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Come i suoi uomini, Bashere andava in giro senza armatura in una corta giacca azzurra. Indossava anche un paio dei pantaloni rigonfi che preferiva, rimboccati dentro i suoi stivali alti fino al ginocchio. Cosa pensava Bashere dell’essere preso nella rete da ta’veren di Rand? Nel trovarsi, se non in diretto contrasto con la volontà della sua regina, quantomeno in una posizione scomoda? Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva fatto rapporto alla sua legittima governante? Non aveva forse promesso a Rand che il sostegno della sua regina sarebbe giunto rapidamente? Quanti mesi erano trascorsi da allora?

Io sono il Drago Rinato, pensò Rand. Io spezzo tutti i patti e i giuramenti. Le vecchie alleanze sono prive di importanza. Solo Tarmon Gai’don importa. Tarmon Gai’don e i servitori dell’Ombra.

«Mi domando se troveremo Graendal qui» disse Rand pensieroso.

«Graendal?» chiese Min. «Cosa ti fa pensare che possa essere qui?»

Rand scosse il capo. Asmodean aveva detto che Graendal era nell’Arad Doman, anche se era stato mesi fa. Si trovava ancora qui? Pareva plausibile; era una delle poche grandi nazioni in cui poteva essere. A Graendal piaceva avere una base di potere nascosta lontano da dove erano in agguato gli altri Reietti; non si sarebbe stabilita nell’Andor, a Tear o a Illian. Ne si sarebbe lasciata intrappolare nelle terre a sudovest, non con l’invasione dei Seanchan. Avrebbe avuto un rifugio nascosto da qualche parte. Era così che operava. Probabilmente fra le montagne, isolata, da qualche parte qui nel Nord. Rand non poteva essere certo che si trovasse nell’Arad Doman, anche se gli pareva giusto, da quello che sapeva di lei. Da quello che Lews Therin sapeva di lei.

Ma era solo una possibilità. Sarebbe stato attento, in guardia. Ciascuno dei Reietti che avesse eliminato avrebbe reso l’Ultima Battaglia molto più semplice da combattere. Avrebbe…

Un ovattato rumore di passi si udì vicino alla porta chiusa.

Rand lasciò andare Min ed entrambi si voltarono. Rand allungò una mano verso la sua spada… un gesto inutile, ora. La perdita della mano sinistra, pur non essendo quella con cui impugnava la spada, lo avrebbe lasciato vulnerabile se avesse dovuto affrontare un avversario esperto. Perfino con saidin a fornirgli un’arma di gran lunga più potente, il suo primo istinto era per la spada. Avrebbe dovuto cambiarlo. Poteva farlo uccidere, un giorno o l’altro.

La porta si aprì ed entrò Cadsuane, altezzosa come qualunque regina a corte. Era una donna attraente, con occhi scuri e un volto spigoloso. I suoi capelli grigio scuro erano raccolti in una crocchia, con una dozzina di minuscoli ornamenti dorati — un angreal o un ter’angreal — che pendevano da essa. Il suo abito era di lana semplice e pesante, legato in vita con una cintura gialla, e ricamato sempre in giallo sul colletto. Il vestito era verde, cosa non insolita, dato che era la sua Ajah. Rand a volte aveva la sensazione che il suo volto severo — senza età , come quello di qualunque Aes Sedai che aveva utilizzato il Potere per un tempo sufficiente — sarebbe stato più adatto all’Ajah Rossa.

Rilassò la mano sulla spada, anche se non lasciò andare la presa. Tastò l’elsa ricoperta di stoffa. Quell’arma era lunga e lievemente incurvata, e sul fodero laccato era dipinto un drago lungo e sinuoso in rosso e oro. Pareva come se fosse stata foggiata specificamente per Rand, eppure era vecchia di secoli, dissotterrata solo di recente. Che strano che l’abbiano trovata ora, pensò, e me l’abbiano regalata, completamente ignari di quello che avevano fra le mani… Aveva iniziato a portare la spada immediatamente. La sentiva giusta sotto le sue dita. Non aveva detto a nessuno, nemmeno a Min, che aveva riconosciuto quell’arma. E non, stranamente, dai ricordi di Lews Therin, bensì da quelli dello stesso Rand.

Cadsuane era accompagnata da diverse altre. Nynaeve non era una sorpresa: seguiva spesso Cadsuane questi giorni, come un gatto rivale che avesse scoperto a violare il suo territorio. Lo faceva per lui, probabilmente. La Aes Sedai dai capelli scuri non aveva mai smesso veramente di essere la Sapiente di Emond’s Field, nonostante quello che diceva, e non dava tregua a nessuno che pensava stesse maltrattando una persona che era sotto la sua protezione. A meno che, naturalmente, non fosse Nynaeve stessa quella che maltrattava.

Oggi indossava un abito grigio con una fusciacca gialla legata in vita sopra la cintura — una nuova moda domanese, aveva sentito Rand — e aveva l’abituale puntino rosso sulla fronte. Portava una lunga collana e una sottile cintura d’oro, con braccialetti e anelli coordinati, entrambi punteggiati di grosse gemme rosse, verdi e blu. Quei gioielli erano un ter’angreal — o meglio, diversi ter’angreal e anche un angreal — paragonabile a ciò che portava Cadsuane. Rand di tanto in tanto aveva udito Nynaeve borbottare che era impossibile abbinare al suo vestiario i suoi ter’angreal con le loro gemme sgargianti.

Se Nynaeve non era una sorpresa, lo era Alivia. Rand non era al corrente che l’ex damane fosse stata coinvolta nella… raccolta di informazioni. Eppure si supponeva che fosse più forte perfino di Nynaeve nell’Unico Potere, perciò forse era stata portata come sostegno. Non si poteva mai essere troppo cauti quando si trattava dei Reietti.

Nei capelli di Alivia c’erano striature bianche ed era appena più alta di Nynaeve. Quel bianco fra i suoi capelli era significativo: qualunque bianco o grigio su una donna che maneggiava l’Unico Potere voleva dire età. Parecchia. Alivia affermava di avere quattrocento anni. Oggi l’ex damane indossava un abito di un rosso vistoso, come per tentare di apparire aggressiva. Parecchie damane, una volta tolto loro il collare, restavano timide. Non era così per Alivia: in lei c’era una dedizione che faceva quasi venire in mente i Manti Bianchi.

Rand percepì Min irrigidirsi e avvertì il suo malcontento. Alivia avrebbe aiutato Rand a morire, prima o poi. Quella era stata una delle visioni di Min, e le visioni di Min non sbagliavano mai. Tranne il fatto che aveva detto di essere stata in errore su Moiraine. Forse questo voleva dire che Rand non avrebbe dovuto…

No. Qualunque cosa gli facesse pensare di sopravvivere all’Ultima Battaglia, qualunque cosa lo facesse sperare, era pericolosa. Doveva essere tanto risoluto da accettare quello che gli sarebbe successo. Tanto tenace da morire quando fosse giunto il momento.

Hai detto che potevamo morire, si lamentò Lews Therin in fondo alla sua mente. L’hai promesso!

Cadsuane non disse nulla mentre attraversava la stanza e si andava a servire una coppa del vino speziato posato su un tavolino di servizio accanto al letto. Poi si accomodò su una delle sedie di cedro rosso. Perlomeno non aveva chiesto che fosse lui a mescerle il vino. Quel genere di cose non era estraneo a Cadsuane.

«Ebbene, cos’hai appreso?» domandò Rand, allontanandosi dalla finestra per versarsi pure lui una coppa di vino. Min andò verso il letto — con la sua intelaiatura in legno di cedro e la testiera levigata tinta di un intenso marrone rossastro — e si mise a sedere con le mani in grembo. Osservava Alivia con attenzione.

Cadsuane sollevò un sopracciglio per il tono brusco di Rand. Lui sospirò, placando la propria irritazione. Le aveva chiesto di essere sua consigliera e aveva acconsentito alle sue condizioni. Min diceva che c’era qualcosa di importante che lui avrebbe dovuto apprendere da Cadsuane — era un’altra delle sue visioni — e in verità Rand aveva trovato utili i suoi suggerimenti in più di un’occasione. Le sue continue pretese di decoro valevano la pena.

«Com’è andato l’interrogatorio, Cadsuane Sedai?» chiese in tono più moderato. Lei sorrise fra se. «Piuttosto bene.»

«‘Piuttosto bene’?» sbottò Nynaeve. Non aveva fatto alcuna promessa sull’educazione a Cadsuane, lei. «Quella donna è esasperante!»