Katerine arricciò il naso a quel commento, anche se la dinoccolata Barasine esitò, guardando sopra la spalla il gruppo di Gialle che si affrettava lungo il corridoio, mentre diverse di loro scoccavano a loro volta delle occhiate alle due Rosse.
«Questo non è stato causato dall’Amyrlin» disse Katerine. «È stato provocato dalle tue sciocche ribelli e dal loro tradimento!»
Le mie ribelli?, pensò Egwene sorridendo dentro di se. Dunque adesso le consideri come ‘mie’ invece di reputarmi solo come una povera Ammessa che è stata abbindolata? Questo sì che è un passo avanti.
«Siamo state noi quelle che hanno deposto un’Amyrlin in carica?» chiese Egwene. «Siamo state noi quelle che hanno rivolto Custode contro Custode o quelle che hanno fallito nel frenare il Drago Rinato? Abbiamo scelto noi un’Amyrlin così assetata di potere da ordinare la costruzione di un proprio palazzo? Una donna a causa della quale ogni Sorella si domanda se sarà la prossima a essere privata dello scialle?»
Katerine non rispose, come se si rendesse conto che non si sarebbe dovuta lasciar trascinare in una discussione con una mera novizia. Barasine osservava ancora le Gialle in lontananza con occhi sgranati. Preoccupati.
«Per come la vedo io,» proseguì Egwene «le Rosse non dovrebbero difendere Elaida, bensì muoverle le critiche più feroci. Poiche l’eredità di Elaida sarà la vostra. Ricordatevelo.» Katerine la guardò con occhi che avvampavano ed Egwene represse un fremito. Forse quell’ultima affermazione era stata un po’ troppo diretta.
«Ti presenterai alla maestra delle novizie stanotte, bambina» la informò Katerine. «E spiegale come hai mostrato mancanza di rispetto nei confronti delle Sorelle e dell’Amyrlin stessa.»
Egwene tenne a freno la lingua. Perche mai sprecava il suo tempo cercando di convincere delle Rosse?
L’antica porta di legno dietro di lei si chiuse con uno scatto, facendo sobbalzare Egwene e inducendola a guardarsi sopra la spalla. Gli arazzi da entrambi i lati si agitarono leggermente, poi tornarono immobili. Egwene non si era resa conto di aver lasciato la porta appena socchiusa mentre usciva. Silviana aveva ascoltato la conversazione?
Non c’era più tempo per tergiversare. Pareva che Alviarin non sarebbe venuta stasera. Dov’era? Arrivava sempre per la sua punizione più o meno quando terminava Egwene. Lei scosse il capo, poi si diresse lungo il corridoio. Le due Rosse la seguirono: ora stavano sempre più tempo con lei, pedinandola e sorvegliandola in tutti i momenti tranne quando Egwene visitava gli alloggi delle altre Ajah per le lezioni. Cercò di comportarsi come se quelle due Sorelle fossero un seguito onorifico, piuttosto che le sue carceriere. Cercò anche di ignorare il dolore al suo posteriore.
Tutti i segni indicavano che Egwene stava vincendo la sua guerra contro Elaida. Prima, a pranzo, Egwene aveva sentito le novizie spettegolare sul drammatico fallimento di Elaida nel tenere Rand imprigionato. Quell’avvenimento era accaduto ormai mesi prima e sarebbe dovuto essere un segreto. E poi c’erano le voci sul fatto che degli Asha’man avessero vincolato delle Sorelle che erano state inviate a distruggerli. Un’altra missione di Elaida che non sarebbe dovuta essere di pubblico dominio. Egwene aveva fatto in modo che questi fallimenti si insinuassero con forza nelle menti delle occupanti della Torre, proprio come il trattamento irregolare di Elaida nei confronti di Shemerin.
Di qualunque cosa le novizie stessero parlando, le Aes Sedai stavano ascoltando. Sì, Egwene stava vincendo. Ma stava cominciando a perdere la soddisfazione che una volta aveva provato per quella vittoria. Chi poteva gioi re nel vedere le Aes Sedai sfilacciarsi come teli vecchi? Chi poteva sentirsi lieto che a Tar Valon, la più splendida di tutte le grandi città , le strade fossero invase da cumuli di rifiuti? Per quanto Egwene potesse detestare Elaida, non poteva esultare nel vedere l’Amyrlin Seat governare con tale incompetenza.
E adesso, stasera, avrebbe affrontato Elaida di persona. Egwene camminò lentamente per i corridoi, regolando il passo in modo da non arrivare in anticipo. Come avrebbe dovuto comportarsi durante la cena di Elaida? Durante i nove giorni della sua permanenza nella Torre, Egwene non aveva visto Elaida nemmeno di sfuggita. Assistere la donna sarebbe stato pericoloso. Se avesse esagerato con le offese a Elaida, si sarebbe potuta ritrovare a essere giustiziata. E tuttavia non poteva sorridere come una sciocca e comportarsi con compiacenza. Lei non si sarebbe inchinata davanti a quella donna, nemmeno a costo della sua stessa vita. Egwene svoltò a un angolo, poi si arrestò di colpo, quasi incespicando. Il corridoio terminava all’improvviso in un muro di pietra ornato con un vivace mosaico in ceramica. L’immagine era quella di un’antica Amyrlin, seduta su un seggio d’oro riccamente ornato, che protendeva la mano come ammonimento per i re e le regine del territorio. La placca in basso affermava che si trattava di una rappresentazione di Caraighan Maconar, che poneva fine alla ribellione a Mosadorin. Egwene riconobbe vagamente quel mosaico; l’ultima volta che l’aveva visto si trovava sulla parete della biblioteca della Torre. Ma quando l’aveva visto lì, il volto dell’Amyrlin non era una maschera di sangue. E non cerano nemmeno i cadaveri rappresentati appesi al cornicione.
Katerine si accostò a Egwene, pallida in volto. A nessuno piaceva parlare del modo innaturale in cui le stanze e i corridoi cambiavano posto nella Torre. Le trasformazioni erano un monito solenne che i battibecchi per il potere erano secondari agli orribili problemi più vasti al mondo. Questa era la prima volta che Egwene aveva visto non solo un corridoio spostarsi, ma anche una rappresentazione alterata. Il Tenebroso si agitava e il Disegno stesso si stava scuotendo. Egwene si voltò e si allontanò dal murale fuori posto. Non riusciva a concentrarsi su quei problemi in questo momento. Si lavava un pavimento scegliendo per prima cosa un singolo punto e mettendosi al lavoro. Lei aveva scelto il suo punto. La Torre Bianca doveva tornare integra.
Purtroppo questa deviazione avrebbe richiesto più tempo. Egwene affrettò il passo con riluttanza; non sarebbe andato bene arrivare in anticipo, ma preferiva non arrivare nemmeno in ritardo. Anche le sue due sorveglianti accelerarono, con le gonne che frusciavano mentre ripercorrevano parecchi corridoi. Mentre lo facevano, Egwene notò Alviarin che svoltava a un angolo in tutta fretta, a testa bassa, diretta verso lo studio della maestra delle novizie. Dunque stava andando a ricevere la sua punizione, dopotutto. Cosa l’aveva fatta ritardare?
Altre due svolte e poi una rampa di freddi gradini dopo, Egwene si ritrovò a tagliare per la sezione della Torre dell’Ajah Rossa, poiche ora era quella a fornire la strada più rapida per gli alloggi dell’Amyrlin. Tappezzerie rosse pendevano alle pareti, sottolineate dalle piastrelle cremisi del pavimento. Le donne che percorrevano i corridoi avevano espressioni di austerità quasi uniforme, con i loro scialli drappeggiati con attenzione sopra spalle e braccia. Qui, negli alloggi della loro stessa Ajah dove si sarebbero dovute sentire fiduciose, parevano insicure e sospettose, perfino di quei servitori affaccendati lì in giro con la Fiamma di Tar Valon sul petto. Egwene passò per quei corridoi desiderando non dover affrettarsi a quel modo, poiche la faceva sembrare intimidita. Ma non c’era nulla da fare. Arrivata al centro della Torre, salì diverse rampe di scale, raggiungendo infine il corridoio che conduceva agli alloggi dell’Amyrlin.
Essendo sempre affaccendata con mansioni da novizia e lezioni, le rimaneva poco tempo per riflettere sul suo incontro con la falsa Amyrlin. Questa era la donna che aveva deposto Siuan, la donna che aveva fatto picchiare Rand e aveva spinto le Aes Sedai stesse sull’orlo della rovina. A Elaida occorreva conoscere la rabbia di Egwene, le serviva essere umiliata e coperta di vergogna! Doveva…
Egwene si fermò di fronte alla porta dorata di Elaida. No.
Riusciva facilmente a immaginare la scena. Elaida adirata, Egwene rinchiusa nelle celle buie sotto la Torre. A cosa sarebbe servito? Non poteva affrontare quella donna, non ancora. Ciò avrebbe condotto soltanto a una momentanea soddisfazione seguita da un fallimento.