«Ingaggiamoli» sussurrò Jisao dal punto in cui era accucciato accanto a Gawyn sulla cima del colle.
Gawyn distolse lo sguardo dal tramonto, tornando a contemplare il villaggio sottostante. Sarebbe dovuto essere immobile, tranne forse per un fattore che controllava il suo bestiame prima di rientrare. Sarebbe dovuto essere buio, senza luci tranne quelle di poche candele di sego che ardevano alle finestre mentre la gente terminava il proprio pasto serale.
Ma non era buio. Non era silenzioso. Il villaggio era illuminato da torce accese portate da una dozzina di robuste figure. Alla luce di quelle torce e del sole morente, Gawyn poteva distinguere che ognuna di esse stava indossando una indefinita uniforme marrone e nera. Gawyn non riusciva a vedere l’emblema a tre stelle sulle loro divise, ma sapeva che era lì. Dal suo lontano punto di osservazione, Gawyn osservò alcuni ritardatari incespicare fuori dalle loro case, con aria spaventata e preoccupata mentre si radunavano con gli altri nella piazza affollata. Questi paesani accoglievano con riluttanza quella forza armata. Le donne stringevano a se i bambini, gli uomini erano attenti a tenere gli occhi bassi. ‘Non vogliamo guaì diceva la loro postura. Senza dubbio avevano sentito dagli altri villaggi che questi invasori erano disciplinati. I soldati pagavano per i beni che prendevano e nessun giovane veniva costretto ad arruolarsi, anche se non venivano nemmeno dissuasi. Un esercito invasore davvero strano. Comunque Gawyn sapeva cosa avrebbe pensato la gente. Questo esercito era guidato da Aes Sedai, e chi poteva dire cos’era strano o normale quando le Aes Sedai erano coinvolte?
Non c’erano Sorelle con questa pattuglia in particolare, grazie alla Luce. I soldati, educati ma severi, allinearono i paesani e li passarono in rassegna. Poi un paio di soldati entrarono in ogni casa e fienile, ispezionandoli. Nulla veniva preso e nulla veniva rotto. Tutto molto ordinato e cordiale. Gawyn poteva quasi sentire l’ufficiale che porgeva le sue scuse al sindaco del villaggio.
«Gawyn?» chiese Jisao. «Ne conto a malapena una dozzina. Se mandiamo la squadra di Rodic da nord, chiuderemo entrambi i lati e li schiacceremo in mezzo a noi. Sarà abbastanza buio perché non ci vedano arrivare. Possiamo prenderli senza nemmeno causare la minima agitazione.»
«E i paesani?» domandò Gawyn. «Ci sono dei bambini laggiu’.»
«Questo non ci ha fermato altre volte.»
«Quelle volte erano diverse» disse Gawyn, scuotendo la testa. «Gli ultimi tre villaggi che hanno ispezionato formano una linea diretta verso Dorian. Se questo gruppo scompare, il prossimo si domanderà cos’è che avevano quasi scoperto. Attireremmo l’attenzione dell’intero esercito in questa direzione.»
«Ma…»
«No» disse Gawyn piano. «Dobbiamo sapere quando ripiegare, Jisao.»
«Allora abbiamo fatto tutta questa strada per niente.»
«Abbiamo fatto tutta questa strada per un’opportunità» replicò Gawyn, indietreggiando dalla sommità della collina, assicurandosi di non mostrare il proprio profilo all’orizzonte. «E ora che ho valutato quell’opportunità , non la sfrutteremo. Solo uno sciocco scaglia la sua freccia per il semplice fatto che ha un uccello di fronte a se.»
«E perché non tireresti se è proprio lì di fronte a te?» chiese Jisao unendosi a Gawyn.
«Perche a volte la ricompensa non vale la freccia» disse Gawyn. «Andiamo.»
Sotto, in attesa nelle tenebre con lanterne schermate, c’erano alcuni degli stessi uomini che i soldati nel villaggio stavano cercando. Gareth Bryne doveva essere stato davvero scontento quando aveva appreso che una forza di disturbo si nascondeva da qualche parte nelle vicinanze. Era stato diligente nel cercare di stanarla, ma la campagna vicino Tar Valon era generosamente disseminata di villaggi, foreste e valli nascoste che potevano occultare una forza d’assalto piccola e mobile. Finora Gawyn era riuscito a mantenere i suoi Cuccioli nascosti mentre compiva l’occasionale scorreria o imboscata contro le forze di Bryne. Si poteva fare solo un certo numero di cose con trecento uomini, però. In particolare quando ci si trovava di fronte uno dei cinque grandi capitani.
Sono destinato a ritrovarmi a combattere contro qualunque uomo che per me sia stato un mentore? Gawyn prese le redini del suo cavallo e diede un ordine silenzioso di ritirata sollevando la mano destra, poi ordinò con un brusco gesto di allontanarsi dal villaggio. Gli uomini si mossero senza commenti, smontando e conducendo i loro destrieri a mano per spostarsi in modo furtivo e sicuro.
Gawyn aveva pensato di aver finito con le morti di Hammar e Coulin; Bryne in persona gli aveva insegnato che a volte il campo di battaglia trasformava all’improvviso degli alleati in nemici. Gawyn aveva combattuto i suoi ex insegnanti e aveva vinto. Questa era la fine.
Di recente, però, la sua mente pareva determinata a riportare a galla quei cadaveri e a trascinarli in giro. Perche ora, dopo così tanto tempo?
Sospettava che il suo senso di colpa avesse qualcosa a che fare con l’affrontare Bryne, il suo primo e più autorevole istruttore nell’arte della guerra. Gawyn scosse il capo mentre guidava Challenge lungo il paesaggio sempre più fosco; mantenne i suoi uomini lontano dalla strada in caso gli esploratori di Bryne avessero piazzato delle sentinelle. I cinquanta uomini attorno a Gawyn camminavano il più silenziosamente possibile, col rumore degli zoccoli dei cavalli attutito dal terreno ammorbidito.
Se Bryne era rimasto sconcertato nel trovare una forza di disturbo ad assalire i suoi battistrada, Gawyn era rimasto ugualmente sbalordito quando aveva scoperto le tre stelle sulle uniformi degli uomini che uccideva. Come avevano fatto i nemici della Torre Bianca a reclutare la miglior mente militare in tutto l’Andor? E soprattutto cosa ci faceva il capitano generale delle guardie della regina a combattere con un gruppo di Aes Sedai ribelli? Sarebbe dovuto stare a Caemlyn a proteggere Elayne.
Volesse la Luce che Elayne fosse arrivata nell’Andor. Non poteva essere ancora con le ribelli. Non quando alla sua patria mancava una regina. Il suo dovere verso l’Andor era più importante di quello verso la Torre Bianca.
E il tuo, di dovere, Gawyn Trakand?, pensò fra se.
Non era certo che gli rimanesse alcun dovere od onore. Magari il suo senso di colpa per Hammar, i suoi incubi di guerra e morte ai Pozzi di Dumai, erano dovuti alla lenta comprensione che forse aveva giurato fedeltà alla fazione sbagliata. La sua lealtà apparteneva a Elayne ed Egwene. Allora cosa ci faceva a combattere una battaglia di cui non gli importava, aiutando una fazione che, secondo tutti i resoconti, era opposta a quella con cui si erano schierate Elayne ed Egwene?
Sono solo Ammesse, disse a se stesso. Elayne ed Egwene non hanno scelto questa fazione: stanno solo facendo ciò che è stato ordinato loro di fare!
Ma le cose che Egwene gli aveva detto tutti quei mesi fa, a Caemlyn, lasciavano intendere che lei avesse preso la sua decisione in modo consapevole.
Aveva scelto da che parte stare. Hammar aveva scelto da che parte stare. Gareth Bryne, a quanto pareva, aveva scelto da che parte stare. Ma Gawyn continuava a voler stare da entrambe le parti. Quella divisione lo stava lacerando.
A un’ora di distanza dal villaggio, Gawyn diede l’ordine di montare in sella e prendere la strada. Sperava che gli esploratori di Bryne non avrebbero pensato a ispezionare il territorio fuori dal villaggio. Se l’avessero fatto, le impronte di cinquanta cavalieri sarebbero state difficili da non notare. Non c’era modo di evitarlo. La cosa migliore adesso era raggiungere un terreno solido, dove i segni del loro passaggio sarebbero stati nascosti da mille anni di passi e traffico. Due paia di soldati cavalcarono in avanscoperta e due paia si attardarono di retroguardia. Gli altri rimasero in silenzio, anche se i loro cavalli ora andavano a un fragoroso galoppo. Nessuno chiese perché si stavano ritirando, ma Gawyn sapeva che se lo stavano domandando, proprio come aveva fatto Jisao.