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Dalla Tenebra si emergeva un pezzo alla volta. Vista, tatto, udito. Memoria, attenzione, pensiero. Accadeva prima una cosa e poi l’altra? Oppure tornava tutto insieme ma le parti non comunicavano? A che punto di questa riunione di pezzi la mente tornava a essere tale? La domanda avrebbe continuato a stuzzicare Sherkaner per tutta la vita… ma in quei momenti di frammentazione era più importante lottare per tornare se stesso, per ricordare chi era, e sapere ciò che adesso doveva fare per sopravvivere. Gli istinti di un milione di anni erano sul trespolo di guida.

Trascorse il tempo, i pensieri si condensarono meglio e Sherkaner Underhill guardò fuori dai finestrini incrinati del suo vascello, nel buio esterno. C’era un movimento. Vapore turbinante? No, sembravano vortici di cristalli fluttuanti in una luce pallidissima.

Qualcuno gli batteva contro le spalle destre, chiamando il suo nome. Sherkaner mise insieme un altro ricordo, — Sì, sergente, sono vivo… cioè, sono sveglio.

— Molto bene. — Unnerbai aveva la voce roca. — Sei ferito? Esegui l’esercizio.

Sherkaner mosse doverosamente le gambe. Gli dolevano tutte; questo era un buon inizio. Mani di mezzo, mani anteriori, mani nutritive. — Non sono sicuro di sentire gli arti mediani e anteriori. Non li muovo bene.

— Già. Probabilmente sono ancora congelali.

— Come stanno Gil e Amberdon?

— Ho parlato con loro su uno degli altri tubi. Tu sei stato l’ultimo a tornare cosciente, ma loro hanno ancora molte parti del corpo congelate.

— Dammi l’estremità del tubo. — Unnerbai gli passò il tubo conduttore di suoni e Sherkaner parlò direttamente con gli altri membri della Squadra. Il corpo poteva tollerare grosse differenze di temperatura fra un organo e l’altro, ma se il procedimento non si completava in fretta potevano esserci gravi conseguenze. Il problema lì era che i contenitori di esotermi s’erano spostati su un lato mentre la barca sì faceva strada verso la superficie. Sherkaner li rimise in posizione e aumentò il flusso del fango e dell’aria dentro di essi. Il lucore verde che emanavano aumentò, e lui ne approfittò per controllare se c’erano falle nei tubi dell’aria. Gli esotermi erano essenziali per il riscaldamento, ma se la Squadra avesse dovuto competere con loro per l’uso dell’ossigeno se la sarebbe vista brutta.

Trascorse mezzora, e il calore che li avviluppava sciolse i loro arti. Gli unici danni da congelamento erano alle mani di mezzo di Gil Havon. Era un record, rispetto a ciò che accadeva nella maggior parte delle profondità. Un sorriso dilatò le mandibole di Sherkaner. Ce l’avevano fatta. Si erano svegliati nel bel mezzo della Profonda Tenebra.

I quattro riposarono ancora un po’, esaminando la riserva d’aria ed esercitandosi a far reagire gli esotermi col metodo ideato da Sherkaner. Il sergente Unnerbai e Amberdon Nizhnimor (l’unica femmina della Squadra) eseguirono la lista dei controlli, segnalando a Sherkaner ciò che funzionava male o sembrava sospetto. Erano tre tecnici competenti, un chimico e due ingegneri. Ma erano anche militari professionisti. Sherkaner trovava affascinante il cambiamento che avveniva in loro quando dal laboratorio passavano sul campo. Unnerbai, in special modo, era fatto a compartimenti separati: da una parte un soldato duro, dall’altra un ingegnere di mente aperta, e da un altro ancora un tradizionalista con un ferreo concetto dei valori morali. Sherkaner lo conosceva da sette anni, e dopo quel primo giorno di sarcastica sospettosità il sergente era diventato un suo buon amico. Ma quando la Squadra s’era finalmente spostata sul Fronte Orientale i suoi modi erano divenuti più distaccati. Aveva cominciato a rivolgersi a lui col titolo “signore”, esibendo un atteggiamento rispettoso venato di impazienza.

Lui ne aveva domandato il motivo a Victreia. Era successo nell’ultima occasione in cui erano stati da soli insieme, in un gelido alloggio scavato nel terreno gelato sotto l’ultimo aerodromo ancora operativo del Fronte Orientale. Lei aveva riso di quella domanda. — Ah, caro sciocco, cos’altro ti aspettavi? Hrunkner avrà il comando operativo quando la Squadra lascerà il territorio amico. Tu sarai un consigliere civile senza addestramento militare. Lui avrà bisogno della tua ubbidienza immediata, ma anche della tua immaginazione e capacità scientifica. — Aveva riso piano; solo una tenda separava il loro alloggio da quelli adiacenti. — Se tu fossi una qualsiasi recluta, Unnerbai ti avrebbe già fritto il guscio una dozzina di volte. Quel povero artropode ha paura che quando ogni secondo sarà importante, il tuo genio si perda su qualcosa di irrilevante… osservazioni astronomiche o roba simile.

— Mmh. — In effetti lui s’era chiesto come fossero le stelle senza l’atmosfera a offuscarne il colore. — Capisco cosa vuoi dire. Messa così, c’è anzi da stupirei se il generale Grionval mi ha inserito nella Squadra.

— Stai scherzando? Hrunkner lo ha preteso. Lui sa che troverete degli imprevisti che soltanto tu saprai affrontare. Come ti ho detto, è un artropode che attualmente ha un problema.

Era raro che Sherkaner si sentisse sbilanciato, ma quella era una situazione nuova per lui. — Bene, vuol dire che farò il bravo.

— Sì, lo so. Volevo solo chiarirti il dilemma di Hrunkner… ehi, puoi vederlo come un mistero comportamentale: come può gente così diversa come voi collaborare e sopravvivere, in un mondo dove nessuno ha mai vissuto? — Forse Victreia l’aveva vista come una battuta di spirito, ma era una domanda interessante.

Non c’era dubbio che il loro veicolo fosse il più strano della storia: in parte sottomarino, in parte profondità portatile, in parte una dannata latrina piena di fango. Ora lo scafo lungo cinque metri galleggiava in una polla di melma luminescente verdolina. A contatto del vuoto l’acqua bolliva, trasformandosi in gas che faceva appena in tempo a sollevarsi prima di congelare e ricadere sotto forma di cristalli di neve. Unnerbai spalancò il portello e i quattro formarono una catena, passandosi l’equipaggiamento e le taniche degli esotermi finché sul terreno accanto alla polla fu ordinatamente ammucchiato tutto ciò che dovevano portarsi dietro.

Collegarono i tubi fonici fra le loro tute: Underhill a Unnerbai, questi ad Havon e in fondo alla fila Nizhnimor. Underhill aveva sperato fino all’ultimo di poter utilizzare radio portatili, ma era un tipo di equipaggiamento troppo pesante e nessuno sapeva come avrebbe funzionato in condizioni così estreme. Così ognuno di loro poteva parlare solo al compagno fisicamente unito a lui. Del resto anche con le radio avrebbero avuto bisogno di quel sistema come riserva, nell’eventualità di un guasto.

Sherkaner era il primo della fila quando s’incamminarono verso la riva del lago, con Underhill alle spalle e Havon e Nizhnimor che trainavano la slitta. Già a pochi passi dal sommergibile il buio s’era chiuso su di loro. C’erano riflessi rossastri dove gli esotermi s’erano sparsi sul ghiaccio; il sommergibile aveva bruciato tonnellate di carburante per aprirsi la strada verso la superficie. Il resto della missione avrebbe dovuto usare ciò che gli esotermi potevano fornire e il carburante che avrebbero trovato fra le nevi.

Più di ogni altra cosa erano stati gli esotermi a rendere possibile quella missione nella Tenebra. Prima dell’invenzione del microscopio gli alchimisti e i filosofi dichiaravano che ciò che distingueva gli animali superiori dal resto delle forme di vita era la loro capacità di sopravvivere come individui attraverso la Grande Tenebra. Le piante e gli animali inferiori morivano; a resistere al gelo erano soltanto le loro uova incistate. Poi s’era scoperto che anche molti esseri unicellulari sopravvivevano, e senza neppure il bisogno di ritirarsi nelle profondità. Cosa ancora più strana — questo lo avevano appurato i biologi quando Sherkaner frequentava la scuola inferiore — c’erano tipi di batteri che vivevano nella lava dei vulcani e restavano attivi durante l’intera Tenebra. Sherkaner era stato affascinato da quelle microscopiche creature. Gli studiosi ipotizzavano che morissero o si trasformassero in spore quando un vulcano sospendeva l’attività, ma lui s’era chiesto se ce ne fossero dei tipi capaci di vivere nel freddo generando il calore a essi necessario. Dopotutto anche nella Tenebra c’era ossigeno, e in molti posti sotto l’aria-neve esistevano strati di materiale organico in decomposizione. Se in essi c’era qualche catalizzatore per dare inizio all’ossidazione a bassissima temperatura, forse quei batteri potevano “bruciare” i resti vegetali nelle zone vulcaniche. Batteri del genere erano le creature più adatte a vivere nella Tenebra.