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A un certo punto Trixia rinunciò, e si volse a guardare dalla parte opposta. Il cielo sull’orizzonte meridionale rifletteva luce come sopra una città, ed era quasi così. Le postazioni missilistiche non c’erano più, ma il mondo aveva trovato un uso migliore per l’altipiano. Miniere di roccia antigrav. Compagnie minerarie di ogni nazione erano discese su di esso. Dall’orbita si potevano vedere ragnatele di strade e grandi stabilimenti tutto intorno al primo sito minerario Kindred, nel deserto gelido. Milioni di Ragni ci lavoravano. Anche se pochi di loro immaginavano quanti usi avrebbe avuto quella magica sostanza, la roccia antigrav era destinata a rivoluzionare i voli spaziali, forse non a livello interstellare ma certo a quello interplanetario, in tutti i sistemi solari.

Victreia sembrò accorgersi che Trixia pensava ad altro. Cercò una roccia piatta, al riparo dal vento, e si mise a sedere. Trixia sedette accanto a lei, un po’ più in basso per avere la testa alla stessa altezza della sua. Da lì si vedevano migliaia di anfratti, ognuno dei quali poteva essere il luogo dell’ultimo riposo di Sherkaner. Ma nel cielo si spostavano dozzine di piccole luci, veicoli antigravità impegnati nel trasporto di materiali nello spazio. Durante la storia umana l’antigravità era stato uno dei Sogni Mai Avverati. E adesso era realtà.

Per un poco Viki tacque. A un umano che non conoscesse i Ragni sarebbe parsa addormentata. Ma Trixia notava i piccoli gesti delle mani nutritive ed era quasi in grado di seguire i suoi pensieri. Sul suo visore le chiamate per il maggiore Laigtil si accumulavano. Le responsabilità di Viki non le consentivano di allontanarsi per più di un paio d’ore, in quei giorni.

OnOff saliva nel cielo, appena visibile sullo sfondo nero. Per duecento anni Alta Equatori a avrebbe continuato a diventare sempre più gelida, ma il sole emanava ancora un calore avvertibile dal pianeta, e dal suolo si alzavano vapori di sublimazione.

— Io sono ottimista, Trixia. Il generale e mio padre erano capaci e intelligenti. Non possono essere morti tutti e due. Ma ciò che mi rattrista sono le cose che abbiamo dovuto fare per sopravvivere.

— C’è stata una guerra, Viki. Contro i Kindred, e contro gli Emergenti.

— Già. E chi è sopravvissuto ora se la cava bene. Anche Rachner Thract, che non ha più voluto tornare al servizio del Re. Si sentiva tradito… e non aveva torto. Ora è lassù, con Jirlib e Didi. — Mosse una mano in direzione di L1. — Sembra che siano intenzionati a diventare una versione aracnide dei Qeng Ho. — Per un poco tacque, poi batté rabbiosamente una mano contro la roccia. Trixia poté sentire una nota disperata nella sua voce. — Dannazione, mia madre era un bravo generale. Io non sarei mai riuscita a fare tutto ciò che fece lei; c’è troppo di mio padre in me. E nei primi anni la cosa funzionava bene, le sue capacità militari e il genio di lui si moltiplicavano insieme. Ma nascondere i nostri contatti con te stava diventando sempre più difficile. Realizzavano tecnologie troppo in fretta, e proprio sotto gli occhi degli altri umani, quelli che ci studiavano e complottavano contro di noi. Se loro avessero capito la verità, ci avrebbero sterminato senza pietà. Era questo a tormentare il cuore di mia madre.

Le mani nutritive di Victreia si mossero a scatti, e ci fu un suono rauco. Stava piangendo. — Spero solo che alla fine lo abbia detto a Zio Hrunkner. Era l’amico più fedele che avessimo mai avuto. Ci voleva bene, anche se pensava che fossimo una perversione. E mia madre questo non lo accettava. Voleva troppo da Zio Hrunkner, e quando lui non è riuscito a cambiare…

Trixia le appoggiò un braccio sul dorso. Era un gesto molto intimo, equivalente a un abbraccio umano.

— Sai, mio padre avrebbe voluto parlare a Zio Hrunkner dei nostri contatti con te –– continuò Viki. — L’ultima volta che lo vedemmo, a Principalia, mio padre e io eravamo tentati di farlo. Ma il generale si oppose. Mia madre non riusciva a dimenticare un torto. Alla fine, però… be’, volle che Hrunkner andasse con lei nella Terra Meridionale. Se si fidava di lui a questo punto, certo gli avrà detto anche il resto. Non credi? Deve averglielo detto, mentre il mondo gli crollava addosso, che i loro sacrifici non sarebbero stati inutili.

EPILOGO

Sette anni dopo

Il mondo di Arachna aveva una luna: l’ammasso di asteroidi L1 era stato stabilizzato su un’orbita sincrona, sulla latitudine di Principalia. Secondo gli standard dei pianeti abitabili era una luna dappoco, appena visibile dal suolo. Quel piccolo grumo di diamanti e ghiaccio, distante 40.000 km, era appena una goccia di luce per i Ragni che alzavano gli occhi al cielo. Ma bastava a ricordare loro che il cosmo era diverso da ciò che avevano creduto.

Davanti e dietro al satellite c’era una fila di stelline che ogni anno diventavano più grandi: i provvisori e le fabbriche dei Ragni. Nei primi anni erano state costruzioni rozze, ma con il supporto della roccia antigrav diventavano sempre più complesse. Gli aracnidi imparavano in fretta…

C’era già stata un’altra cena ufficiale al Provvisorio Aracnide Grande, prima di quella. Il Re in persona era salito in orbita per salutare la partenza della flotta per Triland: quattro navi stellari colme delle mercanzie di un intero mondo. E su di esse non erano partiti solo Qeng Ho ed Emergenti, ma anche duecento Ragni, fra cui Jirlib Underhill e Rachner Thract. I motori ram di quelle astronavi erano i primi modificati secondo l’evoluta teoria fisica nata dall’osservazione di OnOff. Da quel giorno nell’orbita di Arachna c’erano stati molti più Ragni che umani.

Per Pham Nuwen questo andava bene. I Clienti dovevano dominare lo spazio intorno ai loro pianeti. Ciò consentiva ai Qeng Ho di avere il supporto tecnico e i rifornimenti di cui avevano bisogno per andare e venire nei loro remunerativi commerci fra le stelle.

In occasione della seconda partenza il Provvisorio Grande fu forse ancora più affollato, ma stavolta la cena fu data soltanto per una quindicina di persone. Pham l’aveva apprezzato; sapeva che Ezr, Qiwi, Trixia e Viki volevano approfittarne per parlare fra loro. Quella poteva essere l’ultima volta che i compagni di quella lunga avventura si ritrovavano insieme.

Anne Reynolt e Pham arrivarono puntuali al lussuoso provvisorio dei Ragni, e per quanto informale fosse la cena furono scortati nel salone da un giovane aracnide fuori-fase in tuta bianca. Qui videro che gli altri erano già presenti, ai tavolini sospesi fra le piante. C’erano Trixia e Viki, Qiwi ed Ezr, e altri ospiti sia umani che Ragni.

Appena anch’essi ebbero preso posto, i camerieri aracnidi presero le ordinazioni per le prime portate. Le due razze potevano organizzarsi per mangiare insieme, con qualche piccolo compromesso tecnico, anche se l’una trovava decisamente grottesco il cibo dell’altra.

Trixia Bonsol tenne un discorsetto di apertura, approfittandone per dare una dimostrazione tecnica dei nuovi micro-apparecchi per la traduzione automatica ideati da lei. Quando ebbe finito, Pham insegnò ai presenti un nuovo modo per bere il vino — con modi che ricordarono il vecchio Trinli di un tempo — e che consisteva nel far fluttuare a zero-G una grossa bolla di liquido ambrato, soffiandola da una persona all’altra con la stessa cannuccia usata per sorbirla.

Dopo la comica caccia all’ultima goccia, Qiwi si piegò verso di lui. — Sarebbe stato più divertente se tu non l’avessi soffiata sulla camicia di Ezr — sorrise. — Ma avremmo dovuto aspettarcelo. Anche nostra figlia si diverte a giocare col cibo.

Pham non dubitava che Qiwi viziasse in ogni modo la piccola Kira Vinh-Lisolet, un diavoletto che secondo lui avrebbe avuto bisogno di genitori più severi. — Nel grande cosmo il vecchio Trinli ha imparato un sacco di trucchi, ragazza. Più tardi te ne farò vedere un altro paio — disse.