Выбрать главу

Hammerfest distava meno di cinquecento metri dal provvisorio; un semplice balzo in tuta a pressione, se la Reynolt avesse voluto. Invece fluttuarono via in maniche di camicia. Se uno non avesse visto com’erano le cose prima della Riaccensione, avrebbe pensato che lì non fosse successo niente. Gli enormi ammassi di roccia avevano smesso di muoversi; l’aria-neve e il ghiaccio erano stati distribuiti in diversi posti, nell’ombra, e ce n’erano assai di meno. Ora il lato in ombra dell’ammasso era illuminato dalla luce riflessa di una grossa luna: il pianeta Arachna. Il taxi passò a cinquanta metri da una squadra che stava riparando i jet elettrici. L’ultima volta che Ezr aveva controllato, Qiwi Lisolet era laggiù che dirigeva le operazioni.

Di fronte a lui la Reynolt aveva agganciato la cintura di sicurezza. — Quelli focalizzati con successo si trovano su Hammerfest. Lei potrà parlare con chi vuole.

Hammerfest aveva l’aspetto di una lussuosa proprietà privata. Era il cuore delle operazioni degli Emergenti. L’aspetto dell’habitat era un conforto per Ezr. Trixia e gli altri, si disse, dovevano avere avuto un trattamento decente in quel posto. A suo avviso li tenevano in ostaggio, fatto non nuovo nella storia dei Qeng Ho, un po’ come i Cento di Far Pyorya. Ma nessun Mercante col cervello a posto avrebbe mai costruito un habitat su un ammasso di asteroidi e materie prime. Il taxi costeggiò torri di strana, fiabesca bellezza, le mura di un castello costruito su una montagna di diamante. Fra poco Ezr avrebbe saputo cosa contenevano quelle mure… d’un tratto le parole della Reynolt gli rimbalzarono nella mente. — Focalizzati con successo?

La donna si strinse nelle spalle. — Il Focus lascia una percentuale di mentecatti. Con la conversione iniziale ne perdiamo il trenta per cento. Qualcuno di più negli anni successivi. Avevamo spostato quelli più ammalati sulla Tesoro Lontano.

— Ma cosa…

— Stia calmo, e le spiegherò. — L’attenzione di lei si spostò su qualcosa oltre le spalle di Ezr e tacque per qualche momento. — Come lei ricorderà, durante l’attacco vi siete ammalati. Lei ha supposto che si trattasse di un virus progettato da noi, e in parte è così; il suo tempo di incubazione aveva la sua importanza nei nostri piani. Ciò che lei non sa è che l’uso militare del microrganismo è di secondaria importanza. — Il virus mentale, gli riferì la Reynolt, nella sua forma originale e naturale aveva ucciso milioni di persone nel sistema solare degli Emergenti, era stato il primo artefice della decadenza della loro società… e messo le basi dell’attuale epoca di espansione. Perché i ceppi del virus avevano una caratteristica interessante: erano una cornucopia di neurotossine.

«Nei secoli trascorsi dal Tempo dell’Epidemia, gli Emergenti sono riusciti a controllare il virus mettendolo al servizio della civiltà. Nella sua forma attuale ha bisogno di aiuto per oltrepassare la barriera sangue-cervello, e dilaga nell’encefalo in modo innocuo, infettando il novanta percento delle cellule gliali. Ora possiamo controllare il suo rilascio di sostanze neuroattive.

Il taxi ruotò con precisione verso le flange d’ormeggio di Hammerfest. Arachna era una luna piena larga mezzo grado nel firmamento. Il pianeta brillava candido, privo di contorni, avvolto nel furioso bozzolo di nuvole della sua rinascita.

Ezr lo notò appena. La sua mente costruiva immagini suggerite dallo scarno resoconto di Anne Reynolt: il virus addomesticato degli Emergenti che penetrava nel cranio, si riproduceva milioni di volte, saturava di veleni il cervello vivo e senziente.

Ripensò al violento mal di capo che l’aveva colto mentre la navetta risaliva da Arachna. Quella era stata l’epidemia che bussava alla porta della sua mente. Ezr Vinh e tutti i Qeng Ho del provvisorio avevano respinto quell’assalto… o forse il loro cervello era tuttora infetto, con la malattia in uno stadio di stasi. Ma Trixia Bonsol e quelli con un asterisco accanto al nome avevano avuto un trattamento speciale. Invece di curarli, gli Emergenti avevano lasciato che il virus agisse nel cervello delle sue vittime come un verme in un frutto. Se nel taxi ci fosse stata gravità Ezr avrebbe vomitato. — Ma perché?

La Reynolt lo ignorò. Aprì il portello e lo condusse in Hammerfest. Quando si decise a rispondergli nella sua voce c’era un filo di entusiasmo. — La focalizzazione nobilita. È la chiave del successo degli Emergenti, ed è molto più sottile di quel che lei può immaginare. Non abbiamo creato soltanto un virus psicoattivo, bensì un meccanismo la cui crescita all’interno del cervello può essere controllata con precisione millimetrica… e una volta installate, le conseguenze possono essere instradate verso il funzionamento con la stessa completezza.

La reazione di Ezr fu una perplessità così assoluta che perfino la Reynolt se ne accorse. — Non capisce? Noi possiamo potenziare la capacità di focalizzare l’attenzione della mente conscia. Possiamo prendere un essere umano e trasformarlo in una macchina analitica. — E proseguì dandogli dei particolari. Sul pianeta degli Emergenti la focalizzazione era un procedimento comune durante gli ultimi anni di studio delle materie tecniche, e aumentava la possibilità che dalla scuola superiore uscissero delle menti geniali. Per Trixia e gli altri il procedimento era stato di necessità più brusco. Per molti giorni la Reynolt e i suoi tecnici avevano indebolito il virus nei Qeng Ho contagiati, programmandone le catene genetiche allo scopo di ottenere una precisa chimica di pensiero, il tutto con l’uso di computer medici che garantivano letture precise di normali diagnosi cerebrali.

— E ora l’addestramento è completo. I sopravvissuti sono pronti a intraprendere i loro lavori di ricerca, in un modo che mai avrebbero sognato.

La Reynolt lo precedette in stanze dai mobili imbottiti, con moquette alle pareti. Seguirono corridoi che si fecero sempre più stretti finché giunsero in una rete di tunnel larghi appena un metro. Era un’architettura in Stile Capillare che Ezr aveva già visto nei libri di storia… fotografie dal cuore della tirannia urbana. E finalmente si fermarono davanti a una porta. Come le altre che avevano oltrepassato, recava soltanto un numero e una scritta. Questa diceva: f042 — LINGUISTICA ESPLORATIVA.

La Reynolt si voltò. — Un’ultima cosa. Il caponave Nau pensa che lei possa restare sconvolto da ciò che vedrà qui. Io so che gli estranei hanno un comportamento irrazionale la prima volta che incontrano il Focus. — Inarcò un sopracciglio, analizzando la razionalità di Ezr. — Così il caponave mi ha chiesto di precisarle una cosa: il Focus è di norma reversibile, almeno in senso generico. — E scrollò le spalle, come se gli avesse propinato un discorsetto su misura.

— Apra la porta — disse Ezr con voce rauca.

La stanzetta era esigua, illuminata debolmente da una dozzina di finestre attive. La luce formava un alone intorno alla testa della persona seduta con le spalle alla porta: capelli corti, forme snelle, una semplice tuta da lavoro.

— Trixia? — la chiamò lui, esitante. Entrò nel cubicolo per metterle una mano su una spalla. Lei non girò la testa. Ezr deglutì il suo terrore e le girò accanto per guardarla in faccia. — Trixia!

Per un istante lei sembrò guardarlo negli occhi. Poi si scostò dalla sua mano e cercò di vedere le finestre, dietro la spalla di lui. — Mi stai bloccando lo sguardo. Non vedo niente! — Il suo tono era molto nervoso, sull’orlo del panico.

Ezr si volse a mezzo per vedere cosa ci fosse di così importante sulle finestre. Le pareti intorno a Trixia erano coperte da diagrammi linguistici strutturali e generativi. Un’intera parete era dedicata a ipotesi di vocaboli. C’erano parole in nese, n-a-uno raffrontate con frammenti di nonsensi impronunziabili. Era un tipico ambiente da analisi del linguaggio, anche se con più finestre attive di quante una persona normale avrebbe potuto usare. Lo sguardo di Trixia volava da un punto all’altro, le sue dita sceglievano opzioni. Ogni tanto mormorava un ordine a voce. Sul volto di lei c’era un’espressione totalmente concentrata. Non era uno sguardo alieno, né di per sé orripilante; Ezr gliel’aveva già visto, nei momenti in cui un problema linguistico la affascinava.