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Per un poco ai tavoli ci fu affollamento, ma ormai l’etichetta appresa al bar di Benny aveva creato comportamenti ordinati. In pochi minuti quasi tutti ebbero il loro cestino con cibo e bevande, e si sparsero nello spazio aperto. Pham vide che nei pressi c’era Benny e andò a mollargli una gran pacca sulle spalle. — Ehi, Benny! Questa roba è veramente buona. Strano… credevo che fossi tu a fornire il mangime.

Benny Wen sorrise, fulminandolo con lo sguardo. — Sì capisce che è roba buona, e sì capisce che è roba mia… mia e di Gonle. — Accennò col capo alla loro addetta ai servizi, sulla sua sinistra. — In realtà, il padre di Qiwi ha dato una mano con certa roba nuova che ha trovato nella biblioteca. È da tempo che la mettiamo da parte, apposta per questa inaugurazione.

Pham si spinse verso l’alto. — Io ho fatto un bel po’ del lavoro all’esterno. Qualcuno doveva occuparsi dell’acqua per il lago del caponave e supervisionare tutto quanto il lavoro.

Gonle Fong inarcò un sopracciglio. — La mia parte del lavoro me la sono supervisionata da sola — lo corresse. — Tutti hanno dovuto fare qualcosa. Comunque, da oggi la mia fabbrica è appoggiata dal caponave, ufficialmente. E abbiamo avuto della vera automazione, qui sotto.

— Vuoi un interfaccia migliore? — disse Pham.

— Puoi scommetterci. E oggi sono io la responsabile del servizio. — La donna alzò drammaticamente una mano e un vassoio volò subito verso di lei. L’oggetto restò a fluttuarle davanti mentre lei si serviva di alghe speziate, poi si mosse verso Pham e Benny. Le piccole spie di Pham lo studiarono da tutte le direzioni, Era un oggetto semplice, ma si muoveva con strano intuito, anzi con palese intelligenza. Anche Benny se ne accorse. — È controllato da una persona focalizzata? — domandò, tristemente.

— Uh, sì. Il caponave ha pensato che ne valesse la pena, data la circostanza. — Anche Fong, come Qiwi, era stata comprata anima e corpo dalle astuzie di Nau.

Pham guardò gli altri vassoi. Si spostavano fra i tavoli in lente evoluzioni scegliendo gli ospiti che ancora non avevano nulla da bere. Impeccabile. Gli schiavi erano diplomaticamente tenuti fuori vista, e la gente poteva fingere che davvero il Focus offrisse alla civiltà un passo in avanti. Ma gli Emergenti hanno ragione in questo, dannati loro!

Pham ammise quel progresso indirizzando una battuta di cattivo gusto a Gonle Fong, in carattere con “quel vecchio trombone di Trinli”, poi si allontanò verso la periferia della folla occupata a mangiare e conversare. Ritser Brughel in quel periodo non era di Turno, un’altra delle sottigliezze di Tomas Nau. Molta gente stava ormai del tutto dalla parte del caponave, ma Brughel dava ancora sui nervi a tutti… e se la Reynolt stava facendo lavorare come camerieri alcune testerapide della sorveglianza quella era un’occasione da non perdere. Vediamo, dov’è la Reynolt, adesso? Quella donna non era mai dove uno si aspettava. Pham girò lo sguardo sul parco. Lì c’erano milioni di localizzatori. Quelli adibiti alla stabilità del lago e alla ventilazione avevano molto da fare, ma restava ancora libera un’immensa capacità di computazione. Impossibile per un uomo solo esaminare tutte le immagini e i dati che stavano raccogliendo. Aha, eccola! Non una ripresa ravvicinata, ma nei locali più interni dell’abitazione di Nau, forse nella clinica del Focus, c’era una bionda alta in tuta bianca. Come Pham si aspettava, non era ancora andata al ricevimento. Aveva sulla faccia un visore di tipo non Qeng Ho, e i suoi occhi erano seminascosti da immagini e cifre. Sembrava sempre la stessa, attenta, professionale, sul punto di intuire qualcosa di importante. E per quanto ne so è davvero così.

Qualcuno gli mollò una pacca sulla schiena, energica come quella che lui aveva dato a Benny. — E allora, uomo, che ne pensi?

Pham scacciò le immagini dagli occhi e si girò verso l’assalitore: Trud Silipan, vestito a festa per la circostanza.

— Sì, cosa ne pensa, armiere Trinli? — disse Ezr Vinh, uscendo da dietro una pianta. — Di tutti i Qeng Ho lei è il più anziano, quello che ha viaggiato di più. Chissà quanti parchi Qeng Ho ha visto. Quello del nostro buon caponave Nau regge il paragone?

Nelle parole di Vinh c’era un doppio senso che irritò Pham. Tu sei una delle ragioni per cui devo ammazzare la Reynolt, dannato rompiscatole. Le storie vere o inventate su Pham Nuwen erano diventate il suo hobby. Da ormai un anno era chiaro che il giovane conosceva i fatti reali accaduti a Brisgo Gap, e che aveva capito ciò che lui intendeva fare col Focus. Le sue richieste di garanzie e di rassicurazioni erano diventate sempre più insistenti e precise. I localizzatori dipingevano una luce assurda sulla faccia di Vinh, leggendo la sua temperatura e la pressione sanguigna. L’ostilità verso Brughel e Nau lo dominava, sovrastando la diffidenza che ora provava per Pham Nuwen. Pham poteva ancora usarlo, ma la sua scarsa capacità di autocontrollo era una delle ragioni per cui la Reynolt doveva essere eliminata.

Il parco sotterraneo era senza dubbio un capolavoro. — Questo posto è un tresarnis — rispose Pham, con una smorfia schizzinosa.

Silipan si accigliò. — Un cosa?

Vinh spiegò: — È gergo da intenditori di parchi artificiali. Significa che si è ottenuto il massimo dalle caratteristiche locali.

— Ah, sì — annuì Silipan, sulla difensiva. — Lo sapevo anch’io. Be’, il massimo si è ottenuto. Il caponave non poteva accontentarsi di meno. Guardate che roba: un grande parco a microgravità, che però imita la superficie di un pianeta a gravità normale. Questo infrange tutte le regole dell’estetica… ma sapere come infrangere le regole è ciò che contraddistingue un buon Dirigente.

Pham scrollò le spalle e continuò a spilluzzicare i rinfreschi di Gonle Fong, scrutando pigramente la boscaglia. La cima delle colline era un trucco ottico tutto intorno alla parete della caverna, molto efficace. Gli alberi, alti dai dieci ai venti metri, avevano il tronco incrostato di muschio umido. Ali Lin li aveva fatti crescere in tende-incubatrici sulla superficie di Diamante Uno prima di trapiantarli lì. Un anno addietro erano alti tre centimetri; ora sembravano vecchi di secoli. La brezza umida sembrava provenire da migliaia di chilometri di distanza. C’erano costruttori di Parchi capaci di ottenere la perfezione sotto due o tre aspetti tecnici; il parco del caponave era perfetto a tutti i livelli. Centimetro per centimetro era un’opera d’arte, come i bonsai di Namquem.

— Sì, credo di avere motivo di esserne fiero — continuò Silipan. — Il caponave ha avuto il merito di idearlo, ma è stato il mio lavoro sui sistemi automatici che ha consentito ogni miglioramento.

Pham sentì la rabbia salire in Ezr Vinh. Senza dubbio era in grado di controllarla, ma un buon annusatore se ne sarebbe accorto. Diede di gomito a Vinh nelle costole, per distrarlo, e latrò la risata che era il marchio di fabbrica di Trinli. — Hai capito, Ezr? Trud, tu stai dicendo che a fare il lavoro sono state le persone focalizzate che tu dirigi. — E dirigere era un verbo ridicolo. Silipan era appena un inserviente. Ma dirlo sarebbe stato offensivo, e Silipan non dimenticava mai un insulto.

— Uh, sì, le testerapide. Non è quello che ho detto?

La gente stava cominciando a spostarsi sulla riva del lago. Qualcuno faceva commenti sulla gattina di Qiwi, osservando che era inutile fornire ali ad animali che non avrebbero mai imparato a volare in modo corretto. Ma l’attenzione di tutti si spostò su Rita Liao e su Jau Xin, che stavano cercando di salire a bordo della barca a remi di Nau. Il natante, a fondo piatto, era mantenuto a contatto dell’acqua da qualche espediente tecnico, ma a zero-G l’operazione si presentava complicata. A un certo punto Rita perse l’appiglio e cominciò a fluttuare via sulla testa del compagno, che cercava vanamente di afferrarla. La gente rise. Un paio di persone finirono nell’acqua, forse spinte da qualcun altro.