Ezr rivolse loro un sorrisetto imbarazzato e passò oltre. Le cose sono andate bene per Trixia e me, ma questi poveretti hanno bisogno di essere aiutati.
La parete più lontana della stanza era stata divisa in cubicoli. Ezr oltrepassò le porte aperte ed esplorò con lo sguardo quelle chiuse, su cui era applicato un biglietto col nome. E finalmente… TRIXIA BONSOL. A un tratto ricordò che indossava una tuta da lavoro e non s’era neanche pettinato. Come le testerapide, quel giorno aveva ignorato perfino la sua pulizia personale.
Si passò una mano fra i capelli e bussò alla sottile porta di plastica bianca. — Trixia, sei sveglia?
— Entrate.
Lui spinse la porta. — Ehilà, Trixia. Sono io.
La donna fluttuava su un materassino non diverso da un comune letto di ospedale. Dietro la sua testa c’erano i soliti strumenti medici, collegati a lei con qualche elettrodo. Non importava, Ezr se l’era aspettato. Anne Reynolt teneva sotto stretta osservazione i suoi pazienti, usava i dati per guidare la de-focalizzazione e prevenire il ritorno di eventuali mutazioni dannose del virus mentale.
Questo rendeva difficile abbracciarla come Ezr avrebbe voluto. Fluttuò accanto a lei, perdendosi nel suo volto. Lei gli restituì lo sguardo, non l’occhiata spazientita di quando lui le bloccava la vista dei dati a schermo, ma guardandolo dritto negli occhi. Le sue labbra si curvarono in un tremulo sorriso.
— Ezr.
Lui non resistette più e la prese fra le braccia. Le labbra di lei erano morbide e calde. Ezr la tenne a sé per qualche momento, prima di deporla di nuovo a contatto col lettino. Poi si fece indietro, con cautela per non staccare qualche elettrodo. — Ah, Trixia, quante volte ho pensato che non ce l’avremmo mai fatta a tornare insieme. Ricordi tutte le volte… — Decenni di vita, alla lettera. — … Quando sedevo accanto a te, in quella tua dannata cella?
— Sì, tu hai sofferto molto più di me. Io ero come in una specie di sogno, e il tempo non significava nulla. Al di fuori del Focus tutto era nebbia. Io potevo sentire e vedere in quella nebbia. ma erano cose senza importanza. — Una mano di lei si alzò a carezzargli il collo, in un gesto che usciva dal loro vero passato.
Ezr sorrise. Stiamo parlando davvero. Finalmente. — Ma ora tu sei tornata, e possiamo vivere di nuovo. Ho tanti progetti, sai? Ho avuto anni per pensarci, a tutto ciò che avremmo potuto fare se Nau fosse stato sconfitto e tu di nuovo libera. Dopo tutte queste morti e disgrazie, la missione può ancora avere un successo maggiore di quanto avremmo mai immaginato. — Grandi rischi, grandi ricompense. Ma il rischio e i sacrifici erano alle loro spalle, e ora… Con la nostra parte dei guadagni potremo fare… tutto. Potremo mettere su la nostra Grande Famiglia, la Vinh-Bonsol.1 e… avere dei figli!
Trixia stava sorridendo, ma nei suoi occhi era apparsa un’ombra. Scosse il capo. — Ezr, io non credo…
Lui alzò le mani. — D’accordo, so quello che vuoi dire. Non importa. Se ancora non le la senti di avere una famiglia… va bene lo stesso. — Negli anni sotto Tomas Nau, Ezr aveva avuto modo di pensare a tutte le possibilità. Trasse un lungo respiro. — Se tu vuoi tornare su Triland, se la vita nello spazio ti ha stancato… io ti starò accanto. Lascerò i Qeng Ho. — Alla Famiglia non sarebbe piaciuto. Lui non era più un erede giovane. La spedizione avrebbe arricchito molto la Famiglia Vinh23, ma… lui sapeva di averne avuto ben poco merito. — Potrai fare ciò che vuoi. La sola cosa importante è stare insieme.
Si piegò ad abbracciarla di nuovo, ma stavolta lei lo spinse gentilmente indietro. — No, Ezr, non è così. Tu e io abbiamo molti anni più di prima. Non siamo più giovani. Io… è passato troppo tempo da quando eravamo insieme.
Ezr sbatté le palpebre. — Sono passati per me quegli anni. Ma non per te! Tu stessa dici che il Focus è stato come un sogno, dove il tempo non contava.
— Non esattamente. Per certe cose, per le cose al centro del mio Focus, probabilmente io ricordo il tempo meglio di te.
— Ma… — cominciò Ezr. Lei lo interruppe alzando una mano.
— Per me è stato più facile. Io ero focalizzata, e c’era anche qualcos’altro benché non lo capissi e… grazie a Dio non l’hanno mai capito neppure Brughel e Nau. Io avevo un mondo dentro cui fuggire. Un mondo che io potevo costruire con le mie traduzioni.
Lui annuì, accigliato. — Mi era parso di intuire qualcosa del genere, sì. Dunque questo mondo dei Ragni ti aiutava a vivere nella fantasia?
— Non nella fantasia. Arachna esiste, è una realtà, e io credo che tu debba capire come sia importante per me questa realtà. Era più che una fuga. Come traduttrice io potevo vivere nel mondo dei Ragni, e il Focus mi costringeva a non desiderare nient’altro. E dopo che abbiamo avuto la possibilità di comunicare… quando finalmente il caro Sherkaner ha capito, anche se all’inizio pensava che noi fossimo macchine… all’improvviso quel mondo mi ha accettato, ed è diventato mio.
La possibilità di comunicare. Era stato questo a sconfiggere Nau, e a salvarli tutti. Ma…
— Ma ora tu sei tornata, Trixia. Questo non è più l’incubo, ne sei fuori. Ora siamo insieme, ed è questo che vogliamo davvero!
Lei stava ancora scuotendo la testa. — Non capisci, Ezr? Entrambi siamo cambiati, e io sono cambiata più di te anche se ero… — Cercò la parola, anche se ero “sotto incantesimo” per anni. Vedi, ricordo anche le parole che tu usavi dirmi. Ma ora non è più come prima. Io e i Ragni abbiamo un futuro insieme.
— Ascolta… — Ezr cercò di avere una voce pacata, ragionevole, ma il panico gliela deformò. Caro Dio del Commercio, non posso perderla ora! — Lo capisco. Tu continui a identificarti coi Ragni. Gli alieni siamo noi, per te.
Lei gli toccò una spalla. — Un poco. Durante il primo stadio della de-focalizzazione mi sembrava di camminare verso un incubo. Io so come appaiono gli umani agli aracnidi: pallide larve molli. Gli animali che loro usano come cibo sono così, e grazie a questo non gli sembriamo ripugnanti e mostruosi… come molti umani vedono loro. — il suo sorriso si allargò. — il modo in cui voi umani girate la testa è mostruoso. Voi non ve ne rendete conto, ma gli aracnidi col pelo paterno sulla schiena e anche certe femmine hanno un brivido quando vi guardano da vicino.
Voi umani. Come nei suoi sogni delle ultime notti, in superficie. Nella sua mente Trixia era in parte un Ragno. — Ascolta, Trixia, io… verrò a farti visita ogni giorno. Presto starai meglio. Supererai queste fantasie.
— Oh, Ezr, Ezr. — Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, ma stava piangendo per lui, non per se stessa o per loro due. — Questo è ciò che voglio essere. Una traduttrice. Un ponte fra voi umani e la mia nuova famiglia.
La sua famiglia. Trixia non è uscita dal Focus. Per qualche motivo la Reynolt e Nuwen avevamo congelato il suo recupero a metà strada fra il Focus e la libertà. Capirlo fu come un pugno nello stomaco per Ezr… nausea, seguita da rabbia.
Affrontò Anne Reynolt nel suo nuovo ufficio. — Finisca il lavoro, Anne! Il virus mentale è ancora padrone di Trixia.
La bionda era ancora più pallida del solito. A un tratto Ezr capì che lo stava aspettando. — Lei sa che non c’è modo di distruggere il virus, Ezr. Farlo mutare, crearne una varietà dormiente o una varietà che l’organismo rigetta, questo sì, ma… — La sua voce era diversa da quella impaziente della Reynolt degli anni passati, che distribuiva sentenze più che opinioni.