Lui era distruzione. Doveva accettarlo e basta. Qualcuno doveva essere abbastanza duro per fare quello che andava fatto, giusto?
Un passaggio si aprì e lui si alzò in piedi incerto, la mano stretta sulla chiave d’accesso. Scese dalla piattaforma del Volo Aleggiato su un prato vuoto. Il posto dove una volta aveva combattuto i Seanchan con Callandor. E aveva fallito.
Fissò a lungo quel luogo, inspirando ed espirando, poi intesse un altro passaggio. Questo si aprì su un campo innevato e un vento gelido lo sferzò. Lo attraversò, mentre i suoi piedi scrocchiavano nella neve, e lasciò che il passaggio si chiudesse.
Qui il mondo si estendeva davanti a lui. Perche siamo venuti qui?, pensò Rand.
Perche, replicò Rand. Perche abbiamo fatto noi questo. Qui è dove siamo morti.
Era in piedi sulla vetta stessa di Montedrago, il picco solitario che aveva eruttato dove Lews Therin si era ucciso tremila anni prima. Da un lato, poteva guardare giù per centinaia di piedi dove il lato della montagna si apriva in un baratro creato da un’esplosione. L’apertura era enorme, più grande di quanto sembrava di profilo. Un ampio ovale di roccia rossa, ardente e in continuo movimento. Era come se un pezzo della montagna mancasse semplicemente, strappato via, lasciando il picco a elevarsi in aria ma con l’intero fianco della montagna svanito. Rand fissò giù in quell’abisso ribollente. Erano come le fauci di una bestia. Il calore ardeva da sotto e fiocchi di cenere roteavano in aria.
Il ciclo plumbeo sopra di lui era coperto di nubi. La terra pareva ugualmente distante, a malapena visibile, come una trapunta contrassegnata di motivi. Qui una toppa verde che era una foresta. Lì una cucitura che era un fiume. Verso est, vide una macchiolina in quel fiume, come una foglia galleggiante catturata dalla corrente. Tar Valon.
Rand si sedette, e la neve scricchiolava sotto il suo peso. Mise la chiave d’accesso sul bordo del precipizio davanti a lui e intesse Aria e Fuoco per tenersi al caldo.
Poi appoggiò i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani, fissando la minuta statua dell’uomo col globo.
Per pensare.
50
Vene d’oro
Il vento soffiava attorno a Rand, seduto sulla cima del mondo. I suoi flussi di Aria e Fuoco avevano sciolto la neve attorno a lui, lasciando esposta una frastagliata punta di roccia grigio-nera larga circa tre passi. Il picco era come un’unghia rotta protesa verso il cielo, e Rand vi era seduto proprio sulla punta. A quanto poteva distinguere, questa era la vetta vera e propria di Montedrago. Forse il punto più alto al mondo.
Sedeva sul suo piccolo affioramento, la chiave d’accesso posata sulla roccia di fronte a lui. L’aria era rarefatta qui e Rand aveva problemi a respirare finche non trovò un modo di intessere Aria così da comprimerla leggermente attorno a se. Come il flusso che lo aveva riscaldato, non era certo di come l’aveva fatto. Si ricordava vagamente di Asmodean che provava a insegnargli un flusso simile, e Rand non era stato capace di intesserlo in modo corretto. Ora gli veniva naturale. l’influsso di Lews Therin oppure la sua crescente familiarità con l’Unico Potere?
La bocca aperta e spezzata di Montedrago era situata diverse centinaia di piedi sotto di lui, verso sinistra. Gli odori di cenere e zolfo erano pungenti, perfino a questa distanza. Le fauci erano nere di cenere e rosse di roccia fusa e fuochi ardenti.
Rand tratteneva ancora la Fonte. Non osava lasciarla andare. l’ultima volta che l’aveva afferrata era la peggiore che potesse ricordare e temeva che la nausea lo avrebbe sopraffatto, se avesse provato di nuovo.
Era lì da ore. Eppure non si sentiva stanco. Fissò il ter’angreal, meditando.
Cos’era lui? Era il Drago Rinato? Un simbolo? Un sacrificio? Una spada, fatta per distruggere? Una mano protettiva, fatta per difendere?
Una marionetta, che recitava la stessa parte più e più volte?
Era arrabbiato. Arrabbiato verso il mondo, arrabbiato verso il Disegno, arrabbiato verso il Creatore per aver abbandonato gli umani a combattere contro il Tenebroso senza una guida. Che diritto aveva ognuno di loro di esigere la vita di Rand per se?
Be’, Rand aveva offerto loro quella vita. Gli ci era voluto molto per accettare la sua morte, ma era in pace con se stesso per quello. Non era sufficiente? Doveva soffrire fino alla fine?
Aveva pensato che, se si fosse indurito abbastanza, questo avrebbe portato via il dolore. Se non poteva provare emozioni, allora non poteva nemmeno soffrire.
Le ferite al suo fianco pulsarono tormentandolo. Per qualche tempo era stato capace di dimenticarle. Ma le morti che aveva causato avevano vessato la sua anima. Quell’elenco che iniziava con Moiraine. Tutto aveva cominciato ad andar male con la sua morte. Prima di allora, lui aveva ancora speranza.
Prima di allora, non era mai stato rinchiuso in una cassa.
Rand capiva cosa gli sarebbe stato richiesto ed era cambiato nei modi che riteneva necessari. Quei cambiamenti servivano a impedire che venisse sopraffatto. Morire per proteggere persone che non conosceva? Scelto per salvare l’umanità ? Scelto per costringere i regni del mondo a unirsi dietro di lui, distruggendo quelli che rifiutavano di ascoltare? Scelto per causare le morti di migliaia che combattevano nel suo nome, per portare quelle anime sulle sue spalle, un peso che doveva gravare su di lui? Quale uomo poteva fare tali cose e restare sano di mente? L’unico modo che aveva concepito era stato porre un freno alle sue emozioni, rendere se stesso come cuendillar.
Ma aveva fallito. Non era stato in grado di scacciare i suoi sentimenti. La voce dentro di lui era così bassa, ma lo aveva punzecchiato, come un ago che bucava il suo cuore con tanti piccoli forellini. Perfino dal più piccolo avrebbe sanguinato.
Quei fori lo avrebbero prosciugato di tutto il suo sangue.
La voce sommessa adesso era scomparsa. Era svanita quando aveva gettato Tarn per terra e lo aveva quasi ucciso. Senza quella voce, Rand osava continuare? Se era l’ultimo vestigio del vecchio Rand — il Rand che aveva creduto di sapere cos’era giusto e cos’era sbagliato — cosa voleva dire il suo silenzio?
Rand raccolse la chiave d’accesso e si alzò in piedi, gli stivali che raschiavano la pietra. Era mezzogiorno, anche se il sole era sempre nascosto dietro le nuvole. Sotto poteva vedere colline e foreste, laghi e villaggi.
«E se io non volessi che il Disegno continuasse?» urlò. Fece un passo avanti, proprio fino al limitare della roccia, tenendo la chiave d’accesso serrata contro il petto.
«Viviamo le stesse vite!» gridò loro. «Ancora e ancora e ancora. Commettiamo gli stessi errori. I regni fanno le stesse cose stupide. I governanti deludono la loro gente più e più volte. Gli uomini continuano a soffrire, a odiare, a morire, a uccidere!»
I venti lo sferzavano, facendo garrire il suo mantello marrone e i suoi eleganti pantaloni tarenesi. Ma le sue parole si diffondevano, riecheggiando per le rocce spezzate di Montedrago. Faceva freddo, l’aria era fresca e frizzante. Il suo flusso lo teneva caldo abbastanza per sopravvivere, ma non fermava il gelo. Lui non lo aveva voluto.
«E se pensassi che è tutto senza senso?» domandò con la voce fragorosa di un re. «E se non volessi che continuasse a girare? Viviamo le nostre vite dal sangue di altri! E quegli altri vengono dimenticati. A che serve se tutto quello che conosciamo svanirà ? Grandi imprese o grandi tragedie, nulla ha il minimo significato! Diventeranno leggende, poi quelle leggende saranno dimenticate, poi ricomincerà da capo!»
La chiave d’accesso iniziò a risplendere nella sua mano. Le nuvole sopra di lui parvero diventare più scure.
La rabbia di Rand pulsava a ritmo col suo cuore, esigendo di essere liberata.
«E se lui avesse ragione?» gridò Rand. «E se fosse meglio che tutto questo finisse? E se la Luce fosse stata una menzogna fin dall’inizio e tutto questo fosse solo una punizione? Viviamo più e più volte, indebolendoci, morendo, intrappolati per sempre. Non siamo altro che torturali per l’eternità !»