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Min si portò la mano alla bocca, provando un terribile senso di panico. Quelle parole le riportarono alla mente ricordi di Rand che incombeva sopra di lei, cercando di ucciderla.

Ma quello non era stato lui! Era stata Semirhage. Vero? Oh, Rand, pensò, capendo adesso il dolore che aveva avvertito attraverso il legame. Cos’hai fatto?

«Interessante» disse Cadsuane con voce fredda. «E hai detto le parole che ti avevo preparato?»

«Ho iniziato,» disse Tarn «ma mi sono accorto che non stava funzionando. Non si sarebbe aperto con me, e tanto meglio così. Un uomo che usa il testo scritto da una Aes Sedai col suo stesso figlio! Non so cosa gli hai fatto, donna, ma riconosco l’odio quando lo vedo. Hai molto da spiegare a…»

Tarn si interruppe quando venne sollevato in aria all’improvviso da mani invisibili. «Forse ricordi cos’ho detto sull’educazione, ragazzo?» chiese Cadsuane.

«Cadsuane!» esclamò Nynaeve. «Non c’è bisogno di…»

«E tutto a posto, Sapiente» disse Tarn. Guardò Cadsuane. Min l’aveva vista trattare altri a questo modo, Rand incluso. Lui era sempre rimasto frustrato, e gli altri a cui lei l’aveva fatto erano propensi a urlare.

Tarn la fissò negli occhi. «Ho conosciuto uomini che, quando venivano sfidati, ricorrevano sempre ai loro pugni come risposta. Non mi sono mai piaciute le Aes Sedai; sono stato felice di liberarmi di loro quando tornai alla mia fattoria. Un prepotente è sempre un prepotente, che usi la forza delle braccia o altri mezzi.»

Cadsuane sbuffò, ma quelle parole l’avevano urtata, poiche rimise a terra Tarn.

«Ora,» disse Nynaeve come se fosse stata lei a sedare quello scambio «forse possiamo tornare alle questioni importanti. Tarn al’Thor, mi sarei aspettata che tu, fra tutti, gestissi questa faccenda in maniera migliore. Non ti avevamo forse avvisato che Rand era diventato instabile?»

«Instabile?» chiese Tarn. «Nynaeve, quel ragazzo e quasi prossimo alla pazzia. Cosa gli è successo? Comprendo quello che le battaglie possono fare a un uomo, ma…»

«Questo è irrilevante» disse Cadsuane. «Ti rendi conto, bambino, che questa potrebbe essere stata la nostra ultima opportunità di salvare tuo figlio?»

«Se mi avessi spiegato come ti considerava,» disse Tarn «le cose sarebbero potute andare diversamente. Che io sia folgorato! Questo è ciò che si ottiene a dare ascolto alle Aes Sedai.»

«Questo è ciò che si ottiene a fare lo zuccone e a ignorare quello che ti viene detto!» interloquì Nynaeve.

«Questo è ciò che otteniamo tutti» disse Min «a presumere di poterlo indurre a fare quello che vogliamo.»

Sulla stanza calò il silenzio.

E tutt’a un tratto Min si rese conto che, attraverso il loro legame, poteva percepire Rand. Distante, verso ovest. «Se n’è andato» sussurrò.

«Sì» disse Tarn con un sospiro. «Ha aperto uno di quei passaggi proprio sul balcone. Mi ha lasciato in vita, anche se avrei potuto giurare — guardandolo negli occhi — che aveva intenzione di uccidermi. Ho visto quel lo sguardo negli occhi di altri uomini prima d’ora, e uno di noi due finiva sempre a terra sanguinante.»

«Poi cos’è successo?» chiese Nynaeve.

«era… sembrato distratto da qualcosa, all’improvviso» disse Tarn. «Ha preso quella statuetta ed è schizzato via attraverso il passaggio.»

Cadsuane sollevò un sopracciglio. «E per caso hai visto dove lo ha portato?» A ovest, pensò Min. Lontano a ovest.

«Non sono sicuro» ammise Tarn. «Era buio, ma ho pensato…»

«Cosa?» lo spronò Nynaeve.

«Ebou Dar» disse Min, sorprendendoli tutti. «E andato a distruggere i Seanchan. Proprio come aveva detto alle Fanciulle.»

«Non so nulla di quest’ultima parte» disse Tarn. «Ma sembrava proprio Ebou Dar.»

«Che la Luce ci preservi» mormorò Corele.

49

Un uomo come tanti

Rand camminava, il moncherino ficcato nella tasca della giacca, la testa bassa, portando la chiave d’accesso saldamente avvolta in un panno bianco e fissata alla cintura al suo fianco. Nessuno gli prestava attenzione. Era solo un uomo come tanti che percorreva le strade di Ebou Dar. Nulla di speciale, tranne il fatto che era più alto di molti altri. Aveva capelli di un oro rossastro, forse indicando del sangue aiel. Ma parecchie persone strane di recente erano giunte in città per cercare la protezione dei Seanchan. Cos’era una in piu’?

Finche un individuo non era in grado di incanalare, lui o lei qui poteva trovare stabilità. Sicurezza.

Questo lo turbava. I Seanchan erano i suoi nemici. Erano conquistatori. Aveva l’impressione che le loro terre non dovessero essere pacifiche. Sarebbero dovute essere terribili, piene di sofferenza a causa del loro dominio tirannico. Ma non era affatto così.

Non a meno che una persona fosse in grado di incanalare. Ciò che i Seanchan facevano a quella categoria di individui era raccapricciante. Non tutto filava liscio sotto quella superficie lieta. Eppure era sconcertante rendersi conto di quanto trattavano bene gli altri.

I Calderai erano accampati in gruppi numerosi fuori dalla città. I loro carri non si erano mossi per settimane e pareva che stessero formando dei villaggi. Mentre Rand si muoveva fra loro, aveva udito alcuni parlare di stabilirsi. Altri avevano mosso obiezioni, naturalmente. Erano i Calderai, i Girovaghi. Come avrebbero trovato il Canto se non l’avessero cercato? Era una parte di loro quanto la Via della Foglia.

La scorsa notte, Rand li aveva ascoltati a uno dei loro fuochi da campo. Lo avevano accolto e nutrito, senza fare domande su chi fosse. Lui aveva tenuto il drago sulla sua mano nascosto e la chiave d’accesso attentamente infilata nella tasca della giacca, guardando il fuoco bruciare fino alle braci.

Non era mai stato a Ebou Dar vera e propria; aveva solo visitato le colline a nord, dove aveva combattuto i Seanchan impugnando Callandor. Quello era stato un luogo di fallimento. Ora era tornato nell’Altara. Ma per cosa?

Al mattino, quando le porte della città si erano aperte, si era fatto strada all’interno con gli altri che erano arrivati di notte. I Calderai li avevano accolti tutti; a quanto pareva, ricevevano una razione di cibo dai Seanchan per ospitare i viaggiatori ritardatari. Quella era solo una delle loro molte occupazioni. Riparavano pentole, cucivano uniformi e svolgevano altri compiti particolari. Per questo, ricevevano la protezione dei governanti per la prima volta nella loro lunga storia.

Rand aveva trascorso abbastanza tempo con gli Aiel da assumere parte del loro disprezzo per i Calderai. Eppure quel disprezzo lottava con la sua consapevolezza che i Tuatha’an — per molti versi — seguivano usanze aiel più vere, più tradizionali. Rand poteva ricordare com’era vivere secondo i loro costumi. Nelle visioni di Rhuidean, lui aveva seguito la Via della Foglia. Aveva visto anche l’Epoca Leggendaria. Aveva vissuto quelle vite, le vite di altri, per pochi brevi istanti.

Camminava lungo le strade affollate della città afosa, ancora in una sorta di stordimento. L’altra notte aveva scambiato con un Calderaio la sua elegante giacca nera per un semplice mantello marrone, strappato sul fondo e rammendato in alcune parti. Non un mantello da Calderaio, solo uno che un Calderaio aveva rattoppato per un uomo che non era mai tornato a reclamarlo. Lo rendeva meno appariscente, perfino se gli imponeva di portare la chiave d’accesso legata alla cintura, piuttosto che nella sua tasca capiente. Il Calderaio gli aveva dato anche un bastone da passeggio, che Rand usava per camminare, incurvandosi un po’. L’altezza poteva renderlo riconoscibile. Lui voleva essere invisibile per questa gente.

Aveva quasi ucciso suo padre. Non vi era stato costretto da Semirhage o dall’influenza di Lews Therin. Nessuna scusa. Nessuna discussione. Lui, Rand al’Thor, aveva cercato di uccidere il proprio padre. Aveva attinto in se il Potere, aveva creato i flussi e li aveva quasi scagliati.