«Sono stati commessi errori da entrambe le parti» disse Egwene. «E ora dovremo tutte lavorare sodo per riparare a quello che abbiamo fatto. I fabbri dicono che una spada non può mai essere di nuovo integra una volta che sia stata spezzata. Dev’essere riforgiata da capo, il metallo fuso, poi lavorato di nuovo e riforgiato.
«I prossimi mesi saranno la nostra riforgiatura. Siamo state spezzate, poi abbattute quasi fino alle fondamenta. L’Ultima Battaglia si avvicina, e prima del suo arrivo intendo fare in modo che siamo ancora una volta una spada forgiata con forza, una e intatta! Vi farò delle richieste. Saranno severe. Vi spingeranno fino ai limiti di quello che pensate di poter sopportare. Prenderò questi buchi bruciacchiati e li riempiro’! Bisognerà fare degli accomodamenti, poiche fra noi ci sono fin troppe Adunanti per il Consiglio, per non parlare di cinque capi delle Ajah di troppo. Alcune di voi dovranno farsi da parte e chinare il capo umilmente davanti a coloro che non vi piacciono.
«Questi giorni vi metteranno alla prova! Vi costringerò a lavorare assieme a quelle che consideravate vostre nemiche solo poche ore fa. Marcerete accanto a quelle che vi disprezzavano, vi offendevano o vi odiavano.
«Ma noi siamo più forti delle nostre debolezze. La Torre Bianca è salda, e noi saremo salde con essa! Saremo di nuovo una cosa sola. Saremo un’adunanza che verrà narrata nelle storie! Quando avrò terminato con voi, non sarà scritto che la Torre Bianca è stata debole. Le nostre divisioni saranno dimenticate di fronte alle nostre vittorie. Saremo ricordate non come la Torre Bianca che si rivoltò contro se stessa, ma come la Torre Bianca che si erse salda di fronte all’Ombra. Questi giorni saranno leggendari!»
Eruppero acclamazioni, perlopiù da parte di novizie e soldati, dato che le Aes Sedai erano troppo riservate per quel genere di comportamento. In genere. Alcune di quelle più giovani urlarono a gran voce, prese dal momento. Per fortuna, quelle acclamazioni giunsero da entrambe le fazioni. Egwene le lasciò rumoreggiare per un po’, poi sollevò le braccia, placandole.
«Che tutta la terra lo sappia!» urlò. «Che se ne parli, che ci si creda e che venga ricordato. La Torre Bianca è integra e completa. E nessuno — uomo, donna o creatura dell’Ombra — ci vedrà mai più divise!»
Stavolta le acclamazioni furono quasi assordanti e, cosa sorprendente, altre Aes Sedai si unirono a esse. Egwene abbassò le mani.
Sperava che l’avrebbero acclamata ancora nei mesi a venire. C’era parecchio lavoro da fare.
47
Chi aveva perduto
Rand non tornò alle sue stanze immediatamente. Il fallito incontro con gli uomini delle Marche di Confine lo aveva lasciato sconvolto. Non per via del loro infido tentativo di attirarlo dentro Far Madding: quello era frustrante, ma non inatteso. La gente cercava sempre di controllarlo e manipolarlo. Gli uomini delle Marche di Confine non facevano differenza.
No, era qualcos’altro a turbarlo, qualcosa che non riusciva esattamente a definire. E così camminava per la Pietra di Tear, con due Fanciulle Aiel che lo seguivano, e la sua presenza che spaventava i servitori e innervosiva i Difensori.
I corridoi serpeggiavano e svoltavano. Le pareti, dove non erano adornate da arazzi, erano del colore della sabbia bagnata, ma erano di un materiale molto più resistente di ogni roccia che Rand conoscesse, strano e sconosciuto; ogni tratto liscio ricordava che questo posto non era naturale.
Rand si sentiva allo stesso modo. Aveva la forma di un essere umano. In effetti ne aveva tutto il comportamento e la storia. Ma era qualcosa che nessun umano — nemmeno lui stesso — poteva comprendere. Una figura leggendaria, una creazione dell’Unico Potere, innaturale come un ter’angreal o un frammento di cuendillar. Lo vestivano come un re proprio come ricoprivano questi corridoi con tappeti a frange rosso e oro. Proprio come adornavano le pareti con quegli arazzi, ognuno dei quali rappresentava un famoso generale tarenese. Quelle decorazioni erano fatte per bellezza, ma avevano anche lo scopo di nascondere. Quei tratti di parete spoglia non facevano che esaltare quanto era alieno quel posto. Tappeti e arazzi lo facevano sembrare piu’… umano. Proprio come dare a Rand una corona e una giacca elegante consentiva loro di accettarlo. Si supponeva che i sovrani dovessero essere un po’ diversi. La sua natura molto più atipica non aveva importanza, nascosta sotto la corona. Ne era importante che avesse il cuore di un uomo morto da lungo tempo, le spalle create per sopportare il peso della profezia, l’anima schiacciata dalle necessità , dai desideri e dalle speranze di un milione di persone.
Due mani. Una per distruggere, l’altra per salvare. Quale aveva perduto?
Era facile perdersi nella Pietra. Molto prima che il Disegno avesse cominciato a dipanarsi, questi tortuosi corridoi di roccia bruna erano stati fuorvianti. Erano progettati per ingannare gli attaccanti. Le intersezioni giungevano inaspettate; c’erano pochi punti di riferimento, e i corridoi interni della fortezza non avevano finestre. Gli Aiel dicevano di essere rimasti impressionati per quanto era stato difficile conquistare la Pietra. Non erano stati i Difensori a impressionarli, ma la semplice estensione e disposizione di quel mostruoso edificio.
Per fortuna, Rand non aveva nessuna meta particolare. Voleva solo camminare.
Aveva accettalo quello che doveva essere. Perche ne era così turbato, allora? Una voce in profondità dentro di lui — una che non era nella sua testa, ma nel suo cuore — aveva iniziato a dissentire con quello che faceva. Non era forte o violenta come quella di Lews Therin. Si limitava a sussurrare, come un prurito dimenticato. Qualcosa non va. Qualcosa non va…
No!, pensò. Devo essere forte. Finalmente sono diventato quello che devo essere!
Si fermò nel corridoio, digrignando i denti. Nella tasca profonda della sua giacca portava la chiave d’accesso. La tastò, i suoi contorni freddi e lisci. Non osava lasciarla alle cure di un servitore, per quanto potesse essere fidato.
Hurin, si rese conto. Ecco cosa mi sta turbando. Aver visto Hurin.
Riprese a camminare, raddrizzando la schiena. Doveva essere forte — o almeno apparire forte — in ogni momento.
Hurin era un vestigio di una vita precedente. Giorni in cui Mat aveva preso in giro Rand per le sue giacche, giorni in cui Rand sapeva di sposare Egwene e che in qualche modo sarebbero tornati ai Fiumi Gemelli. Aveva viaggiato con Hurin e Loial, determinato a fermare Fain e a riprendere il pugnale di Mat, per dimostrare che era un amico. Quello era stato un periodo molto più semplice, anche se Rand non l’aveva capito. Si sarebbe domandato se qualcosa potesse diventare più complicato del pensare che i suoi amici lo odiavano.
I colori si agitarono nella sua visuale. Perrin camminava attraverso un accampamento buio, e quella spada di pietra incombeva nell’aria sopra di lui. La visuale si spostò su Mat, che era ancora in quella città. Si trattava di Caemlyn? Perche lui poteva essere vicino a Elayne mentre Rand doveva rimanere così distante? Riusciva a malapena a percepire le sue emozioni attraverso il legame. Gli mancava così tanto. Una volta si erano rubati baci a vicenda nei corridoi di questa stessa fortezza.
No, pensò. Io sono forte.
Il desiderio era un’emozione che non doveva provare. La nostalgia non l’avrebbe portato da nessuna parte. Cercò di bandire entrambi, imboccando una rampa di scale e scendendo giù per i gradini, facendo faticare il suo corpo, cercando di respirare in modo affannoso. Scappiamo dal passato, allora?, chiese Lews Therin piano. Si £ un bene. Meglio che affrontarlo.
Il periodo di Rand assieme a Hurin era terminato a Palme. Quei giorni erano indistinti nella sua mente. I cambiamenti che aveva subito allora — rendersi conto che doveva uccidere, che non sarebbe potuto tornare mai più alla vita che aveva amato — erano cose su cui non poteva indugiare. Si era diretto via verso Tear, quasi in preda al delirio, separato dai suoi amici, vedendo Ishamael nei suoi sogni.