Taine era un giovanotto piuttosto grassoccio che sembrava avere non più di venticinque/ventisei anni, anche se in effetti ne aveva quasi trenta. L’astronautica, si disse Dirk, li prende da giovani. Non c’era da stupirsi che Richards, a trentacinque, fosse considerato un vero e proprio vecchione dai colleghi.
La voce di Taine era asciutta e precisa e le sue parole si diffondevano chiare per la baracca. Era un buon oratore, ma aveva l’irritante abitudine di giocherellare con pezzetti di gesso, che spesso gli sfuggivano di mano.
«Non occorre che vi dica molto sulla Luna nell’insieme» cominciò «dato che in queste ultime settimane avete già letto o sentito più che a sufficienza al riguardo. Ma parlerò del luogo sul quale intendiamo atterrare e vi dirò che cosa speriamo di fare quando saremo arrivati.
«Per prima cosa eccovi una veduta di tutta la Luna.
(Diapositiva 1, per favore.) Dato che è piena e il Sole splende in verticale sul centro del disco, tutto appare piatto e poco interessante. L’area scura qui, in fondo a destra, è il Mare Imbrium, nel quale atterreremo.
«Ora, ecco la Luna di nove giorni — che è come la vedrete dalla Terra quando noi arriveremo lì. Dato che il Sole brilla a una certa angolazione, noterete che le montagne vicino al centro si vedono con molta chiarezza. Guardate le lunghe ombre che diffondono.
«Avviciniamoci ed esaminiamo il Mare Imbrium nei particolari.
Questo nome, tra l’altro, significa «Mare delle Piogge», ma naturalmente non è un mare e lì non piove, come non piove da nessun’altra parte sulla Luna. Gli antichi astrologi gli hanno dato questo nome in tempi precedenti all’invenzione del telescopio.
«In questo primo piano il Mare è una pianura piuttosto piatta, sovrastata in alto (questo è il sud, tra l’altro) da questa catena veramente stupenda: gli Appennini lunari. A nord abbiamo questa catena più piccola: le Alpi. Questa scala vi dà un’idea delle distanze: quel cratere, ad esempio, ha un diametro di circa cinquanta miglia.
«Questa zona è una delle più interessanti della Luna e certo ha il più bel panorama, ma nella nostra prima visita noi potremo esplorarne solo un piccolo tratto. Atterreremo più o meno qui (seconda diapositiva, per favore) e questo è un disegno della zona ingrandito al massimo. E’ come se lo vedeste a occhio nudo da una distanza di duecento miglia nello spazio.
«Il punto esatto dell’atterraggio sarà deciso durante la fase di avvicinamento. Nelle ultime cento miglia cadremo lentamente e dovremmo avere il tempo di scegliere la zona adatta. Posto che scenderemo in verticale controllata sugli ammortizzatori e che è possibile prolungare la sostentazione fino all’ultimo momento mediante l’azione dei retrorazzi, ci serviranno soltanto pochi metri quadri di superficie relativamente orizzontale. Qualche pessimista ha azzardato che forse potremmo finire in mezzo a delle sabbie mobili secche, ma questo non ci appare affatto probabile.
«Lasceremo la nave in due, legati l’uno all’altro, mentre il terzo resterà a bordo per trasmettere messaggi alla Terra. Le nostre tute spaziali hanno aria per dodici ore e ci isoleranno da tutta la gamma di temperature che troveremo sulla Luna — cioè dal punto di ebollizione a circa 200 gradi Fahrenheit sotto zero. Dato che resteremo lì di giorno, non incapperemo in temperature basse, a meno che non stiamo in ombra per lunghi periodi.
«Non posso sperare di riuscire a spiegarvi tutto il lavoro che intendiamo fare durante la nostra settimana sulla Luna, quindi mi limiterò ad accennare alle cose più importanti.
«Innanzitutto, portiamo con noi dei telescopi compatti ma molto potenti, e speriamo di poter vedere i pianeti con chiarezza maggiore di quanto sia mai stato possibile. Questo equipaggiamento, come gran parte di quanto altro porteremo, sarà lasciato lì, in vista di future spedizioni.
«Riporteremo giù migliaia di campioni geologici, dovrei dire selenologici, perché vengano analizzati. Cerchiamo minerali contenenti idrogeno, poiché, una volta che avremo potuto installare un impianto di estrazione di combustibile sulla Luna, il costo dei viaggi sarà ridotto a un decimo o anche meno, e, cosa ancor più importante, potremo cominciare a pensare a viaggi su altri pianeti.
«Ci portiamo appresso anche una buona quantità di apparecchiatura radio. Come sapete, la Luna ha enormi possibilità, come stazione rélé, e noi speriamo proprio di impiantarne qualcuna. Inoltre faremo ogni sorta di misurazioni fisiche, che saranno del massimo interesse scientifico. Una delle più importanti è la determinazione del campo magnetico della Luna al fine di sperimentare la teoria di Blackett, e naturalmente speriamo di poter fare una splendida raccolta di fotografie e di filmati.
«Sir Robert vi ha detto che mi sarei lasciato prendere la mano, questo non lo so, ma forse vi interesserà sapere ciò che io personalmente penso delle linee di sviluppo che avremo nel prossimo decennio o giù di lì.
«Per prima cosa dobbiamo stabilire una base semipermanente sulla Luna. Se saremo fortunati nella nostra prima scelta, potremo forse costruirla nel punto dell’atterraggio iniziale. In caso contrario ne cercheremo un altro.
«Sono stati preparati grandi progetti per una base del genere.
Dovrebbe essere il più autonoma possibile e coltivare le proprie provviste di cibo sottovetro. La Luna, con i suoi quattordici giorni di luce solare continua, dovrebbe essere il paradiso di un orticoltore!
«Man mano che apprenderemo di più sulle risorse naturali della Luna, la base verrà estesa e sviluppata. Pensiamo di effettuare subito le operazioni minerarie — ma esse serviranno a ricavare materiale da usarsi sulla Luna. Sarebbe eccessivamente costoso portare sulla Terra dell’altro, oltre alle sostanze molto rare.
«Attualmente i viaggi sulla Luna sono estremamente costosi e difficili perché dobbiamo portare con noi il combustibile per il rientro. Quando saremo in grado di rifornirci lì, potremo servirci di macchine molto più piccole e più economiche. E, come ho appena detto, potremo raggiungere i pianeti.
«Sembra paradossale, ma è più facile il viaggio di quaranta milioni di miglia da una base lunare fino a Marte di quanto non lo sia attraversare il quarto di milione di miglia tra la Terra e la Luna. Ci vuole molto di più naturalmente — circa duecentocinquanta giorni —, ma non una maggiore quantità di combustibile.
«La Luna, grazie al suo debole campo gravitazionale, è un’ottima base di partenza per viaggi interplanetari — una base per l’esplorazione del Sistema Solare. Se tutto andrà liscio, faremo piani per raggiungere Marte e Venere fra circa dieci anni.
«Non mi propongo di fare speculazioni su Venere, se non per dire che quasi sicuramente faremo una perlustrazione radar di essa prima di tentare l’atterraggio. Dovrebbe essere possibile ottenere accurate mappe radar della superficie nascosta, a meno che la sua atmosfera non sia realmente molto strana.
«L’esplorazione di Marte sarà per certi versi molto simile a quella della Luna. Può darsi che non ci servano tute spaziali per starci, ma sicuramente avremo bisogno di ossigeno. La base marziana si troverà a dover affrontare gli stessi problemi che presenta la Luna. Anche se in forma molto meno acuta. Ma avrà uno svantaggio: sarà molto lontana da casa e dovrà basarsi molto di più sulle proprie risorse. La presenza quasi sicura di un qualche genere di vita, inoltre avrà sull’insediamento effetti per ora non prevedibili. Se vi è un’intelligenza su Marte — cosa di cui dubito forse dovremo cambiare totalmente i nostri piani: potrebbe non essere possibile fermarvisi per niente. Le possibilità, per quanto riguarda Marte, sono quasi infinite, ecco perché è un luogo tanto interessante.
«Al di là di Marte la scala del Sistema Solare si dilata e non sarà possibile fare molte esplorazioni finché non avremo veicoli più veloci. Anche la nostra «Prometheus» potrebbe raggiungere i pianeti esterni, ma non potrebbe rientrare, e il viaggio richiederebbe molti anni. Tuttavia penso che entro la fine del secolo potremmo prepararci ad andare su Giove e forse su Saturno. Molto probabilmente tali spedizioni partirebbero da Marte. «Naturalmente non possiamo sperare di atterrare su questi due pianeti: se hanno superficie solida, il che è dubbio, sono a migliaia di miglia sotto un’atmosfera in cui non osiamo entrare.