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Il cielo era già scuro, pieno di stelle, quando parcheggiò l’auto accanto alla casa che aveva visto dalla cima del promontorio.

Spense il motore e restò un momento seduto, respirando con calma e ascoltando il sangue che gli pulsava nel petto. C’era una grande quiete. Guardò indietro; nessuno lo stava inseguendo. E ripensandoci era… strano. L’ultima volta che s’era voltato aveva visto il tipo più grosso che si trascinava fuori dal torrente; gli altri due se ne stavano già andando, come disinteressati.

Nelle finestre della casa si accese una luce. La porta fu aperta, e una vecchia signora uscì sulla veranda. — Chi è là? — domandò, in tono imperioso.

— Signora Enclearre? — Sherkaner si accorse di avere la voce stridula. — Il padrone dell’ufficio postale mi ha dato il suo indirizzo. Dice che lei ha una camera da affittare, per la notte.

Lei girò dalla parte del conducente e lo guardò meglio. — Proprio così, giovanotto. Ma lei arriva un po’ tardi per la cena. Dovrà accontentarsi di succhiare qualcosa di freddo.

— Oh, non si preoccupi, non c’è problema.

— Va bene. Venga pure dentro. — L’anziana signora rise, indicando con una mano piccola la valle da cui Sherkaner era sfuggito. — Poi mi spiegherà perché ha preso la strada più lunga, eh, giovanotto?

Nonostante ciò che aveva detto, la signora Enclearre servì a Sherkaner un buon pasto caldo. Dopo cena sedettero nel salotto anteriore a fare due chiacchiere. La casa era pulita, ma ormai cadente. Il pavimento cigolante aveva bisogno di riparazioni; la pittura s’era scrostata in molti punti. Era una casa che aveva fatto il suo tempo. Ma la pallida luce delle lampade metteva in evidenza uno scaffale per i libri, fra due finestre. C’era un centinaio di titoli, per lo più classici per l’infanzia. La vecchia signora (ed era vecchia: nata due generazioni prima di Sherkaner) era una maestra di scuola in pensione. Suo marito non ce l’aveva fatta ad attraversare l’ultima Tenebra, ma lei aveva allevato dei figli (ormai vecchi aracnidi anch’essi) che attualmente abitavano in quella stessa zona collinosa.

La signora Enclearre non era stata una maestra di città. — Oh, la mia parte di mondo l’ho vista, giovanotto. Quando avevo la sua età ho navigato nel mare occidentale. — Una marinaia! Sherkaner ascoltò senza celare la meraviglia i suoi racconti di uragani, di grizzard, e di eruzioni di iceberg. Non molti erano così matti da fare i marinai, neppure negli anni del Sole Calante. La signora Enclearre era stata fortunata a sopravvivere a quelle esperienze. Forse poi aveva capito che s’era trattato di pura fortuna, perché durante la generazione successiva aveva messo la testa a partito e aiutato il marito ad allevare i loro ragnetti. Ogni anno aveva l’abitudine di studiare i testi scolastici dell’anno successivo, per tenersi un passo più avanti dei piccoli fino alla loro maturità.

Durante la Luce aveva poi insegnato alla nuova generazione. Quando i suoi allievi avevano raggiunto la maturità, lei era ormai in là con gli anni. Molti aracnidi raggiungevano la terza generazione; pochi ne vedevano la fine. La signora Enclearre era troppo fragile per prepararsi da sola all’imminente Tenebra, ma aveva la chiesa e l’aiuto dei suoi figli; forse avrebbe avuto la possibilità di vedere un quarto periodo di Luce. Nel frattempo aveva i suoi pettegolezzi, e le sue letture. Era perfino interessata alla guerra… ma solo come spettatrice avida. — Diamogli delle belle bastonate sulla schiena a quei dannati Tiefer, ecco come la penso io. Ho due nipoti al fronte, e sono molto orgogliosa di loro.

Ascoltando le chiacchiere di lei, Sherkaner guardava fuori dalla larga finestra dalle tendine aperte. Le stelle erano brillanti lì sulle montagne, avevano mille colori diversi e spandevano una debole luce sulle larghe foglie degli alberi che coprivano le alture. Piccole fate boschive sbattevano incessantemente sul vetro, e le loro stridule canzoni riempivano la vegetazione circostante.

All’improvviso un tamburo cominciò a rullare. Era così sonoro che le vibrazioni arrivavano a Sherkaner attraverso i piedi non meno che gli orecchi. Un secondo tamburo prese il via, non troppo a ritmo con il primo.

La signora Enclearre s’interruppe, con aria di disapprovazione. — Temo che questa musica andrà avanti per ore.

— I suoi vicini? — Sherkaner indicò verso la piccola valle a nord. Era interessante che, a parte il suo commento sulla “strada più lunga”, lei non avesse detto una parola sugli strani individui che abitavano giù presso il torrente.

… e forse non l’avrebbe fatto neanche adesso. La signora Enclearre cambiò posizione sul suo trespolo, silenziosa per il primo intero minuto dall’arrivo di lui. Poi: — Lei conosce la favola delle Pigre Fate Boschive?

— Sicuro.

— Io l’ho sempre inclusa nei programmi del catechismo, in specie per i bambini di cinque e sei anni. Sono utili esempi, grazie alla somiglianza fisica che hanno con noi. Studiavamo come si nutrono, e come fanno a mettere le ali, e poi io raccontavo di quelle che non si preparano per l’arrivo della Tenebra e giocano e cantano finché è troppo tardi. Riuscivo a farla diventare una storia impressionante. — Sibilò irosamente nelle mani nutritive. — Da queste parti siamo gente povera e ignorante. E per questo che da giovane me ne andai per mare, ed è per questo che alla fine tornai, per aiutarli a uscire da questa indigenza. In certi anni tutta la paga che ho avuto come maestra è uscita dai magazzini della cooperativa agricola. Ma voglio che lei sappia, giovanotto, che siamo brava gente onesta… a parte, qua e là, alcuni aracnidi che decidono di essere bestie. Sono pochi, e per lo più abitano fra le colline dell’interno.

Sherkaner le disse dell’imboscata nella piccola valle.

La signora Enclearre annuì. — Immaginavo qualcosa del genere. Lei è arrivato quassù come se avesse il fuoco appiccicato al sedere. Le è andata bene ad aver portato fuori di là anche l’automobile; ma non era in pericolo di vita. Voglio dire, se lei avesse fatto resistenza avrebbero potuto calpestarla a morte. Ma basilarmente sono troppo pigri per essere una vera minaccia.

Uhau. Dei veri pervertiti. Sherkaner cercò di non sembrare troppo affascinato. — E questi tamburi, allora?

Lei scartò l’argomento con un gesto.

— Musica, forse. Immagino che oggi si siano riempiti la pancia di frizzosputo drogato. Ma questo è solo un sintomo, anche se mi tiene sveglia la notte. No. Sa cos’è che fa di loro delle bestie? Quelli non si preparano per la Tenebra, e portano alla dannazione anche i loro figli. Quella coppia giù al torrente, ad esempio; sono gente di collina che non ha voglia di coltivare campi. Ogni tanto vanno in giro a fare riparazioni da una fattoria all’altra, ma lavorano solo quando non trovano niente da rubare. La vita è più facile negli anni di mezzo della Luce. E in tutto il giorno non fanno che fornicare, producendo una continua fila di figli…

«Lei è giovane, signor Underhill, e sembra il tipo che conosce la vita dura. Non so se lei capisce quanto sia impegnativo per una femmina restare gravida negli ultimi anni del Sole Calante. Una gravidanza o due sono il massimo che una femmina di buoni costumi può permettersi. Ma quelle bestie laggiù al torrente partoriscono per tutto il tempo. Il maschio va sempre in giro con una o due figliate sulla schiena. Grazie al cielo gli muoiono quasi tutti. Ma ogni tanto qualcuno arriva allo stadio infantile. Pochi superano l’infanzia, e per allora sono già stati trattati come animali per anni. A quel punto, per la maggior parte sono dei casi di cretinismo irrecuperabili.