Non c’erano nemmeno Sorelle Rosse. Con un sussulto, Egwene ricordò che Duhara aveva lasciato la Torre alcune settimane prima; nessuno sapeva perché, ma alcune dicevano che era stato per una missione per conto di Elaida. Forse era andata in giro per faccende dell’Ajah Nera. Le altre due Adunanti Rosse, Javindhra e Pevara, erano scomparse misteriosamente. Questo lasciava undici Adunanti. Non abbastanza per eleggere una Amyrlin, secondo le vecchie leggi della Torre… ma quelle erano state riviste con lo scioglimento dell’Azzurra da parte di Elaida. Meno Adunanti significavano meno donne necessarie per eleggere una Amyrlin, e ora ne erano richieste solo undici. Sarebbe dovuto bastare. Tutte quante le Adunanti attualmente nella Torre sapevano di questo evento; non stava avvenendo in segreto, come l’elezione di Elaida. Ed Egwene poteva essere ragionevolmente certa che nessuna Adunante Nera si sarebbe alzata per lei.
Saerin si schiarì la gola, lanciando un’occhiata incerta a Egwene, e chiamò di nuovo: «Chi si presenta davanti al Consiglio della Torre?»
Tesan si sporse da un lato, come per bisbigliare la risposta appropriata a Egwene. Lei, però, la trattenne sollevando una mano.
C’era qualcosa che Egwene aveva meditato, qualcosa di audace. Tuttavia era appropriato. Sapeva che lo era. Poteva sentire che lo era. «L’Ajah Rossa è in disgrazia?» chiese piano a Tesan.
La Bianca annuì, e i capelli intrecciati le sfiorarono i lati della faccia. «Le Rosse, non hai bisogno di preoccuparti di loro» disse nel suo lieve accento tarabonese. «Dopo la scomparsa di Elaida, si sono ritirate nei loro alloggi. Le Adunanti qui, loro erano preoccupate che la Rossa si sarebbe affrettata a scegliere delle nuove Adunanti e le avrebbe mandate a questo consesso. Credo che alcune… risolute missive da parte del Consiglio della Torre siano state sufficienti a intimorirle.»
«E Silviana Brehon? È ancora imprigionata?»
«Lo è ancora, a quanto ne so, Madre» rispose Tesan, commettendo un lapsus e usando il titolo, anche se Egwene non era stata ancora formalmente eletta dal Consiglio. «Non preoccuparti: Leane, lei è stata liberata. L’abbiamo scortata fuori perché si andasse a mettere tra le ribelli, in attesa del tuo perdono.»
Egwene annuì pensierosa. «Fa’ portare qui Silviana, nel Consiglio della Torre, immediatamente.»
La fronte di Tesan si corrugò. «Madre, non penso che questo sia il momento…»
«Fallo e basta» sibilò Egwene, poi si voltò per fronteggiare il Consiglio. «Una che si presenta obbediente e cammina nella Luce» sentenziò con voce ferma.
Saerin si rilassò. «Chi si presenta davanti al Consiglio della Torre?»
«Una che si presenta umilmente e cammina nella Luce» rispose Egwene. Fissò ciascuna delle Adunanti. Una mano ferma. Sarebbe dovuta essere decisa. Avevano bisogno di una guida.
«Chi si presenta davanti al Consiglio della Torre?» terminò Saerin.
«Una che si presenta alla convocazione del Consiglio,» disse Egwene «obbediente e umile nella Luce, chiede solo di accettare la volontà del Consiglio.»
La cerimonia procedette, con ciascuna delle Adunanti che si denudava fino in vita per dimostrare di essere una donna. Egwene fece lo stesso, e arrossì appena al pensiero di Gawyn, che chiaramente pensava che lei lo avrebbe dovuto portare con se alla cerimonia.
«Chi appoggia questa donna?» chiese Saerin dopo che le Adunanti si furono rivestite. Egwene doveva rimanere spogliata fino in vita per ora, e la fredda brezza che spirava attraverso il muro spezzato era gelida sulla sua pelle. «Chi garantisce per lei, cuore per cuore, anima per anima, vita per vita?»
Yukiri, Seaine e Suana si alzarono rapide. «Io garantisco» annunciò ciascuna di loro.
La prima volta che Egwene aveva sperimentato questa cerimonia, era stordita. A ogni passo, era stata spaventata di commettere un errore. Peggio ancora, era stata terrorizzata che tutto questo si sarebbe rivelato una messinscena o uno sbaglio.
Quella paura era svanita. Mentre le domande di rito venivano poste — e lei veniva avanti di tre passi e si inchinava sul pavimento liscio, ridipinto per ordine di Elaida con solo sei colori che si allargavano a spirale dal simbolo della Fiamma di Tar Valon — Egwene guardò attraverso la magnificenza e vide il cuore di quello che stava accadendo. Queste donne erano terrorizzate. Come lo erano state quelle a Salidar. L’Amyrlin Seat era una forza di stabilità , e loro si protendevano verso di essa.
Perche era stata scelta lei? Entrambe le volte, la risposta era sembrata la stessa. Perche era l’unica su cui potevano tutte accordarsi. C’erano volti sorridenti in questo gruppo. Ma erano sorrisi di donne che erano riuscite a impedire che delle rivali salissero al seggio. O quello, oppure erano sorrisi di donne sollevate che qualcuno si stesse facendo avanti a prendere il comando. E, forse, ce n’erano alcune che sorridevano perché non erano loro a dover assumere quella carica. La storia recente di quel ruolo era stata funestata da pericolo, dissenso e due tragedie.
In origine, a Salidar, Egwene aveva pensato che le donne si stavano comportando come delle sciocche. Ora era più esperta e, si sperava, anche più saggia. Poteva capire che non erano state sciocche. Erano state Aes Sedai, che nascondevano le loro paure comportandosi in modo estremamente cauto, tuttavia allo stesso tempo sfrontato. Scegliendo una persona di cui non gliene sarebbe importato se l’avessero vista cadere. Correndo un rischio, ma senza esporsi direttamente al pericolo.
Queste donne stavano facendo lo stesso. Celavano la loro paura sotto volti calmi e gesti controllati. Quando giunse il momento che le Adunanti le dessero il loro appoggio, Egwene non fu sorpresa di vederle alzarsi in piedi tutte e undici. Nemmeno un singolo dissenso. Non ci sarebbe stato nessun lavaggio dei piedi durante questa cerimonia.
No, lei non era sorpresa. Sapevano di non avere altre opzioni, non con un esercito alle porte, non con Elaida come morta. La cosa Aes Sedai da fare era agire come se non ci fosse mai stato alcun dissidio. Il consenso doveva essere raggiunto.
Saerin parve sorpresa che nessuna avesse scelto di rimanere seduta, anche solo per dimostrare che non si sarebbe fatta comandare. In effetti, più di una delle Adunanti parve sorpresa, ed Egwene sospettò che si stessero pentendo della loro decisione di alzarsi in piedi così in fretta. Si poteva ottenere un certo potere essendo l’unica persona a restare seduta, costringendo Egwene a lavarle i piedi e a chiederle il permesso di servire. Ovviamente, questo avrebbe anche isolato la donna e le avrebbe procurato il disprezzo della nuova Amyrlin.
Le donne si rimisero lentamente a sedere. A Egwene non serviva alcuna assistenza, e nessuna le venne offerta. Si alzò e incedette attraverso la stanza, i suoi piedi calzati nelle pianelle silenziosi sulla pietra dipinta della Fiamma. Una raffica di vento spirò per la sala, increspando gli scialli, soffiando sopra la pelle nuda di Egwene. Aveva un qualche significato per la forza del Consiglio il fatto che avessero scelto di incontrarsi qui, malgrado la visuale da capogiro della parete opposta.
Saerin incontrò Egwene presso il trono. L’Altarana dalla pelle olivastra iniziò ad abbottonare il corpetto di Egwene con dita attente, poi sollevò con riverenza la stola dell’Amyrlin dallo scranno. Era quella con tutti e sette i colori, recuperata da ovunque Elaida l’avesse gettata. Saerin fissò Egwene per un momento, soppesando la stola, come valutandola.
«Sei certa di voler portare questo peso, bambina?» chiese Saerin molto piano. Questo non faceva parte del rituale.
«Lo porto già , Saerin.» La risposta di Egwene fu quasi un sussurro. «Elaida l’ha gettato via quando ha tentato di tagliarlo e dividerlo a suo piacimento, lo l’ho raccolto e lo porto da allora. Lo porterò fino alla mia morte. E sarà così.»