Underhill ebbe una risata secca. — Più o meno, colonnello. Il problema è che non tutti questi alieni sono mostri. Alcuni di loro agivano ai nostri danni, altri hanno voluto aiutarci… e noi, per soprammercato, avevamo i nostri piani per mandare all’inferno questo mondo. Questo è costato un prezzo terribile. — Per qualche momento tacque, con la testa scossa da un tremito. — Andrà meglio, ora. Però… io non riesco a vedere quasi niente. — Il poveretto era stato colpito alla testa dalle radiazioni e i suoi occhi erano coperti di vesciche. — Forse può dirmi lei quello che vede. — E agitò una mano verso il cielo.
Rachner si spostò più accanto al finestrino. L’orizzonte a sud era uno sfavillare di luci. — Vedo ancora decine di esplosioni ad alta quota, signore. Credo che siano i nostri intercettori.
— Ah. La povera Nizhnimor e Hrunkner… quando camminammo insieme nella Tenebra vedemmo qualcosa di simile. Allora faceva molto più freddo, e non c’era aria. — L’insetto-guida riuscì a premere la maniglia dello sportello che si aprì di una fessura, e un refolo d’aria gelida entrò nell’abitacolo.
— Signore, la consiglio di chiudere o c’è il rischio di…
— D’accordo, ma non si preoccupi. Non staremo qui a lungo. Cos’altro vede?
— Un lucore diffuso, come un effetto della ionosfera, e… — Rachner si sentì mozzare il fiato. C’era anche qualcos’altro, e lui se ne accorgeva solo adesso. — Vedo scie di vettori in rientro, signore. Una decina. Stanno passando sopra di noi, diretti a sud e a oriente. — Non poteva sbagliarsi, purtroppo. E continuavano ad apparirne altri. Migliaia di missili erano stati fermati, ma quelli che erano riusciti a passare potevano distruggere numerose città.
— Non si preoccupi — disse Underhill, sul lato cieco di Rachner. — Di quelli se ne sono già occupati gli alieni nostri amici. Quelle testate nucleari sono soltanto carcasse, relitti radioattivi. Non molto divertenti se gliene cade uno sulla testa, ma ormai non rappresentano più una minaccia.
Rachner si girò a guardare ancora il cielo. Gli alieni nostri amici. — Questi mostri cosa sono in realtà, professor Underhill? Possiamo fidarci di loro?
— Uh, fidarci di loro? Che domanda, da parte di un funzionario del Servizio Informazioni. Mia moglie, il generale, non si è mai fidata di loro. Io studio questi alieni, questi umani, da quasi vent’anni, colonnello. Loro viaggiano fra le stelle da migliaia di anni. Hanno visto e fatto molte cose… ma mi creda, la loro immaginazione è chiusa in una gabbia che non possono vedere.
Le scie luminose erano passate via verso nord; alcune s’erano già spente. Due scesero in picchiata verso un punto lontano, probabilmente una base missilistica di Alta Equatoria. Rachner trattenne il respiro e attese.
Dietro di lui Underhill disse qualcosa come: — Ah, cara Victreia. — E poi tacque.
Rachner teneva lo sguardo sull’orizzonte, pronto a distoglierlo per non restare accecato. Trascorsero dieci secondi, poi trenta. Tutto restava silenzio e buio. — Lei ha ragione, signore. Quei missili non erano altro che rottami. Mi chiedo come… — Si voltò di scatto, accorgendosi all’improvviso di quanto fosse fredda la cabina dell’elicottero.
Sherkaner Underhill non c’era più.
Rachner aprì lo sportello e guardò fuori. — Signore!
Professor Underhill! Fece per scendere, ma si fermò. L’aria era così fredda che gli congelava le mani. A un tratto li vide, due ombre in movimento fra i macigni a una cinquantina di metri da lì. Underhill zoppicava alle spalle di Mobiy. L’insetto-guida se lo tirava dietro per il guinzaglio e tastava ansiosamente le rocce con le mani, nel comportamento istintivo di un animale che cerca una profondità di qualche genere dove ricoverarsi durante la Tenebra. Fra quei massi incrostati di ghiaccio non aveva speranza di trovarne una. Entro meno di un’ora lui e il suo padrone sarebbero stati morti, rigidi come pezzi di granito.
All’improvviso il pilota automatico decise che la pausa gli era bastata, e le pale cominciarono a girare. Rachner tornò dentro, chiuse il portello e cercò di rimettere i comandi sul pilotaggio manuale, ma non aveva più forza nelle braccia. Poté soltanto lasciarsi cadere su una poltroncina, paralizzato dal freddo.
La turbina ritrovò la piena efficienza e l’elicottero si alzò dal suolo. Rachner vide un’ultima volta Sherkaner Underhill e il suo Mobiy che si allontanavano in quella desolazione. Poi il velivolo prese quota e le loro ombre scomparvero nel buio.
55
La decompressione esplosiva in un ambiente piccolo era solitamente fatale. Fu una delle guardie a salvare Tomas Nau, senza volerlo. Proprio mentre appariva la falla, Tung si stava slacciando la cintura e il risucchio lo attirò da quella parte. Lo stesso stava accadendo agli altri, ma Tung era il più vicino. Lo sventurato entrò nel foro rovente a testa in avanti e ci restò incastrato.
Qiwi era riuscita a restare aggrappata al portello dell’arsenale di L1 e mentre il taxi pompava aria per sostituire quella perduta, lo aprì del tutto. Si girò, prese suo padre e lo scaraventò dentro, con un solo movimento rapido ed efficiente. Nau cominciò a reagire solo mentre lei si voltava una seconda volta; era sfinito e gli girava la testa, ma con l’aiuto della ragazza poté passare in salvo anche lui.
Ce l’ho fatta. E appena cinque secondi fa mi vedevo morto. La corrente d’aria che usciva era forte. Il collare di collegamento del taxi stava per cedere del tutto.
Qiwi mise la testa nel corridoio ma non fluttuò dentro. — Devo prendere Marli e Ciret.
–Ti aiuto io! — Nau imprecò contro quell’impulso generoso, ma s’era accorto di aver perduto la pistola a raggi e tanto valeva cercarla. Rientrò a mezzo nel taxi e si guardò attorno. Tung era sicuramente morto, e meglio per lui. Marli doveva essere più di là che di qua, e Ciret sembrava svenuto. In assenza di peso la ragazza era singolarmente svelta e abile nel manovrarli come aveva fatto con suo padre. Nau decise che adesso era pericolosa, e che quella era la sua ultima opportunità di toglierla di mezzo. Non poteva permetterle di uscire dal taxi. Rinunciò a cercare la pistola; retrocesse in fretta nell’arsenale, e mentre chiudeva il portello gli dispiacque di non poter assistere agli ultimi momenti di vita della ragazza.
Addio, Qiwi. Dopo aver chiuso il portello con un solido tonfo bloccò la serratura, e dall’esterno gli giunse il rumore di metallo che cedeva. Evidentemente il taxi s’era staccato del tutto dalle flange danneggiate. Appena in tempo. Oggi è il mio giorno fortunato. La pressione nel corridoio stava tornando normale. Nau spinse davanti a sé Ali Lin, che parve rinvenire un momento e mugolò qualcosa. Almeno aveva smesso di sanguinare. Non morire fra le mie mani, Dio ti maledica. Non gli sarebbe dispiaciuto disfarsene. D’altra parte doveva riconoscere che le sue capacità lo rendevano prezioso.
Spinse Ali fino al termine del lungo corridoio. Le pareti erano in ceramica verde. Quella era stata la paratia di sicurezza della Tesoro Lontano. Il suo valore stava negli strati sovrapposti di materiale schermante, con un altissimo punto di fusione. Tutta la potenza di fuoco che Pham Nuwen poteva essersi procurato non gli avrebbe permesso di entrare lì.
Fino a pochi giorni prima nel deposito c’era quanto restava delle armi che avevano portato alla stella OnOff. Adesso, coi rifornimenti trasferiti sulla Mano Invisibile, era quasi vuoto. Non importava. Lui aveva tenuto prudentemente lì alcune testate nucleari. Se necessario avrebbe giocato il solito gioco del ricatto.