Выбрать главу

«Di che cosa stanno discutendo?»

«Del Secondo Paragrafo della Legge sulla regolamentazione delle Bevande Analcoliche» rispose l’altro con voce funerea.

«Oh santo Cielo!» esclamò Matthews. «Speriamo che sia davvero questione di pochi minuti!»

I banchi in alto della galleria permettevano loro di vedere bene la camera in cui avveniva la discussione. Le fotografie che aveva visto rendevano l’ambiente familiare a Dirk che, però, si era sempre immaginato una scena molto animata con i deputati che si alzavano per urlare «Obiezione!», oppure, ancor meglio, «Vergogna!», «Ritirate quella, mozione! «e da altro rumoreggiare caratteristico. Invece vide una trentina di apatici gentiluomini accasciati sui banchi, mentre un ministro di fresca nomina leggeva un elenco non molto avvincente di prezzi e profitti. A un tratto due membri decisero simultaneamente di averne avuto abbastanza e, con scarso rispetto per l’oratore, se ne andarono frettolosamente — senza dubbio, pensò Dirk, alla ricerca di bevande non particolarmente analcoliche.

La sua attenzione, dalla scena di sotto, si spostò ed egli prese a esaminare la grande stanza. Sembrava molto ben conservata, considerati gli anni che aveva ed era meraviglioso pensare alle scene storiche cui aveva assistito nel corso dei secoli risalendo fino a…

«E’ piuttosto bella, vero?» gli bisbigliò Matthews. «E’ stata finita nel 1950, sapete?»

Dirk tornò al presente con un sobbalzo.

«Santo Cielo! Pensavo fosse vecchia di secoli!»

«Oh no. Hitler ha annientato quella precedente durante il blitz.»

Dirk si sentì irritato con se stesso per non essersene ricordato e tornò a prestare attenzione al dibattito. Ora c’erano quindici membri del governo, mentre quelli dei partiti conservatore e laburista sui banchi dell’Opposizione si riducevano a tredici.

La porta a pannelli alla quale davano la schiena si aprì all’improvviso e una faccia tonda li guardò con un sorriso raggiante. Matthews scattò in piedi mentre il loro ospite li salutava, scusandosi. Fuori, sul corridoio, quando fu possibile parlare di nuovo a voce alta, vennero fatte le presentazioni e i due seguirono Sir Michael per altri corridoi sino al ristorante.

Dirk pensò che non aveva mai visto tanti metri quadri di «boiserie» nella sua vita.

Il vecchio baronetto doveva aver passato da un po’ la settantina, ma camminava con passo spedito e aveva una carnagione quasi da cherubino. Il cranio calvo alla sommità lo faceva tanto rassomigliare a un abate medievale, che Dirk ebbe l’impressione di essere appena entrato in Glastombury o Wells prima dello scioglimento dei monasteri. Eppure, se avesse chiuso gli occhi, l’accento di Sir Michael lo avrebbe portato immediatamente nella metropolitana di New York. L’ultima volta che aveva sentito una parlata del genere era stato quando un vigile gli aveva appioppato una multa perché era passato senza rispettare lo stop.

Sedettero a un tavolo e Dirk rifiutò con garbo il caffè che gli veniva offerto. Durante il tè discussero di banalità, evitando l’argomento principale di quell’incontro, che fu affrontato quando uscirono su una lunga terrazza che fiancheggiava il Tamigi, uno scenario molto più vivace, non poté fare a meno di pensare Dirk, della Camera in cui si era svolto il dibattito.

Qua e là si vedevano gruppetti di persone, in piedi o sedute, che discutevano accaloratamente, e c’era un intenso viavai di messi. Ogni tanto i deputati si liberavano «en masse» dei propri ospiti e, scusatisi con loro, si precipitavano a votare. Durante una di queste lacune Matthews fece del proprio meglio per spiegare a Dirk la procedura parlamentare.

«Vi renderete conto» gli disse «che la maggior parte del lavoro viene svolta nelle commissioni. Di fatto, solo gli specialisti o i membri particolarmente interessati sono presenti alla Camera; gli altri, a meno che non si dibatta su qualcosa di molto importante, di norma se ne stanno a lavorare a rapporti o a intrattenere gli elettori nei loro piccoli uffici disseminati nel palazzo.»

«E ora, ragazzi» tuonò Sir Michael al suo ritorno portando un vassoio con dei drinks che aveva preso strada facendo «parlatemi di questo vostro progetto di andar sulla Luna.»

Matthews si schiarì la gola e Dirk immaginò che la sua mente stesse analizzando freneticamente tutte le possibili mosse di apertura.

«Be’, Sir Michael» iniziò «è solo una logica estensione di ciò che la mente dell’uomo ha fatto da quando è iniziata la storia.

Per migliaia di anni la razza umana si è diffusa nel mondo fino a che l’intero globo è stato esplorato e colonizzato. Ora è giunto il momento di fare il passo successivo e di attraversare lo spazio diretti su altri pianeti. L’umanità deve sempre avere nuove frontiere, nuovi orizzonti. Altrimenti, presto o tardi, ripiomberà nella decadenza. Il viaggio interplanetario è il prossimo passo del nostro sviluppo e sarà opportuno farlo prima di essere costretti dalla mancanza di materie prime o di spazio.

E ci sono anche motivi psicologici per il volo spaziale. Molti anni fa qualcuno ha paragonato la nostra piccola Terra a una boccia piena di pesci rossi nella quale la mente umana non avrebbe potuto continuare a circolare per sempre senza rischiare la stagnazione. Il mondo ai tempi delle carrozze e delle imbarcazioni a vela era sufficientemente grande per il genere umano, ma, ora che possiamo girarlo in un paio d’ore, è diventato davvero troppo piccolo.»

Matthews si appoggiò allo schienale osservando l’effetto della sua tattica d’urto. Per un momento Sir Michael parve un po’ frastornato, poi si riprese rapidamente e tracannò quanto gli restava del drink.

«E’ piuttosto impressionante» commentò con voce un po’ afflitta.

«Ma che farete quando sarete arrivati sulla Luna?»

«Dovete capire» disse Matthews incalzandolo senza rimorsi «che la Luna è soltanto l’inizio. Certo, quindici milioni quadrati di miglia è un buon inizio, ma noi guardiamo ad essa come al primo gradino per balzare verso i pianeti. Come sapete, là non c’è aria né acqua, e quindi le prime colonie dovranno essere completamente racchiuse. Ma la bassa gravità renderà facile costruire grandissime strutture e sono già stati fatti progetti per intere città edificate sotto enormi cupole trasparenti.»

«A me sembra» disse Sir Michael in tono furbesco «che vi porterete appresso le vostre «bocce di pesci rossi»!»

Matthews fu quasi lì lì per sorridere.

«Un punto a vostro favore» concesse. «Ma probabilmente la Luna sarà per lo più usata dagli astronomi e dai fisici per le ricerche scientifiche. Per loro è di enorme importanza, e quando potranno costruire laboratori e osservatori lassù, si dischiuderanno nuove aree di conoscenza.»

«E questo farà del mondo un posto migliore o più felice?»

«Questo, come sempre, dipende dall’essere umano. La conoscenza è neutra, ma «bisogna» possederla per fare il bene o il male.»

Matthews fece un ampio gesto a indicare il grande fiume che scorreva pigro davanti a loro, tra i suoi argini affollati.

«Tutto quello che vedo, tutto, del nostro mondo moderno, è stato reso possibile dalla conoscenza che gli uomini hanno acquisito in tempi lontani. E la civiltà non è statica: se si ferma muore.»

Per un po’ vi fu silenzio. Quasi a dispetto di sé, Dirk si sentì colpito profondamente. Si chiese se si era sbagliato nel ritenere Matthews solo un efficiente venditore, bravo nel propagandare gli ideali altrui. Si trattava unicamente di uno strumentista di talento in grado di eseguire un brano musicale con grande maestria tecnica, ma senza un vero sentimento? Non poteva esserne certo. Anche quando la loro conoscenza si era approfondita, l’incertezza era rimasta. Matthews, per quanto estroverso, celava dentro di sé profonde riserve che Dirk non sarebbe mai riuscito a sondare. In ciò, anche se in niente altro, egli possedeva tutti i requisiti di quella favolosa creatura che era il tipico inglese.

«Ho ricevuto un bel po’ di lettere» disse di lì a un po’ Sir Michael «da amici miei in Irlanda, ai quali quest’idea non garba affatto e che sostengono che non abbiamo mai avuto l’intenzione di lasciare la Terra. Che cosa devo dir loro?»