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Fin dall’inizio dei lavori di consolidamento Pham aveva studiato il terreno, ma non per le stesse ragioni di Qiwi Lisolet o di Jimmy Diem. C’era una grossa fenditura, dove il ghiaccio e l’aria-neve riempivano lo spazio fra Diamante Uno e Diamante Due. Questo poteva significare qualcosa per Qiwi e per Diem, ma solo in relazione al lavoro che stavano facendo lì. Per Pham Trinli… con un po’ di scavo la fenditura era diventata un sentiero dal luogo di lavoro ad Hammerfest. Un sentiero invisibile dalle navi e dagli habitat. Lui non ne aveva parlato a Diem; secondo il piano dei cospiratori Hammerfest doveva essere preso solo dopo che si fossero impadroniti della Tesoro Lontano.

Pham Trinli si avviò sul fondo a V della spaccatura, avvicinandosi sempre più all’habitat degli Emergenti, Diem e gli altri sarebbero stati sorpresi nel saperlo, ma lui non era un nato-nello-spazio.

A volte, quando procedeva in luoghi dove non c’erano i concetti di alto e basso, lo prendeva la tipica vertigine dei nati-su-un-pianeta. Se avesse lasciato libera l’immaginazione… quella non sarebbe più stata la fenditura di un asteroide, ma un camino di montagna, un camino che si curvava e curvava sempre più fino a dare il terribile brivido del precipizio sottostante e del vuoto.

Trinli si fermò un momento e si tenne saldo con una mano, mentre tutto il suo corpo anelava a corde da scalatore e chiodi piantati saldamente nella roccia. Dio. Era trascorso molto tempo dall’ultima volta in cui aveva lottato coi suoi istinti da nato-su-un-pianeta. Si mosse avanti. Avanti, non in su.

Il suo calcolo della distanza gli disse che adesso era vicinissimo ad Hammerfest, presso gli apparati di comunicazione. Se fosse balzato in alto c’era il caso che una telecamera lo riprendesse. Naturalmente era probabile che a quel punto nessuno, e nessun automatismo, potesse intervenire in tempo per cambiare le cose. Tuttavia Trinli si tenne basso. Se necessario avrebbe potuto avvicinarsi ancora, ma per il momento voleva origliare. Si distese nella fenditura, coi piedi puntati sul ghiaccio e la schiena sulla parete di diamante, e allungò l’antenna del suo monitor. Gli Emergenti avevano giocato ai tiranni di buon cuore fin da dopo l’attacco. La sola cosa che li faceva sentire minacciati era il possesso di sistemi di comunicazione molto evoluti. Pham sapeva che Diem e gli altri avevano lenti a contatto video, e comunicavano anche con sistemi cifrati usando la stessa rete locale. Grazie a ciò buona parte del piano era stata portata avanti letteralmente sotto il naso degli Emergenti. A volte facevano del tutto a meno della loro sofisticata elettronica; quei ragazzi giovani conoscevano un gioco in cui si usava la segno-lingua, un codice di cenni in apparenza del tutto insignificanti.

Come membro secondario della cospirazione, Pham Trinli conosceva quei segreti solo perché disponeva di molta elettronica proibita. Quella sottile antenna sarebbe stata sintomo di cattive intenzioni anche in tempo di pace.

L’antenna era trasparente per quasi qualsiasi strumento che fosse puntato da quella parte. Il sensore sulla sua cima annusò lo spettro elettromagnetico; il suo obiettivo era il sistema di comunicazione degli Emergenti, che da quell’habitat si estendeva al provvisorio Qeng Ho. Trinli muoveva l’antenna come un pescatore che manovrasse la canna per spostare l’esca. Il sensore rilasciava alla mano anche delle impressioni fisiche. Ecco. Il sensore s’era agganciato al laser che andava da Hammerfest al provvisorio Qeng Ho. Pham emise un segnale che fece scattare un software poco usato sul provvisorio e si inserì sulla rete locale, aggirando i sistemi di sicurezza degli Emergenti. Questo era esattamente ciò che preoccupava Nau e che giustificava le sue minacce di punizione a chi avesse sgarrato dalle nuove regole. Jimmy Diem aveva deciso, saggiamente, di non correre rischi così eccessivi. Pham Trinli aveva il vantaggio di conoscere certi vecchi, vecchi trucchi nascosti nell’equipaggiamento Qeng Ho. E anche così non avrebbe osato tanto se Diem e i suoi cospiratori non fossero stati ormai in azione.

Forse avrebbe dovuto parlare più chiaro con Jimmy Diem. C’erano ancora molte cose importanti degli Emergenti che loro non sapevano. Cosa rendeva tanto precisi i loro automatismi? Nello scontro a fuoco erano stati inferiori a livello di tattica computerizzata, ma nella ricerca dei bersagli assai più precisi di ogni sistema che Pham Trinli avesse mai visto.

Gli era rimasta l’antipatica sensazione di essere stato messo in un angolo. I cospiratori immaginavano che quella fosse la loro migliore e forse ultima possibilità di sconfiggere gli Emergenti. Forse stavano agendo con troppa fretta.

Tanto vale provarci, e mettercela tutta.

Pham guardò una finestra del display nel suo casco. Quella che stava intercettando era la telemetria degli Emergenti e alcuni video in quel momento trasmessi nel provvisorio. Quasi tutto poteva essere decriptato. Quei bastardi di emergenti si fidavano un po’ troppo del loro laser per le comunicazioni esterne. Era il momento di metterci le mani dentro.

— Cinquanta secondi alla Riaccensione. — La voce stava contando in tono piatto da duecento secondi. Quasi tutti i presenti nel salone guardavano le finestre in silenzio.

— Quaranta secondi alla Riaccensione.

Ezr girò uno sguardo esplorativo sui presenti. Il navigatore, Xin, osservava i display e sembrava nervoso. Tomas Nau stava fissando quello che mostrava la superficie ravvicinata di OnOff e aveva un’espressione incuriosita, più che preoccupata.

Qiwi Lisolet studiava con attenzione l’inquadratura della zona dove stava agendo la squadra di Jimmy Diem. Era scura in faccia e ogni tanto gettava attorno sguardi spauriti. Ezr aveva da lei la conferma che i suoi sospetti erano fondati e stava per succedere qualcosa. Jimmy Diem aveva usato la ragazzina fino all’ultimo per avere una copertura dalla sua presenza di innocente quattordicenne, ma non era poi così cinico. Alla fine le aveva dato una possibilità di sfuggire alle conseguenze.Ma scommetto che Qiwi non lo ringrazierà, anche quando capirà che favore le ha fatto.

— Onda frontale in arrivo fra dieci secondi.

Ancora nessun cambiamento nelle inquadrature dei microsatelliti. Il bagliore rosso fra le “nuvole” non era meno cupo. O “l’orologio della galassia” stava per prendere in giro tutti quanti, o la sua puntualità era davvero cosmica.

— Riaccensione.

Nell’inquadratura da media distanza un punto luminoso apparve al centro esatto del disco, si dilatò e in pochi momenti lo riempì del tutto.

— Dieci secondi dalla Riaccensione. Venti kilowatt per metro quadro. — Un display mostrò in parallelo altre immagini della stella riprese in passato. La Riaccensione sembrava rapida e potente come tutte le altre volte. — Il flusso di neutroni è sempre sotto i limiti della percepibilità.

Nau ed Ezr si scambiarono sguardi di sollievo, per una volta sinceri da ambo le parti. Quello era uno dei pericoli che non poteva essere misurato da distanze interstellari. Se non altro non sarebbero stati abbrustoliti da radiazioni che nessuno era riuscito a quantizzare.

Fuori, la montagna dell’asteroide stava cominciando a illuminarsi.

Pham Trinli aveva tutte le immagini del canale pubblico, e anche senza di esse la Riaccensione sarebbe stata visibile. Ma lasciava quei fatti in un angoletto della sua mente e si concentrava sui dati che gli giungevano da Hammerfest. Era in momenti come quello, quando i tecnici venivano molto distratti da avvenimenti esterni, che la sicurezza scendeva al più basso livello. Se Diem era in orario, lui e la sua squadra si trovavano al punto d’attracco della Tesoro Lontano.