È il momento di agire. I suoi programmi dissero a Pham che nessuno dei presenti stava guardando verso di lui. Le sue sonde nei sistemi di sorveglianza di Nau gli confermarono che nessun annusatore si occupava di lui in quel momento, e gli giunse un’altra immagine di Anne Reynolt che si sdraiava su un letto, in casa di Nau. Bene. Pham accecò tutti i localizzatori per qualche momento e si addentrò fra la vegetazione. Un paio di modifiche nelle registrazioni e ci sarebbe stata la prova che lui era rimasto lì per tutto il tempo necessario a fare quel che doveva e tornare indietro. La cosa era sempre molto incerta e piena di rischi. Ma togliere di mezzo quella donna è vitale.
Con le sole mani s’inerpicò su per la parete di fondo, attento a restare dietro i cespugli. Anche lì l’arte di Ali Lin era evidente. La collina avrebbe potuto essere semplicemente dipinta sul diamante grezzo, ma lui aveva usato roccia autentica prelevata dal mucchio delle materie prime assemblandola con una capacità artigianale e un occhio per la prospettiva che non erano parte del bagaglio tecnico di un comune costruttore di parchi. Tutto dimostrava che il Focus consentiva a una persona di usare a fondo le sue capacità. Usarlo è giusto.
L’ingresso del tunnel era pochi metri più in alto. Pham mandò una dozzina di localizzatori a fluttuare là, per avere un’immagine della porta. Una parte della sua attenzione era rimasta sulla gente in riva al lago. Una dozzina di persone stavano formando una catena umana per recuperare Rita Liao, sei o sette metri ai di sopra del molo. In qualche modo riuscirono a riportarla giù, a contatto dell’albero intorno al quale Jau Xin lavorava per stendere la vela. Appena la barca prese un po’ di vento si staccò di mezzo metro dalla superficie dell’acqua, ma nonostante quell’imprevisto la gente rise e applaudì, perché la barca era ormeggiata al molo con due corde e Xin sembrava sapere il fatto suo.
Pham si spinse nell’imboccatura del tunnel. Le sonde spedite più avanti gli rimandavano un’immagine del portello a cui stavano già lavorando. Tutto in quel parco era compatibile coi localizzatori, grazie al cielo. Il battente metallico si aprì in silenzio, e quando lui fluttuò dentro gli bastò un gesto per chiuderlo.
Adesso aveva duecento secondi o poco più.
Le sue piccole spie gli mostrarono che si trovava a una trentina di metri dal nuovo ingresso della clinica del Focus. La Reynolt doveva aver raggiunto Nau al ricevimento. Anche i tecnici MRI erano là. Questo gli avrebbe dato il tempo necessario per entrare nella clinica e operare il sabotaggio.
Sabotaggio? Pham si spinse avanti. Sii onesto. Era un omicidio. No, è un’esecuzione. Anzi, un atto di guerra contro un nemico. Lui aveva già ucciso gente in combattimento, e non solo da lontano al termine della traiettoria di un missile. Questa è la stessa cosa. Perciò che importava se la Reynolt era un robot focalizzato, una schiava di Nau? C’era stato un tempo in cui la sua perversità era stata frutto di libera scelta. Pham sapeva poco del partito politico Xevalle, ma abbastanza per essere certo che non differiva molto dagli avversari che l’avevano sconfitto. Un tempo in cui Anne Reynolt era stata come Ritser Brughel, solo molto più intelligente e pericolosa di quel gaglioffo. Brughel sarebbe stato schiacciato dal Focus, la Reynolt era riuscita a conservare abbastanza vitalità da tenere in rispetto perfino lui. Eliminarla avvicinava Pham di un passo alla distruzione del regime Nau/Brughel. Un giorno avrebbe fatto irruzione nella Mano invisibile e messo fine all’orrore che i due Dirigenti avevano organizzato là. Ciò che faccio alla Reynolt è diverso, impersonale.
Le sue dita sfiorarono rapide il tastierino. La porta si apri senza rumore e lui fluttuò nel piano inferiore della clinica. I locali erano tutti vivamente illuminati, però i dati che i localizzatori gli mandavano erano scomparsi. Si mosse con cautela, come un uomo diventato improvvisamente miope. I localizzatori che s’era portato dietro e quelli che aveva addosso sfrecciarono avanti e gli diedero altre immagini del luogo. La presenza dei MRI significava vita breve per quegli apparecchi. Quando i grossi magneti erano accesi, pochi minuti bastavano per mandare fuori-fase i microcircuiti.
Ma Pham non aveva nessuna intenzione di accendere i MRI, e le sue piccole spie sarebbero rimaste in vita per tutto il tempo necessario a montare la trappola. A quel che affermava Trud Silipan, le unità MRI erano accuratamente schermate da un campo magnetico, senza il quale non avrebbero agito soltanto sulla testa del focalizzato disteso sul lettino ma anche sul virus cerebrale di tutti i focalizzati presenti nella stanza. Bastava staccare un filo, e alla prossima accensione del macchinario il manovratore avrebbe ricevuto una dose massiccia della stessa irradiazione del paziente. I tecnici non-focalizzati non si sarebbero accorti di niente, ma per il virus nell’encefalo della loro direttrice sarebbe stato diverso.
Anne Reynolt avrebbe avuto un gravissimo incidente cerebrale, non appena avesse partecipato di persona a un trattamento.
Pham cominciò a smontare il pannello di controllo di una delle unità MRI. Forse c’era la possibilità di installare un programma che riconoscesse la Reynolt, non appena fosse entrata nella stanza, e accendesse automaticamente l’apparato anche senza che ci fosse un paziente da trattare…
Da quando era penetrato nella clinica i suoi localizzatori si erano sparsi in altri locali. Era come se angoli bui si illuminassero uno dopo l’altro. Pham li lasciò in disparte e si occupò solo dell’immagine trasmessa dal localizzatore che stava esaminando i circuiti.
A un tratto ci fu un movimento. Qualcosa, forse un essere umano vestito di giallo era passato davanti a un localizzatore da qualche parte. Poi una presenza sbucò nel corridoio esterno e si accostò alla porta. Con un’imprecazione Pham si tuffò su un’unità MRI, proprio mentre qualcuno entrava.
Una voce di donna: — Fermo dove ti trovi, sono armata!
Era Anne Reynolt. La bionda si spostò in alto, presso il soffitto, dove lui non poteva raggiungerla con un sol balzo. Aveva in mano un oggetto che poteva essere un’arma di qualche genere.
— Indietreggia verso il muro con le mani bene in vista. Non fare scherzi o sparo.
Per un momento Pham fu tentato di rischiare tutto in un assalto frontale. L’arma della donna non sembrava una pistola, ma era probabile che fosse un telecomando collegato a un proiettore. E l’unica opzione valida era affidarsi alla violenza e alla velocità, visto che quello era l’unico posto libero dai localizzatori degli Emergenti. Nessuno stava osservando ciò che accadeva lì. Pham decise di fare ciò che gli era stato ordinato.
La Reynolt si abbassò, uncinandosi con un piede a una scrivania. Il telecomando che aveva in mano era puntato verso di lui. — E così, signor Trinli, finalmente viene allo scoperto. È un piacere vederla senza maschera. — Con la mano libera si scostò i capelli dalla fronte. Il visore che portava davanti agli occhi era spento, e c’era qualcosa di strano in lei. Pallida e fredda come sempre, non era più indifferente o spazientita. Appariva soddisfatta, forse arrogante, e sulla sua bocca c’era perfino l’ombra di un sorriso.
— Lei aspettava che qualcuno si introducesse qui approfittando dell’occasione, vero, Anne? — Pham notò che non indossava la tuta bianca di poco prima, bensì blusa e pantaloni verdi. La Anne Reynolt che lui aveva visto nella casa di Nau non era mai esistita. La donna aveva ingannato i suoi localizzatori con una rozza proiezione, e ciò significava che era al corrente del loro uso da parte di un estraneo.