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Dirk quasi non lo stava sentendo. Aveva cominciato a rendersi conto, per la prima volta, di come stesse rapidamente scorrendo la sabbia del tempo. Quando era arrivato, quindici giorni prima, il lancio gli era sembrato un evento remoto che si sarebbe verificato in un futuro indefinito. Questa era l’impressione generale del mondo esterno; ora sembrava completamente falsa. Si girò verso Matthews, in preda a un sincero stupore.

«Il vostro Dipartimento di Pubbliche Relazioni» si lamentò «a quanto pare ha sviato tutti con molta efficienza. Qual era lo scopo?»

«Una semplice questione di politica» rispose l’altro. «Nei tempi andati dovevamo parlare molto e fare promesse spettacolari per riuscire ad attirare l’attenzione. Ora preferiamo dire il meno possibile, fino a quando tutto non sia bell’e pronto. E’ l’unico modo per evitare voci assurde e fantastiche e il conseguente senso di delusione. Ricordate la KY 15? Fu la prima nave con equipaggio che raggiunse un’altitudine di un migliaio di miglia, ma mesi prima che fosse pronta, tutti pensavano che stessimo per mandarla sulla Luna. E quindi, quando essa fece esattamente ciò per cui era stata approntata, ovviamente tutti rimasero delusi.

Perciò oggi a volte definisco il mio ufficio il «Dipartimento della Pubblicità in Negativo». Sarà davvero un sollievo quando l’intera faccenda sarà finita e potremo rimetterci in moto.»

Questo, pensò Dirk, era un modo molto egoistico di vedere le cose. A lui sembrava che i cinque uomini che aveva appena visto avessero ben migliori motivi per desiderare che «l’intera faccenda fosse finita».

6

«Finora» scrisse sul diario Dirk quella sera «ho avuto solo un assaggio dell’Interplanetary. Matthews mi ha fatto orbitare attorno a sé come un pianeta minore devo raggiungere la velocità parabolica e scappare altrove. (Sto cominciando a impadronirmi del linguaggio, come lui aveva previsto!)

La gente che ora voglio conoscere è costituita dagli scienziati e dagli ingegneri che sono la vera forza propulsiva dell’organizzazione. Che cosa li muove, per dirla in parole crude? Sono semplicemente una massa di Frankenstein interessati unicamente a un progetto tecnico, senza alcuna considerazione per le sue conseguenze? Oppure loro vedono invece, forse più chiaramente di McAndrews e Matthews, dove porterà tutto questo?

M. e M. a volte mi ricordano una coppia di agenti immobiliari che cercano di vendere la Luna. Stanno facendo un lavoro, e lo stanno facendo bene ma qualcuno, inizialmente, deve averli ispirati. E, in ogni caso, sono a un secondo grado gerarchico.

«Il Direttore Generale, il giorno in cui sono arrivato e ci siamo intrattenuti per cinque minuti, mi è sembrato una personalità molto interessante — ma è difficile che io possa andare da lui a catechizzarlo! Il suo vice sarebbe stato l’ideale, dal momento che siamo entrambi californiani, ma lui non è ancora tornato dagli States.

«Domani prenderò visione del corso «Astronautica Senza Fatica», che Matthews mi aveva promesso al mio arrivo. Dovrebbe trattarsi di una pellicola didattica in sei rotoli, e non ho potuto vederla prima perché nessuno in questa serra di geni è stato capace di riparare un proiettore da 35 millimetri. Quando lo avrò visto tutto, Alfred giura che sarò in grado di poter dire la mia con gli astronomi.

«Da bravo storico, suppongo che non dovrei avere pregiudizi di sorta e che dovrei essere capace di guardare l’attività dell’Interplanetary con occhio spassionato. Non sta andando così. Ho cominciato a preoccuparmi sempre di più delle conseguenze finali di questo lavoro e le banalità che Alfred e Mac continuano a tirar fuori non mi soddisfano affatto. Suppongo che sia così, perché ora sono ansioso di arrivare a conoscere i più eminenti scienziati e di apprendere i loro punti di vista.

Allora forse potrò giudicare, ammesso che il mio lavoro consista nel giudicare.

««Più tardi». Certo che è il mio lavoro. Basta guardare Gibbon, basta guardare Toynbee. Se uno storico non trae conclusioni (giuste o sbagliate) si riduce a essere un archivista.

««Ancora più tardi». Come avevo potuto dimenticare? Stasera sono andato in Oxford Circus con uno dei nuovi autobus a turbina.

Sono molto silenziosi, ma se ci si mette in ascolto con attenzione si può sentirli cantare tra sé in una vaga e molto alta tonalità di soprano. I londinesi ne sono oltremodo orgogliosi, dal momento che sono i primi al mondo ad averli. Non capisco come mai una cosa semplice come un autobus abbia potuto richiedere, per essere realizzato, lo stesso tempo di una nave spaziale, ma loro mi dicono che è così. Qualcosa che ha a che vedere con l’economia ingegneristica.

«Ho deciso di raggiungere a piedi l’appartamento e, uscendo da Bond Street, ho visto una carrozza dorata e trainata da cavalli che sembrava saltar fuori dritta dritta dal Pickwick. Stava portando la merce di un certo sarto, credo, e sulla scritta ornamentale si leggeva: «Fond. 1768».

«Questo genere di cose fa sì che per gli stranieri i britannici appaiano gente sconcertante. Naturalmente McAndrews avrebbe detto che sono gli inglesi, non i britannici, i pazzi — ma io mi rifiuto di fare questa sottile distinzione.»

7

«Voi mi scuserete se vi lascio» disse Matthews «ma, sebbene sia un film molto bello, farei crollare il palazzo con le mie urla se dovessi rivederlo per l’ennesima volta. A occhio e croce, l’avrò visto almeno una cinquantina di volte.»

«Non c’è problema» disse ridendo Dirk, che stava sprofondato nella poltrona del piccolo auditorio. «E’ la prima volta che mi ritrovo ad essere l’unico spettatore di un film, quindi sarà un’esperienza nuova.»

«D’accordo. Tornerò quando sarà finito. Se volete rivedere qualche rotolo, chiamate l’operatore.»

Dirk si appoggiò allo schienale che, rifletté, non era sufficientemente comodo per incoraggiare una persona a rilassarsi e a prendere le cose alla leggera. Il che dimostrava un grande buon senso del designer, dal momento che quel cinema era un locale strettamente funzionale.

Il titolo lampeggiò sullo schermo.

LA STRADA PER LO SPAZIO

Consulenza tecnica ed effetti speciali

della Interplanetary.

Prodotto dalla Eagle-Lion.

Lo schermo era buio: poi, al centro, comparve una stretta striscia di luce stellare. Lentamente si ampliò e Dirk si rese conto di essere sotto gli emisferi che si stavano aprendo di una qualche grande cupola di osservatorio. Il campo celeste cominciò a espandersi: lui stava muovendosi verso di esso.

«Per duemila anni» disse una voce pacata «gli uomini hanno sognato di viaggiare in altri mondi. Le storie del volo interplanetario sono tantissime, ma soltanto nei nostri giorni è stata perfezionata la macchina che ha reso possibili questi sogni.»

Contro il campo celeste si stagliò una sagoma scura — qualcosa di sottile, appuntito, come smanioso di allontanarsi. La scena si illuminò e le stelle svanirono. Rimase solo il grande razzo, lo scafo argenteo luccicante nella luce solare, mentre se ne stava posato sul deserto.

Le sabbie parvero ribollire allorché l’accensione le divorò, poi il gigantesco proiettile prese a salire con regolarità, come lungo un cavo invisibile. La cinepresa si sollevò verso l’alto, il razzo fu visto in prospettiva, quindi svanì nel cielo. Poco meno di un minuto dopo restava soltanto la tortuosa scia di vapore.

«Nel 1942» continuò il narratore «fu lanciato in segreto dalle rive del Baltico il primo dei grandi razzi moderni. Era la «V-2»

che avrebbe dovuto distruggere Londra. Dato che si tratta del prototipo di tutte le altre successive macchine, nonché della nave spaziale stessa, esaminiamola nei particolari.»