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Hrunkner Unnerbai li lasciò riposare qualche momento. — Scommetto che manderanno qui fuori un corpo di guardia poche ore dopo la Prima Accensione, ma ora il posto appartiene soltanto a noi… Bene, ora ci suddivideremo il materiale e procederemo a disporlo secondo il piano. Gil, sei a posto?

Gil Havon era sceso lungo la rampa come un ubriaco coi piedi fratturati. A Sherkaner parve che il danno alla tuta si fosse esteso anche a tre o quattro piedi. Ma alle parole di Unnerbai s’era raddrizzato, e la sua voce suonò quasi normale. — Sergente, non sono venuto fin qui per mettermi a sedere e guardare voialtri ragnacci al lavoro. Posso fare la mia parte.

E così erano giunti al momento dell’azione. Staccarono i loro tubi fonici, e ciascuno si caricò degli esplosivi e della vernice nera. Avevano già studiato ogni mossa. Se avessero rispettato i tempi su ogni obiettivo, se non si fossero rotti le gambe cadendo in qualche canale di drenaggio, se le mappe che avevano mandato a memoria erano precise, ci sarebbe stato il tempo di fare tutto senza congelare. Si allontanarono in quattro direzioni diverse. Gli esplosivi che distribuirono fra i pali erano poco più grossi di granate a mano; produssero un lampo silenzioso quando esplosero nel vuoto, e l’immenso tendone argentato collassò. I proiettori di vernice fecero il resto, apparentemente innocui nel loro effetto ma funzionando proprio come i tecnici dell’Ufficio Ricerche e Attrezzature avevano calcolato. Il vasto deposito fu completamente coperto di vernice nera, in attesa del crudele bacio del Nuovo Sole.

Tre ore più tardi erano a circa un chilometro a nord del deposito. Unnerbai li aveva incitati a non perdere tempo, e continuava a incoraggiarli perché sopravvivessero fino al raggiungimento del luogo dove avrebbero concluso quell’avventura.

Ce l’avevano quasi fatta. Quasi. Gil Havon era in delirio dopo aver finito il lavoro al deposito di veicoli, e farneticava strane cose. Aveva cercato di allontanarsi da solo. — Devo trovare un posto per scavare una profondità — disse per l’ennesima volta, lottando contro Nizhnimor e Unnerbai che cercavano di farlo camminare accanto alla slitta.

— È là che stiamo andando, Gil. Resisti. — Unnerbai lasciò Havon a Nizhnimor, e per un poco lui e Sherkaner comunicarono in privato.

— Sembra che abbia più energia di prima — disse quest’ultimo. Havon camminava come un artropode dalle gambe di legno.

— Probabilmente non sente più il dolore — rispose Unnerbai, con voce debole ma chiara. — Non è questo che mi preoccupa. Credo che stia scivolando nella Ricerca di Profondità.

Maledetta Tenebra. La Ricerca era il folle panico che s’impadroniva degli artropodi quando il loro subconscio capiva che erano intrappolati all’esterno. La mente animale prendeva il sopravvento spingendo la vittima a cercare un posto, qualsiasi posto, che potesse servire da profondità.

— Dannazione. — La parola giunse soffocata a Sherkaner, mentre Unnerbai staccava di nuovo il contatto e cercava di rimetterli in marcia. La salvezza distava appena poche ore. Tuttavia… vedere Gil Havon in quello stato innescava gli stessi istinti primitivi in tutti loro. Gli istinti erano una cosa meravigliosa, ma in quel momento cedere agli istinti significava la morte per tutti loro.

Due ore dopo avevano a malapena raggiunto le colline a nord del deposito di veicoli. Per due volte Gil era riuscito a liberarsi, sempre più frenetico, correndo verso l’illusione di una grotta fra le ombre delle rupi. Ogni volta Amberdon lo aveva ripreso e trascinato indietro, cercando di ragionare con lui. Ma Gil non capiva più chi era e dov’era, e nel suo agitarsi aveva lacerato la tuta in più punti. Parti del suo corpo erano già rigide e congelate.

La fine venne quando si furono faticosamente inerpicati sulla cima delle alture. Avevano dovuto abbandonare la slitta. Per il resto del percorso avrebbero potuto usare soltanto l’aria e gli esotermi che riuscivano a portarsi dietro. Al suo terzo tentativo di fuga Gil ruppe la corda con cui lo avevano legato. Corse via fra le rocce con una strana andatura sussultante. Amberdon Nizhnimor lo inseguì. Amberdon era una femmina robusta, e finallora aveva tenuto sotto controllo Gil senza troppi problemi. Stavolta fu diverso. Gil era ormai all’ultimo stadio della Ricerca di Profondità. Mentre lei lo trascinava via dal bordo di un precipizio, Gil si girò e la colpì con gli spunzoni delle mani. Amberdon ne fu presa alla sprovvista e lo lasciò. Hrunkner Unnerbai e Sherkaner stavano sopraggiungendo dietro di lei, ma era troppo tardi. Le braccia di Havon si agitarono in tutte le direzioni ed egli rotolò nel buio del burrone.

I tre restarono lì come storditi per qualche momento; poi Amberdon cominciò a scendere fra le rocce scostando l’aria-neve alla ricerca di qualche punto d’appoggio. Unnerbai e Sherkaner la afferrarono e la tirarono indietro.

— No, lasciatemi andare! Congelato ha una possibilità. Basterà riuscire a riportarlo indietro con noi.

Sherkaner si sporse sul bordo e intravide qualcosa fra le ombre del precipizio. Gil era rimbalzato sulle rocce prima di arrivare sul fondo. Il corpo era immobile. Se non era già morto per le ferite, il congelamento non uniforme lo avrebbe comunque ucciso in breve tempo.

Anche il sergente fu di quel parere. — È andato, Amberdon — disse sottovoce. — E noi abbiamo ancora una missione.

Dopo un momento le mani libere di Amberdon si piegarono in cenno d’assenso, ma Sherkaner vide che era scossa. Senza una parola la femmina tornò sul sentiero e li aiutò a collegare di nuovo le corde e i tubi fonici.

Non più rallentati dal compagno, i tre proseguirono la marcia in salita.

Avevano poche taniche di esotermi quando giunsero in vista del traguardo. Prima della Tenebra quelle colline erano state una lussureggiante foresta di asprifogli, proprietà privata di un nobile Tiefer. una riserva di caccia. Dinanzi a loro c’era una spaccatura fra le rocce, l’ingresso di una profondità naturale. In qualsiasi territorio vergine una caverna simile avrebbe ospitato animali in ibernazione. Nelle regioni civilizzate sarebbe stata ampliata e adattata per l’uso normale della gente, o lasciata vuota perché troppo fuori mano. Sherkaner non riusciva a immaginare come avesse fatto il Servizio Informazioni a sapere di questa, a meno che qualche Tiefer della tenuta non fosse un agente dell’Alleanza. Ma l’ingresso non sembrava modificato; era un posto allo stato selvatico come ogni altro a Far Brunlargo.

Nizhnimor era l’unica della Squadra ad avere esperienza di caccia. Lei e Unnerbai si aprirono un varco attraverso tre spesse barriere di setasputo e scesero nelle viscere della caverna, mentre Sherkaner restava sull’ingresso distribuendo esotermi per avere luce e calore. — Vedo cinque polle… due tarantole adulte — disse Nizhnimor. — Dammi un altro po’ di luce.

Sherkaner si sporse, tenendosi stretto alla setasputo per non cadere. La luce degli esotermi che aveva raccolto su una mano protesa avanti illuminava una caverna di piccole dimensioni. Da lì poteva vedere due delle polle. Su di esse c’era appena una spolverata d’aria-neve. Il ghiaccio era quello tipico delle polle, limpido e privo di bolle d’aria. Sotto il ghiaccio l’animale era ben visibile, con gli occhi aperti e congelati che riflettevano la luce. Dio, se era grosso. Eppure si trattava di un maschio; sul suo dorso c’erano dozzine di sporgenze per i cuccioli.