Paula era seduta sulla poltrona, davanti al telefono. Alzo la testa di scatto come se fosse stata svegliata.
«Perche non sei andata a casa?» chiese Fenner, asciutto.
Paula indico il telefono. «Poteva suonare» rispose tranquilla.
Fenner si sedette accanto a lei, stanco.
«Dave, mi dispiace per…» comincio Paula.
«Lascia perdere» l'interruppe Dave, battendole la mano. «Avevi ragione di esplodere. Qualcosa e successo. Quei due cubani hanno preso la ragazza, l'hanno uccisa e fatta a pezzi. Li ho presi mentre la stavano portando via. Sono morti, li ho uccisi io, tutti e due. Non interrompermi. Lascia che ti spieghi tutto subito. La polizia non ne deve sapere niente. Questa e una partita a due, tra me e chi l'ha iniziata. Quei due scagnozzi da pochi soldi erano solo delle pedine. Dai un'occhiata a questa.» Diede a Paula la lettera che aveva trovato nella borsetta di Marian.
Paula la lesse. Impallidi leggermente, ma per il resto era calma. «Key West?» chiese.
Il sorriso di Fenner era glaciale.
«Ti da da pensare?»
Paula era perplessa.
«Quella ragazza voleva trovare sua sorella. Ha affermato di non sapere dove si trovava. Perche non mi ha detto Key West? Vedi, piccola, sembra una trappola. C'e qualcosa di molto strano in questa faccenda.»
«Chi e Pio?» fece Paula, rileggendo la lettera. «E chi e Noolen?»
Fenner scosse il capo. C'era uno sguardo duro nei suoi occhi. «Non lo so, piccola, ma lo scopriro. Quella ragazza mi ha lasciato seimila dollari, e anche se dovessi impiegarli fino all'ultimo centesimo, lo scopriro.»
Ando al telefono e compose un numero. Mentre aspettava che rispondessero, disse tra se: «Ike si rifara del piatto che gli ho fatto perdere.» Domando, quando alzarono il ricevitore: «Ike?» Tacque, poi continuo: «Ditegli che sono Fenner. Ditegli che se non viene immediatamente al telefono, vengo io da lui e lo prendo a calci nelle gengive.» Aspetto ancora, con la scarpa destra che prendeva a calci la gamba della scrivania, nervosamente.
Il ruggito di Ike arrivo sul filo.
«Va bene, va bene» fece l'investigatore. «Al diavolo la partita. Questo e urgente. Voglio trovare qualcuno con cui mettermi in contatto a Key West.
Conosci qualcuno laggiu? Qualcuno che abbia confidenza con i pezzi grossi?»
«Key West?» bofonchio Ike. «Non conosco nessuno a Key West.»
Fenner mostro i denti. «Allora trova subito chi conosce qualcuno. Ritelefonami subito. Aspetto» butto giu il ricevitore.
«Vai laggiu?» domando Paula.
Fenner annui con un cenno. «E lontano, ma credo che la trovero il bandolo della matassa. Forse mi sbaglio, ma preferisco controllare.»
Paula si alzo in piedi. «Vengo con te?»
«Tu resti da queste parti, piccola. Se vedo che succede qualcosa, ti chiamo. In questo momento, sei piu d'aiuto qui. Bisogna badare a Grosset.
Digli che sono andato fuori citta per qualche giorno, ma che non sai dove.»
«Vado a casa tua a prepararti la valigia.»
Fenner annui. «Si» rispose «vai pure.»
Quando Paula fu uscita, apri un cassetto e controllo l'orario degli aerei della Pan-American. C'era un volo per la Florida alle 0.30. Guardo l'orologio. Erano le ventitre e cinque. Se Ike si sbrigava, avrebbe fatto appena in tempo.
Si sedette dietro la scrivania e accese una sigaretta. Dovette aspettare venti minuti prima che il telefono squillasse. Afferro il ricevitore.
«Il tuo uomo si chiama Usignolo» disse Ike. «Ha le mani in molte faccende, laggiu. Trattalo bene, ha un caratterino…»
«Ce l'ho anch'io» replico Fenner, piccato. «Fissagli un appuntamento con me, Ike. Digli che Dave Ross arrivera con il prossimo volo e vuole conoscerlo. Fammi una bella presentazione. Diro a Paula di mandarti un assegno di cinquecento dollari per il tuo disturbo.»
«Certo, certo» la voce di Ike era molto untuosa. «Gli chiedero un appuntamento» e tronco subito la comunicazione.
Fenner compose un altro numero. «Paula?» fece. «Sbrigati con quella valigia. Piglio il volo delle zero trenta. Ci troviamo all'aeroporto al piu presto possibile.»
Apri un cassetto, ne tolse un libretto degli assegni e ne firmo uno per cinquecento dollari. Infilo cappotto e cappello e diede un'occhiata all'ufficio, pensoso. Poi spense l'interruttore della luce e usci, sbattendo la porta alle spalle.
2
Fenner arrivo a Key West verso le nove del mattino. Prese alloggio in un albergo vicino all'aeroporto, fece un bagno freddo e ando a letto. Gli concilio il sonno il ronzio di un ventilatore elettrico, proprio sopra la testa.
Schiaccio un pisolino di un paio d'ore, poi gli diede la sveglia il telefono, come aveva chiesto. Fenner ordino succo d arancia, un toast e aggiunse che voleva anche una bottiglia di Scotch. Mentre aspettava, ando in bagno e si fece una doccia fredda.
Erano le undici e mezza quando lascio l'albergo. Percorse il Roosevelt Boulevard. Per tutto il tempo che cammino, non penso ad altro che al caldo. Penso che se doveva restare a lungo in quella citta, avrebbe certamente dovuto trovare un rimedio al caldo.
Fermo un vigile e gli chiese dov'era la casa di Usignolo.
Il vigile lo guardo a bocca aperta. «Sei nuovo di queste parti, eh?»
«No, sono il cittadino piu vecchio» replico Fenner. «Per questo sono venuto da te. Volevo vedere se sapevi rispondermi» e riprese a camminare, dicendo tra se e se che doveva stare attento. Il caldo gli stava gia combinando dei brutti scherzi.
Trovo la casa di Usignolo chiedendo a un tassista. Ebbe l'informazione ed anche una risposta cortese. Ringrazio il tassista, e poi lo premio non servendosi del suo tassi. Il tassista gli disse che gli avrebbe fatto fare il giro della citta per venticinque centesimi. Fenner rispose che preferiva camminare. Se ne ando, rifiutandosi di sentire cio che ribatteva l'altro. Faceva troppo caldo per prendersela.
Arrivato alla Flager Avenue, i piedi cominciavano a dolergli. Era come camminare su una stufa accesa. Sull'angolo tra la Flager e Thompson Avenue, si diede per vinto e prese un tassi. Mentre si accomodava sui sedili, si tolse le scarpe e diede refrigerio ai piedi. Si era appena tolto le scarpe che il tassi usci dalla fiumana del traffico e s'accosto al marciapiede di fronte a un negozietto.
L'autista volse il capo. «Eccoci arrivati, capo» disse.
Fenner caccio a forza i piedi dentro le scarpe e fatico a infilare la mano accaldata nella tasca dei pantaloni. Diede al tassista venticinque centesimi e scese. Il negozio era molto pulito e le vetrine scintillavano. Nella vetrina, sulla destra, c'era una piccola bara bianca. Lo sfondo era addobbato con pesanti tende nere. Affascinato, Fenner penso che la bara sembrava malinconica, cosi tutta sola. Lesse il cartello appoggiato per terra accanto alla bara.
"PENSIAMO NOI AI VOSTRI CARI
Fenner giudico tutto di estremo buon gusto. Passo a guardare la vetrina seguente. Anche quella era tutta addobbata di nero; nel mezzo, sopra un piedestallo bianco, stava un'urna d'argento. Il cartello con la semplice scritta Dalla polvere nella polvere lo impressiono.
Indietreggio e lesse l'insegna sopra il negozio:
«Bene, bene» disse. «Una bella sistemazione.»
Entro nel negozio. Mentre apriva la porta, il campanello elettrico suono; tacque, appena la porta fu richiusa. Dentro, il negozio era ancora piu impressionante. Un piccolo banco per le vendite divideva il locale in due parti esatte. Il banco era drappeggiato con velluto bianco e rosso. Parecchie poltrone di pelle nera spiccavano sul tappeto color porpora. A sinistra, c'era una Vetrinetta dove erano messe in mostra delle bare in miniatura costruite con ogni materiale possibile e immaginabile, dall'oro al legno di pino.
Sulla destra, un crocifisso alto due metri, sapientemente illuminato da luci nascoste. Il Cristo era talmente realistico, che Fenner trasali. Gli parve di essere capitato in una chiesa.
Lunghi drappeggi, bianchi, neri e rossi, erano appesi dietro il banco.