Ma non il sogno di Pham. Lui lo aveva inseguito attraverso mille anni-luce e per tremila anni di tempo reale. Nel suo sogno l’umanità era una cosa sola, con la giustizia non ridotta a deboli fiammelle sparse ma come un’unica luce ferma in tutto lo Spazio Umano. Lui aveva sognato di una civiltà dove le biblioteche non cadevano mai in polvere, dove non salivano al potere migliaia di piccoli governanti schiavi delle loro ambizioni, dove i bambini nascevano protetti da un passato forte come un’armatura intorno a loro. Quando Sam Park lo aveva tirato fuori da quel cimitero per vivi, su Triland, lui stava morendo. Ma il suo sogno no. Quello era un fuoco che continuava a bruciare nella sua mente, senza mai diventare cenere.
E qui nell’orbita di OnOff lui aveva trovato il mezzo che poteva far realizzare il sogno: il Focus, un sistema capace di mettere radici profonde nella società e farla espandere fra le stelle, dandole una forza inarrestabile. Poteva creare degli schiavi, certo, ma costoro sarebbero stati scelti fra i criminali o chi sarebbe finito allo sbando in ogni società. Perciò cosa c’era di male in questo genere di schiavitù? Ben più importanti erano le ingiustizie a cui il Focus avrebbe messo fine per sempre.
Forse.
Lui aveva evitato di pensare a Egil Manrhi… ora ridotto a una macchina collegata alle macchine. Aveva evitato di pensare a Trixia Bonsol e a tutti gli altri, chiusi nei loro insani cubicoli. Ma il giorno prima era stato costretto a guardare ciò che restava di Anne Reynolt, che con pochi compagni aveva preso le armi e lottato contro quella società che si espandeva rafforzata dal Focus. Quella era stata una sorpresa. Ma ancor più sorprendente era stato capire il motivo per cui la Reynolt riusciva a restare più viva di tutti gli altri focalizzati. Anche lei aveva avuto un sogno, così forte che neppure il Focus lo aveva spezzato del tutto.
E quella sera Ezr era venuto a fargli il suo discorsetto: «Il prezzo è troppo alto». Il prezzo, sicuro, ma… un Vinh.
Ancora una volta un Vinh si metteva fra lui e il successo finale. Che vada all’inferno. Che crepino, tutti quanti. Lasciatemi morire in pace.
Pham scacciò il mondo esterno lontano da sé. Era vagamente conscio delle lacrime che gli riempivano gli occhi. Non gli accadeva di piangere da… non lo ricordava neppure… forse da quel giorno, all’altra estremità della sua vita, quando suo padre lo aveva fatto portare a bordo di una nave Qeng Ho che non sarebbe più tornata indietro.
E allora, cosa fai quando i tuoi sogni sono morti?
Quando non hai più sogni, non hai più vita.
E poi che cosa resta? Per molti lunghi anni la mente di Pham aveva abitato nel niente. Un giorno s’era infine trovato lì, alle prese con tutte le immagini riprese dalla rete dei localizzatori; gli schiavi focalizzati che scavavano e scolpivano le pareti di diamante nell’alveare sotto Hammerfest. Anne Reynolt che dormiva in un cubicolo uguale a quello degli altri.
Avrebbero meritato qualcosa di meglio di ciò che gli era accaduto. Meritavano qualcosa di meglio di ciò che Tomas Nau aveva progettato per loro.
Pham allungò i suoi sensi nella rete e sfiorò leggermente Ezr Vinh, spingendolo da parte. Controllò i risultati del rozzo lavoro del giovanotto per riparare ai danni, e cominciò a ricostruire schemi funzionali. C’erano dei dettagli antipatici: le piccole ustioni sul collo e su una tempia di Vinh, la necessità di qualche migliaio di localizzatori nuovi nell’interstizio del provvisorio. Niente di irreparabile, e da lì a qualche tempo…
Anne Reynolt si sarebbe ripresa da ciò che lui le aveva fatto. Il gioco a rimpiattino di indagini e tranelli nel software sarebbe ricominciato. Ma stavolta lui avrebbe studiato qualcosa per tutelare sia lei che gli altri schiavi. Sarebbe stato molto più difficile di prima. Forse tuttavia Ezr Vinh lo avrebbe aiutato, se avessero lavorato insieme come una squadra… i piani presero a formarsi e riformarsi nella mente di Pham. Era doloroso vedere che non sarebbe riuscito a far girare a modo suo le ruote della storia, ma c’era un certo piacere nel fare ciò che sembrava buono e giusto.
Per molti anni lui aveva atteso il sonno in quella stanza guardando la realtà a denti stretti, facendo piani e sognando ciò che avrebbe potuto fare col Focus. Ora che quell’idea era stata messa da parte c’erano ancora piani da fare, ancora pericoli da affrontare… ma per la prima volta da molti anni in lui c’era anche… la pace.
Quella notte sognò di Sura Vinh. E non ci fu sofferenza.
PARTE TERZA
39
C’era sempre il modo di arrangiarsi. Gonle Fong aveva vissuto tutta una vita in base a questo principio. La missione alla stella OnOff era il genere di progetto a lunga durata che interessa gli studiosi più che i commercianti. Ma Gonle aveva visto il modo di arrangiarsi. Poi c’era stato l’attacco a tradimento degli Emergenti, e quella che era stata una lunga missione era diventata un lungo periodo di esilio e di prigionia. Una servitù agli ordini di gente spietata. Ma anche così c’era stato il modo di tirare avanti alla meglio. Per vent’anni della sua vita soggettiva lei c’era riuscita, aveva vissuto, se l’era perfino cavata bene… almeno, dal punto di vista di chi aveva toccato il fondo.
Ora le cose stavano cambiando. Jau Xin non si faceva vedere da quattro giorni, ovvero dall’inizio dell’attuale Turno di Gonle. Dapprima lei aveva sentito dire che Xin e Rita Liao erano stati spostati al Turno C, e che ora si trovavano in sonno freddo. Questo mandava all’aria tutti i progetti che lei e Rita avevano pensato di sviluppare insieme, ed era anche dannatamente insolito. Poi Trinli aveva riferito che dall’attico di Hammerfest mancavano due piloti, due testerapide. In tal caso, forse Rita era ancora nel congelatore, ma Jau Xin e le due testerapide erano… da qualche parte. A questo punto erano nate altre voci: Jau era partito per una spedizione alla stella spenta, oppure era atterrato sul mondo dei Ragni. Trud Silipan appariva al bar di Benny solo per brevi visite e con l’aria di conoscere dati che stavolta non intendeva condividere con nessuno. Questo, ancor più che il resto, dimostrava che qualcosa di molto strano stava accadendo.
Gonle aveva organizzato delle scommesse sulle varie ipotesi, ma lei stessa si stava tormentando l’anima con gli interrogativi, così non fu per nulla delusa quando i grossi calibri decisero di metterli tutti a parte del segreto.
Tomas Nau invitò un manipolo di semplici membri dell’equipaggio nella sua residenza privata, per metterli al corrente. Per Gonle fu la prima visita al Lago-Parco dopo l’apertura. In quell’occasione il caponave aveva voluto fare le cose in grande, ma in seguito il posto era stato chiuso a tutti… anche se, per essere onesti, la cosa poteva essere giustificata da ciò che era accaduto ad Anne Reynolt durante il trattenimento.
Mentre Gonle e gli altri tre membri dell’equipaggio si avviavano sul sentiero autoaderente verso la dimora di Nau, lei valutò i dintorni con sguardo critico. — E così sono riusciti a far piovere, qui dentro… se lo sapevo, mi sarei portata un ombrello. — In realtà un ombrello sarebbe servito a poco; la pioggia che li stava bagnando era fine come una nebbia, e in assenza di gravità si muoveva solo nella direzione della brezza.
Pham Trinli ebbe una risatina sardonica. — Scommetto che questi sono i nostri rifiuti riciclati, e non preziosa acqua. Di questi parchi a imitazione di gravità ne ho visti altri, solitamente fatti fare da Clienti con più denaro che buonsenso. Se uno vuole avere un vero terreno e un vero cielo deve andarseli a cercare su un pianeta. Altrimenti finisce col ritrovarsi un sacco di porcheria appiccicata al suo bel cielo azzurro.
Camminando accanto a lui Trud Silipan disse: — Il cielo mi sembra molto pulito, qui.