli in testa, si strinse il capo tra le mani.

Poi vide la soluzione. «Non sono piu cosi sveglio, come una volta» disse a se stesso. Annaspo carponi fino alla porta e fisso la cinghia alla maniglia.

A testa in giu, avrebbe potuto impiccarsi benissimo. Ci voleva tempo, ma ci sarebbe riuscito.

Impiego un sacco di tempo a legare saldamente la cinghia alla maniglia.

Tenne la cinghia corta, in modo che il collo sarebbe stato a pochi centimetri dalla maniglia, poi alzo i piedi lentamente finche non si fu completamente capovolto, con tutto il peso appoggiato sulle mani.

Non pensava minimamente alla morte. L'unica sua preoccupazione era di farla in barba a Carlos. Rimase immobile per qualche secondo, poi stacco le mani, e il peso si trasferi tutto sulla cinghia. La fibbia lo colpi al collo e il cuoio gli sego la pelle.

"Funziona!" penso, trionfante. Il sangue gli scendeva alla testa. Lo spasimo dei polmoni era tale che stava per mettere le mani per terra, ma si astenne dal farlo. Davanti agli occhi, il buio completo. Poi, la maniglia della porta si spezzo e lui cadde sull'impiantito con un grande strepito.

Inebetito, respiro a pieni polmoni l'aria calda. Il morso della cinghia l'aveva ferito e colava sangue dal suo collo. Ma il senso di sconfitta era ben peggiore della sofferenza che martoriava il suo corpo stanco.

Sfilo la cinghia dal collo, e resto supino, fissando il soffitto sporco. Era talmente intontito che non riusciva a coordinare i pensieri, ma sapeva che se continuava a pensare, avrebbe trovato un'altra soluzione.

Rimase a lungo cosi, infine si alzo a sedere. Ancora una volta un lampo di furbizia brillo nei suoi occhi. Afferro la cinghia e ne esamino la fibbia.

C'era l'ardiglione, corto, aguzzo… Sulle vene del polso, penso. Bastava pungerle con l'ardiglione e sarebbe morto dissanguato.

«E una bella morte. Chissa perche non ci ho pensato prima» mormoro.

Freneticamente, cerco l'arteria. Quando credette di averla trovata, prese la fibbia e spinse l'ardiglione nella carne.

Apparve una macchiolina di sangue, spinse con piu forza. L'arteria comincio a pulsare violentemente. Poi all'improvviso l'ardiglione affondo nella carne e il sangue ne usci fluente. Fenner era cosi esausto che cadde riverso all'indietro. Batte la testa contro il muro e perse i sensi.

Un'ombra oscura si materializzo nella nebbia. Fenner guardo meglio e si chiese vagamente se fosse un angelo. No, non un angelo, bensi Ricciolina.

Si chino su di lui e gli disse qualcosa che lui non capi, ma rispose: «Ciao, bambola» sommessamente.

La stanza cominciava a prendere forma e la nebbia si diradava. Dietro a Ricciolina c'era un uomo in piedi, con una faccia che assomigliava a quella di una capra. Vago, come se fosse lontano, lontano, Fenner lo senti dire:

«Ora stara meglio. Basta che lo lasciate riposare. Se avrete ancora bisogno di me, tornero.»

«Dammi un bicchiere d'acqua» chiese Fenner e cadde addormentato.

Quando si risveglio, si sentiva meglio. Il battaglio in testa aveva smesso di martellare e la stanza non accennava a muoversi. Ricciolina era seduta su una sedia accanto a lui, gli occhi gonfi, come se non avesse dormito da molto tempo.

«Dio santo…» incomincio Fenner, ma Ricciolina salto in piedi e gli sistemo le lenzuola. «Non affaticarti» disse. «Ora stai bene. Rimettiti a dormire.»

Fenner chiuse gli occhi e cerco di far funzionare il cervello. Era inutile.

Il letto era buono e non aveva piu quel dolore per tutto il corpo. Riapri gli occhi.

Ricciolina gli porto un po' di acqua.

«Non posso prendere niente di piu forte?» chiese lui.

«Stammi a sentire, capoccione, tu sei malato.» Percio prendi quello che ti do «replico Ricciolina.»

«Dove sono, comunque?» chiese Fenner.

«A casa mia, in White Street.»

«Per favore, bambola, ti dispiace svelarmi il mistero e spiegarmi come ho fatto ad arrivare fin qui?»

«E tardi. Devi dormire. Te lo diro domani.»

Fenner si alzo sui gomiti. Gli girava la testa, ma non sentiva alcun dolore. Era debole, ma niente di piu. «Ho dormito troppo. Voglio sapere tutto, subito» disse.

Ricciolina sospiro. «Va bene, va bene. Voi, ragazzacci, me ne date di grattacapi!»

Fenner non apri bocca. Si rimise giu e aspetto.

Ricciolina corrugo la fronte. «Usignolo era furioso con te. Che cosa gli hai fatto?»

Fenner la guardo. «Non mi ricordo» rispose dopo un attimo d'esitazione.

Ricciolina fece una smorfia. «Mi disse che Carlos ti aveva tramortito e poi ti aveva portato al porto. Volevo sapere che cosa ti fosse successo.

Sbollita la rabbia, anche Usignolo comincio a inquietarsi. Diceva che significava abbandonare Crotti se non ti difendeva. Non c'e voluto molto per convincerlo a venire a cercarti. Quando ti ha portato qui, eri conciato maluccio. Mi ha detto di cercare un dottore e di farti curare.»

Fenner non ci credeva. «Quell'ometto mi ha portato via dalla casa di Carlos? Ma Carlos non ha detto niente?»

Ricciolina sbadiglio. «Lui non c'era. Erano tutti all'albergo.»

«Capisco» Fenner rimase immobile, pensieroso, infine chiese: «Che giorno e oggi?» Lei glielo disse. «Sempre di maggio?» insistette. La ragazza annui. L'investigatore fece un calcolo a fatica. Aveva lasciato Glorie, sola, per quattro giorni. Sembrava che fosse passato molto piu tempo.

Poi chiese: «Carlos si e gia accorto della mia scomparsa?»

Ricciolina torno a sbadigliare. «Uhm, uhm, ma non ha ancora cercato ne me ne Usignolo. Si fara vivo, prima o poi. Lui le pensa tutte.»

Fenner si mosse. Le passo le dita tra i capelli, gentilmente. La cute era molto tenera.

«Non ti vorra tanto bene, quando lo sapra.»

Ricciolina fece spallucce. «E vero» rispose, e sbadiglio un'altra volta.

«Questo letto e grande. Ti metto in imbarazzo se mi sdraio accanto a te?»

Fenner sorrise. «Vieni pure, se ti fa piacere. Ricciolina restitui il sorriso e usci dalla stanza. Poco dopo ritorno avvolta in una vestaglia di lana rosa.»

«Be', ti da un'aria casalinga» constato lui.

Lei si avvicino e si sedette dall'altra parte del letto. «Puo darsi, ma e calda» rispose. Si libero delle pantofole con un calcio e si tolse la vestaglia.

«Non ci crederai, ma ho sempre freddo, a letto» spiego. Portava un pigiama di flanella leggera.

Fenner la guardo salire sul letto, accanto a lui. «Anche quel pigiamino ha un'aria poco romantica, vero?» disse.

Lei abbandono la testolina bionda sul cuscino. «Ebbe'?» Sbadiglio e sbatte gli occhi. «Sono stanca» annuncio. «Badare a un ragazzaccio come te e una faticata.»

Fenner disse gentilmente: «Certo. Dormi. Vuoi che ti canti la ninna nanna?»

«Matto» brontolo Ricciolina mezza addormentata e piombo nel sonno.

Fenner giaceva nell'oscurita, ascoltando il respiro profondo della ragazza, e cercando di ragionare.

Si sentiva ancora intontito, con la mente intorpidita. Poco dopo, si addormento anche lui.